Io, che sono sempre in viaggio di formazione nel mio rapporto con l’arte, questa volta spiego “le vele” verso Forlì. La destinazione è un’affascinante mostra di scultura: ANTONIO CANOVA, uno dei più grandi maestri scultorei del Seicento. La mostra si intitola “CANOVA – L’ideale classico tra scultura e pittura”, circa 130 opere del grande maestro, esemplari capolavori eseguiti in marmo, gesso, bassorilievi, bozzetti, dipinti e disegni. E’ questa una mostra che spazia tra scultura e pittura e che propone confronti con altri grandi artisti come Tiziano e Raffaello. Il luogo che l’ospita, un ex chiostro, è il Museo di S. Domenico. Forlì non è stata scelta a caso dagli organizzatori; infatti il Canova ha eseguito tre capolavori per personaggi forlivesi, dei quali vi parlerò in seguito. Antonio Canova è il miglior rappresentante della scultura neo-classica; si forma a Venezia ed interpreta, ad altissimo livello le aspirazioni al bello ideale, fonde la nativa sensibilità per la morbidezza vibrante al rigore intellettuale, superando l’amore per la natura così da trasformarla in bellezza. Le sue opere migliori, infatti sono quelle in cui prevale la bellezza femminile condotta al più alto grado di idealizzazione. Ed ora, in rigoroso silenzio, entriamo nel Museo. La EBE ci accoglie in tutta la sua magnificenza. E’ ammirandola che riesco ad intuire come il Canova infonde (…e fonde) nella materia la morbidezza della vera carne. Ebe, la coppiera degli Dei avanza con la leggerezza di una danzatrice dal passo leggiadro, in un perfetto e armonico bilanciamento del movimento delle braccia e delle gambe mentre la tunica si appiattisce rendendo visibili le luminosissime modulazioni del seno. I panneggi che ne formano la veste accentuano le perfette forme del corpo e sembrano sospinti da un invisibile vento. Grazia e bellezza formano un tutt’uno con l’effetto di moto simile ad un volo. Di questa scultura ne esistono altre tre versioni, quella di Forlì fu commissionata al Canova da una gentildonna locale, la contessa Veronica Guarini e, per questa esposizione, ha praticamente percorso pochi metri, dalla Pinacoteca al Museo S. Domenico. Altra scultura realizzata dall’artista per un cittadino forlivese, il banchiere Domenico Manzoni, è la DANZATRICE COL DITO AL MENTO, ma alla mostra ci sarà una copia in gesso in quanto l’originale è andato disperso in un misterioso fatto di sangue. Anche in questa scultura il Canova persegue il motivo dinamico della danza e nuovamente ritroviamo lo splendore di seta di un corpo femminile che rivela una perfezione superba. E’ risaputa la passione dell’artista per la musica e la danza, passione che contagiò numerosi artisti del suo tempo come Francesco Hayez (le Danzatrici). Sempre per lo stesso Domenico Manzoni Canova esegue la sua bellissima STELE FUNERARIA ancora oggi conservata nella Chiesa della SS. Trinità. Nella scultura di PAOLINA BORGHESE, sorella dell’Imperatore Napoleone Bonaparte, il Canova rappresenta la bellezza trionfante della donna traendo spunto dal racconto mitologico del giudizio che Paride fu chiamato ad emettere su quale delle tre dee, Era, Atena e Afrodite fosse la più bella meritando così il “pomo d’oro”. Paride, naturalmente scelse l’ultima, Afrodite, la dea dell’Amore. Paolina è raffigurata, infatti con il pomo vinto nella mano sinistra. Restando sempre in tema mitologico troviamo AMORE E PSICHE ispirato alla favola antica di Apuleio quando Eros risveglia Psiche. Anche questa è una scena dove i protagonisti si abbracciano con infinita grazia e naturalezza. E’ questo un abbraccio “circolare” che si conclude con un incrocio di sguardi e induce lo spettatore a girare attorno al gruppo scultoreo. Ancora una volta lo scultore imprime al marmo la leggerezza delle ali spiegate di Amore, sottilissime e quasi impalpabili. I gesti, delicati ed espressivi ben si completano con i movimenti aggraziati e sciolti che fermano il tempo trattenendolo in un “attimo sublime”. Anche il Foscolo, con il suo poemetto “Le Grazie” ha ispirato l’artista veneziano nella scultura denominata appunto LE GRAZIE dove le tre dee vengono raffigurate nude e abbracciate nella posizione circolare. Anche in quest’opera possiamo ritrovare l’effetto fugace di una danza. L’incrociarsi armonioso delle figure, come un senso di abbandono inducono quasi ad un atto di sensualità e affetti corrisposti. L’abilità del Canova rivela certamente in quest’opera un momento di