foto_pallacanestroSono finiti da tempo i giorni in cui accompagnavo i mei figli, un maschio e una femmina, agli allenamenti e alle partite di pallacanestro.

Sono emozioni comuni a tanti genitori, si tratti dell’uno o dell’altro sport. Ci si sente partecipi, si diventa in una certa misura tifosi, si discute, si esaminano errori ed abilità, si ride e si soffre.

Ma io, mi ricordo, non mi accontentai di accompagnare, gioire, tifare.

Mi ricordo che un giorno l’allenatrice della squadra di mia figlia, una cara signora di cui ho perso completamente le tracce, mi disse: “Se lei è praticamente sempre qua perché non sta al tavolo come ufficiale di campo?”. Voleva dire che la mia autorità sarebbe cresciuta nei riguardi degli arbitri che, come tutti sanno in pallacanestro, sono due.

In effetti l’attività delle persone al tavolo, di chi si occupa del cronometro, del referto di gara e del controllo dell’apparecchio dei secondi (24 attualmente) entro i quali una squadra deve completare un’azione sotto pena di perdere la palla a favore dell’avversaria, è soggetta a più di una contestazione se non ci sono gli ufficiali di gara e tale attività è affidata agli accompagnatori di questa e quella squadra.

Non dico che l’allenatrice volesse intendere che avrei potuto dare una mano al tavolo a difesa della nostra squadra, magari litigando con quello dell’altra squadra. Ma insomma……

Fatto sta che io la cosa la intesi in un modo assai diverso. Frequentai il corso per gli ufficiali di campo assieme agli arbitri (la categoria è la stessa, siamo tutti ufficiali di gara), feci gli esami e divenni ufficiale di campo a tutti gli effetti. Così mia figlia perse un possibile aiuto in campo contro i litigi che potevano verificarsi fra sostenitori dell’una e dell’altra squadra. E’ vero che ogni tanto ero convocato anche per una partita della squadra di cui ero stato tifoso. Ma la verità fu che ormai, divenuto professionista, giravo per tutti i campi e i campetti scordandomi il motivo per cui ero stato pregato di fare l’ufficiale di campo e pensando esclusivamente a fare il  mio dovere nei campi a volte abbastanza pericolosi.

Questo è. Che cosa voglio dire?

Lo sport, dicevo, può essere inteso come una categoria dello spirito o come strumento per realizzarsi o come complemento utile per una crescita armoniosa socialmente compatibile.

In tanti modi. Ma quando vedo nei campi di calcio, alla televisione, nei giornali, nei capannelli di gente che discute di questo e di quello, come vengono trattati gli ufficiali di gara, nel calcio arbitro, collaboratori e quarto uomo, non posso non ricordarmi le sere passate da me e dai miei colleghi arbitri e ufficiali di campo negli spogliatoi di un campo di paese in attesa che l’ira della gente sbollentasse e fossimo in grado finalmente di tornare a casa, protetti, si fa per dire, dai dirigenti della squadra di casa.

Ricordo che c’era un dirigente addetto, il dirigente addetto agli arbitri che era veramente eroico nel difenderci.

Perché si vuole vincere ad ogni costo. Non si vuole soltanto partecipare con impegno e dignità, in nome di una vicenda sportiva che, in prima analisi, deve essere una festa di sport, una prova di spettacolo a più voci.

Io vi devo confessare che, dopo tanti anni ed essendo arrivato tardi a svolgere quella mia attività di ufficiale di campo, mi sono divertito, ho capito le cose più di prima, mi sono dimenticato dei miei figli se non per raccomandare loro di essere sempre sportivi, sportivi, sportivi, di rispettare tutti ed in particolare gli avversari e gli arbitri, di essere sempre pronti  a riconoscere i loro errori e, comunque, a tendere la mano in segno di saluto e di considerazione.

Con l’impegno fondamentale di onorare lo sport.

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   Lorenzo.Rm

4 Commenti a ““Lo sport inteso come forma della mente” scritto da Lorenzo.rm e pubblicato da Rosaria3.na”

  1. lorenzo.rm ha detto:

    ti ringrazio Francesco e scusami per il ritardo

  2. lorenzo.rm ha detto:

    grazie Nadia. tvb

  3. franco3.br ha detto:

    Bravo Lorenzo. Ci hai dato una pillola di etica sportiva, che dovremmo utilizzare sempre nella vita, anche quando non siamo su un campo sportivo. Complimenti per il tuo buon uso “della penna”.

  4. nadia ha detto:

    Bello anche questo articolo Lorenzo. Mi hai fatto tornare alla mente di quando avevo 19-20. Seguivo il ciclismo insieme a mio padre (dilettanti di 2^ categoria) e un suo amico, ufficiale di gara, mi propose di fare l’esame per diventare appunto, Ufficiale di Gara. Il terrore di sostenere un esame (che mi sono portata sempre dentro per qualsiasi esame) e il fatto di essere una donna con altri obbiettivi di vita, mi ha fatto decidere di lasciar perdere. Mi sono sempre pentita di non aver sostenuto quell’esame.

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