grande esaltazione. Nella VENERE ITALICA, tanto amata dal Foscolo, ritroviamo la ricerca del bello ideale. La dea è colta nell’attimo in cui esce dal bagno e, pudicamente, si copre con un drappo. Commissionata al Canova da Ludovico I del Granducato di Toscana come copia della Venere dei Medici, lo stesso artista la eseguì con qualche variante al punto tale che al Foscolo parve che quella dei Medici fosse “bellissima dea” e quella del Canova “bellissima donna”. Nella MADDALENA PENITENTE ritroviamo le naturali propensioni naturalistiche del Canova che per quest’opera fa un’eccezione trattando un tema di carattere religioso. Figura di un’emblematica raffinatezza, estremamente composta nel suo dolore, silenziosamente afflitta, in rigorosa meditazione accanto ad un teschio. Solitamente, si sa, la Maddalena conduce una vita da peccatrice e qui è scolpita nell’attimo del pentimento. La scena è di un profondo realismo e quasi si possono vedere le lacrime scorrere lungo le guance. Indubbiamente vera e palpabile con la pelle illuminata dall’accarezzante luce è sicuramente immagine di estrema bellezza da contemplare. Potrei continuare a parlarvi di tantissime altre mirabili opere presenti a questa mostra ma allungherei l’articolo forse annoiandovi. Mi rendo conto invece, di avervi descritto unicamente opere al femminile; spero mi perdonerete, amici, non consideratelo un gesto di parte ma semplicemente mi sono lasciata trasportare dalle emozioni che questi capolavori mi hanno suscitato procurandomi, peraltro un vago senso d’impotenza che sempre mi coglie quando mi trovo davanti ad uno spettacolo naturale e la genialità del suo creatore mi trascina in un’ondata emotiva che tento, a mia volta di esprimere. E se ci sarò riuscita, anche in parte, con questo scritto ne sarò immensamente felice. FRANCI
Grazie Francesca per la bella descrizione delle opere di Canova. Anch’io mi soffermo a lungo, alla Galleria Borghese, di fronte ai suoi capolavori e ne ricevo sempre emozioni nuove.
Un caro saluto.
Flavio ora con la citazione poetica di Pushkin mi commuovo e resto senza parole.Anch’io come lui (e come te) inneggio a questa nostra Italia che di eccelsi artisti ne ha partoriti, cullati e cresciuti in abbondanza. Che grande fortuna, noi, ad esserci per godere delle loro mirabili opere.
Grazie Flavio. Un abbraccio.
Ieri, preso dal commento ho tralasciato di inserire la poesia di Alexandr puskin.
Eccola – Ciao
All’Italia
Chi conosce la terra dove il cielo
d’indicibile azzurro si colora?
dove tranquillo il mar con l’onda sfiora
rovine del passato?
dove l’alloro eterno ed il cipresso
crescon superbi? dove il gran Torquato
cantò? dove anche adesso
ne la notte profonda
i canti suoi va ripetendo l’onda?
la terra ove dipinse Raffaello,
dove gli ultimi marmi
animò di Canova lo scalpello
e Byron rude martire ne’ carmi
dolore, amore effuse e imprecazione?
Italia, terra magica, gioconda
terra d’ispirazione!
Che meraviglia! Riuscire a dar vita da un pezzo di marmo,a corpi, che se pur immobili, sembrano in vita,è un atto di creazione che ha del Divino.
Complimenti a tutta l’equìpe !!!
Cosa dire del Canova , uno dei maggiori scultori italiani a cavallo dei due secoli 700-800, ritenuto il massimo esponente del neoclassicismo. La carnalità dei suoi lavori è rinchiusa invece nell’atto stesso della loro dura e tormentata realizzazione, nella lotta che l’artista intraprende per portare l’inerte immobilità del marmo all’eloquente e sublimata condizione di opera d’arte. La morbidezza delle sue opere, la dolcezza delle sue forme, il realismo, la sensualità velata e più di qualsiasi altro scultore, il Canova ebbe il grande merito artistico di far rivivere, nelle sue opere, l’antica bellezza delle statue greche soprattutto la grazia. Ho avuto la fortuna di ammirare da vicino i suoi capolavori: Paolina Borghese (Capodimonte), il monumento funerario di Clemente XIII (S.Pietro), la Venere Itelica (Palazzo Pitti) e La Venere Vincitrice (Galleria Borghese). Non ho parole per definire queste opere, ognuna ha provocato in me uno stato d’animo diverso, comunque bello. Un grazie va a Franci per aver proposto questo lavoro.
eeee siete bravissimi tutti chissà quando arriverà il mio tempo per fare pureio total immersion in questi capolavori di bellezza che fan rivivere ciao tutti miei carissimi/e
Ciao Franci, mi chiedo sempre come si fa a non emozionarsi di fronte ai capolavori che hai ampiamente e sapientemente esposto.
Dirai che sono fortunato se ti confesso che spesso sono costretto ad andare ad ammirare, non senza un palpito nel cuore, una replica del gruppo di Amore e Psiche che si trova a Villa Carlotta di Cadenabbia, poco distante da casa mia, sul lago di Como e che, oltre ad Amore e Psiche, al centro di una sala di quella stessa Villa troneggia la statua di quel Palamede, irriverente scopritore dell’inganno di Ulisse e inventore del gioco degli scacchi e dei dadi.
Sono andato molte volte ad ammirarlo, ho cercato di parlare con lui, ma se mostra molto eloquentemente lo stile e la grandezza del suo creatore, non risponde alle mie domande e io, mio malgrado, non posso picchiarlo sul ginocchio come fece Michelangelo col suo Mose che non parlava.
Hai ragione a sostenere che Canova fu un artista neoclassico. Molte sue opere fanno capire che si sia costantemente ispirato ai capolavori dell’arte antica; certamente deve aver studiato approfonditamente sia la scultura che la pittura dei maestri greci e Italici. Si sa infatti che viaggiò e visitò Pompei, Ercolano e Paestum.
E molte sono le opere di soggetto mitologico: Adone incoronato da Venere, Apollo che si incorona, le tre versioni dell’Ebe (Forlì, Berlino e l’Ermitage), Perseo e la Venere Italica e molte altre. Devo però ammettere che sono particolarmente affezionato alla statua della Paolina Borghese (Venere vincitrice) che ritengo che sia il suo grande capolavoro.
Puoi immaginare il mio stato d’animo quando l’ho vista per la prima volta alla Galleria Borghese, avevo il fiato in gola e la frequenza a mille. E non solo allora, perché per ben tre volte, follemente innamorato, mi sono fermato parecchio tempo davanti a questa bellissima donna, sdraiata su di un basamento di legno, appena appoggiata su soffici cuscini di seta, leggera ed elegante con sulle labbra un delicato sorriso appena accennato.
Per i lineamenti nei dettagli e la nobiltà dell’intero insieme raggiunge un ideale di bellezza dove si fondono in giusto equilibrio eleganza, grazia e finezza.
Permettimi di aggiungere comunque che, a mio modesto avviso, eccezionalmente Canova non è solo classicista almeno in un caso; nel monumento a Clemente XIII, la statua del papa inginocchiato ha i caratteri di un estremo realismo: le labbra appena socchiuse su un viso apparentemente stanco e le mani giunte imploranti in atto di preghiera, per non dire delle due statue ai lati: la Fede e il Genio della Morte.
Ma proprio come dici tu ci sarebbe troppo da dire per ogni singola opera e il discorso troppo lungo potrebbe annoiare qualcuno.
Per certo sappiamo che è stato il più grande scultore del neoclassicismo europeo.
Voglio concludere, in dissenso con certa critica, asserendo che nemmeno le esigenze celebrative e ufficiali dei committenti sono mai riuscite a privare di grazia, bellezza ed eleganza nessuna delle sue opere.
Hai fatto bene a descrivere solo opere al femminile: sono le più belle.
E stai pur certa che sei riuscita ampiamente a trasmettere “quella ondata emotiva che ti trascina” quando ti trovi davanti a capolavori come questi di cui ci hai narrato.
Credo sia superfluo aggiungere che da me ricevi ampio consenso e ampia gratitudine.
Ciao, alla prossima.
Gentilissima Franci,
sono stupefatto,la sensibilità e l’emozione mi lasciano seza parole.
grazie !
Franci, non ho le competenze necessarie x scrivere un articolo sull’arte. Qui mi sono lanciata solo xche’ avevo visto l’opera e avevo sentito le spiegazioni a suo tempo e in più, come ho già detto, sono andata a rispolverare il “foglietto” esplicativo (per i dettagli che non ricordavo con precisione) che a suo tempo ci diedero. Per me è già molto aver riconosciuto subito un’opera del Canova al primo sguardo e per di più tra tante altre contenute nel video. E a Giulio ribadisco che non ho affatto tali conoscenze, è solo un caso limitato a questa opera e a pochissime altre.
Rosaria, mi chiedo perchè non hai scritto un articolo anzichè un commento, ne aveva tutte le caratteristiche.
Giulio grazie per esserti accorto alfine…..(ma molto alfine…) che l’articolo l’ho scritto io con le mie poche conoscenze. Ahahahah maledetto toscano..!!
Grazie Nadia per il video e la bella colonna sonora dell’assolo per chitarra di Marco; a lui mando un affettuoso saluto con i miei complimenti.
Ciao a voi.
Franci:-Mi dimenticavo di aggiungere che la descrizione è ottima e scorre con chiarezza .
Franci, Grazie. Potrei oncludere qui il mio timido intervento.Non ho le conoscenze di Rosaria che ha notevolmente impreziosito il Vs lavoro, ma credeteni ci avete regalato un bellissimo “Pezzo” di mosaico.Grazie ancora, sicuramente lo leggerò e guarderò diverse volte.Avete colpito il -Maledetto Toscano –
Franci, che emozione, almeno per me, riconoscere nel video una scultura del Canova che 5 anni fa ho visto dal vivo a Vienna. Parlo del “Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria”. L’ho riconosciuta subito (e per me è molto) perche’ gia’ allora ne rimasi colpita anche per le spiegazioni con dovizia di particolari da parte della guida. Questo mi ha dato l’input per andare a ricercare e rispolverare quanto scritto nel foglietto esplicativo (comprensivo anche di altre opere) che all’epoca ci fu dato. Quest’opera si trova nella navata di destra della Augustinerkirche. (detta anche chiesa degli Agostiniani). Dalla guida (molto preparata anche su altro) ci fu detto che tale monumento fu commissionato dal principe Alberto di Sassonia per commemorare la moglie defunta, figlia prediletta dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Egli voleva commemorare le attività caritative e assistenziali della consorte verso gli orfani e gli anziani.
Tutti i personaggi sono segnati da una espressione abbastanza mesta e dal capo chino: si tratta della personificazione della Virtù sostenente il vaso delle ceneri tra due fanciulle; della Beneficenza che accompagna sotto al braccio un vecchio cieco, che si sostiene con un bastone, affiancato a sinistra da una bambina. L’intera processione è seguita dalla scia di un drappo, che accompagna fino al buio interno, simbolo del mondo dei morti, a sottolineare la continuità tra vita e morte.
Sulla destra due figure dormienti: un leone, simbolo della Fortezza, altra virtù di Maria Cristina, e, poggiato sul suo dorso, un genio alato dai dolci lineamenti. Questo indica che la morte è vista come un sonno eterno.
E’ una rappresentazione del tempo, della vita e della morte, una lenta processione verso la porta buia di una piramide, la vita che si avvicina al mistero della morte.
Non è semplicemente la celebrazione di Maria Cristina, ma una meditata riflessione sul significato della vita. (Lo so che voi “appassionati“ queste cose le sapete benissimo, ma lasciatemi il gusto di scriverle se non altro per la soddisfazione di parlare di un’opera che ho visto realmente e che , ribadisco, ho riconosciuto di primo acchito).
Tornando al Canova, ci fu detto anche che l’idea di questo tipo di monumento per lui non era nuova: era nata in precedenza in occasione di un’altra commissione avuta (non ricordo da chi) di un monumento funereo in ricordo di Tiziano Vecellio.
Un’opera nuova quasi rivoluzionaria. Una piramide attraversata dall’ombra nera di una porta, verso la quale tre figure femminili (le allegorie di pittura, scultura e architettura) si dirigono in una mesta processione. Sono le arti che piangono la scomparsa di Tiziano, ritratto in un medaglione. Ma l’opera non fu realizzata
(è nota solo attraverso disegni e bozzetti) per la morte improvvisa del committente.
Il Canova non rinunciò mai completamente a questa idea, consapevole di avere creato qualcosa di totalmente nuovo. E l’occasione di attuarla gli capitò quando conobbe a Vienna il duca Alberto di Sassonia, vedovo di Maria Cristina d’Austria, che gli commissionò la realizzazione della tomba della moglie. Fu allora che Canova intuì la possibilità di creare finalmente quell’opera progettata anni prima per Tiziano.
Grazie Franci per avermi dato l’opportunita’ di rileggere e rispolverare quanto avevo ascoltato circa 5 anni fa, ma soprattutto di aver riconosciuto (io che sono una profana in materia) un’opera che ho visto a Vienna e della cui descrizione ricordavo abbastanza.
Ma, raga’, sapete che da quando pubblico o leggo i vostri articoli (tuoi e di Flavio) relativi all’arte, sto cominciando a capirci qualcosa? E vi dico che quasi quasi mi piace tutto ciò. Prima guardavo le opere senza capirci molto e lo facevo anche per assecondare il marito al quale piace l’arte. Adesso sto imparando a gustare un tantino le opere d’arte e le comincio a distinguere e a riconoscerle, almeno le più famose. Scusate la mia dissertazione forse un po’ lunga e, se ho scritto qualche baggianata, apprezzate almeno la buona volonta’! Ahahahaha.