Quanti di noi riescono a capire che dietro ogni malattia c’è un uomo, una persona che affronta una battaglia quotidiana con la VITA, scontrandosi spesso con l’indifferenza, la pietà, l’imbarazzo o addirittura il fastidio che i cosiddetti “normali” provano nei confronti di un evidente “diverso”? Era da un po’ di tempo che coltivavo, nel mio profondo, il pensiero di avvicinarmi al mondo del volontariato ma la lista delle varie associazioni era così lunga che non sapevo decidermi a quale avrei voluto appartenere ma soprattutto per quale sarei stata più idonea. La scelta decisiva me la fornirono due giovanissime amiche che, per uno strano scherzo del destino, si ammalarono, quasi contemporaneamente, di Sclerosi Multipla. Fu così che entrai a far parte del “parco” volontari dell’A.I.S.M. – Associazione Italiana Sclerosi Multipla -. Non mi soffermerò troppo a spiegare cos’è la S.M., dirò brevemente che è una malattia neurologica invalidante che distrugge la mielina, una guaina che protegge le cellule nervose. Ovviamente questa è una descrizione semplicistica della malattia ma in questo mio scritto non è la parte prettamente medica che mi interessa sottolineare. Oggi, purtroppo, l‘età nella quale si contrae questa inguaribile malattia si è notevolmente abbassata, per cui, tra i nostri malati prevalgono i giovani e tra di essi soprattutto donne. Vivere e convivere con la S.M. è una battaglia che richiede tanta forza per attraversare un doloroso percorso, fisico, morale, intellettuale, percorso che presenta tanti ostacoli anche per le famiglie che si trovano spesso a cozzare contro l’insensibilità dei burocrati delle strutture sanitarie, medici che, oltre all’impegno professionale dovrebbero partecipare umanamente percorrendo insieme al malato il difficile cammino che l’aiuterà ad accettare l’inaspettato “ospite” che gli ha definitivamente cambiato la vita e a riprendersi un po’ dell’equilibrio inevitabilmente perduto di fronte all’infelice diagnosi. Accettare i propri limiti, riconquistare una nuova indipendenza, non abbandonarsi alla rabbia ed alla rassegnazione sono gli obiettivi primari che i malati di S.M. vorrebbero raggiungere ma la strada è lunga e disseminata di ostacoli. Partecipando a molti percorsi formativi organizzati dall’AISM per imparare a comprendere al meglio la malattia e i suoi portatori, nonché tutto quello che coinvolge il mondo della S.M., ho avuto modo di conoscere le diverse reazioni che gli individui hanno di fronte alla consapevolezza di esserne affetti. Uno di essi, in un sereno dialogo sotto un ombrellone ai bordi di una piscina nelle colline toscane, la scorsa estate mi ha raccontato la sua esperienza e qual è stato il suo impatto con la diagnosi. “Le prime avvisaglie, dolori al braccio, difficoltà a coordinare i movimenti deambulanti, lieve diplopia, stanchezza anomala, erano sintomi ai quali attribuivo scarsa importanza, convinto che ognuno di noi, più o meno nella vita, soffre di questi disturbi. Il lavoro, l’attività fisica, gli affetti, la mia vita privata erano cose più importanti a cui pensare. Quando però, non ho più potuto sottovalutarli mi sono recato dal medico e lì è iniziata la lunga trafila degli accertamenti e, alla fine la diagnosi è arrivata come un uragano: Sclerosi Multipla. La prima cosa che ti chiedi è: perché proprio a me? Il passo successivo è una grande rabbia seguita immediatamente da un grande vuoto che demotiva la partecipazione ad ogni altra attività. Tutto diventa più faticoso. Una semplice passeggiata diventa un’ardua impresa. Quello che per gli altri è una normalità come camminare, correre, lavorare, leggere, scrivere per un disabile portatore di S.M. diventa difficoltà a volte sovrumana, senza parlare poi delle barriere architettoniche spesso insormontabili che ti costringono a fare lo slalom in mezzo al traffico con il rischio di essere investiti, le difficoltà nel prendere l’autobus e accedere a tanti altri servizi. Le relazioni, il lavoro, gli affetti necessitano di cambiamenti radicali. Ma la cosa più difficile è accettarsi nella malattia, nella nuova vita. La notte poi diventa un trampolino di lancio per ansie, timori, angosce e incubi che non spariscono all’alba. Pensavo, qui si tratta di lasciarsi andare definitivamente oppure, con una nuova maturità, imparare ad accettarsi, a convivere con la malattia guardando al mondo con altri occhi. Per fare questo serviva un’enorme dose di volontà e di coraggio: scelsi di VIVERE e iniziai un nuovo percorso. Mi affidai al neurologo che mi aveva fatto la diagnosi, iniziai la cura dotandomi di siringhe e farmaco, presi contatto con una struttura specializzata nella fisioterapia e riabilitazione dove incontrai, oltre a tanti giovani nelle mie stesse condizioni, dei professionisti che io definisco angeli. Il nuovo percorso era iniziato, ora dovevo solo proseguirlo con coraggio, tenacia ma soprattutto con la consapevolezza che non ero solo e che potevo farcela”. Concludo io aggiungendo solo pochissime parole (di più non serve). L’esperienza che ormai da tre anni sto vivendo al fianco dei miei amici malati di S.M. mi porta spesso a riflettere sul senso della vita, sulla sua precarietà e sulla fragile condizione umana. Quello che so per certo è che il modesto contributo che io do ai miei amici è nulla al confronto di tutto ciò che loro danno a me in termini di benessere morale, ricchezza interiore, positività di valori e anch’io guardo alla vita con altri occhi. Grazie amici. franci
Gianni, io penso che si parli del volontariato non per vantarsi ma per spingere altri, cioé i non volontari, a diventare appunto volontari, ad accostarsi al mondo dei volontari. Quanto agli ammalati , sarebbe una contraddizione non capirli e non continuare ad aiutarli. Ma capisco il tuo sfogo. Ti abbraccio, Gianni. So che sei amico di miei amici. Ti saluto con grande simpatia e rispetto.
io sto nel volontariato casalingo da na vita
Giulio …..le parole non servono.GRAZIE per questa testimonianza .io vengo dal mondo dell’ammalato,
Franci…le parole non servono.Grazie per queste testimonianze .Io vengo dal mondo del -VOLONTARIATO-
Gianni, non c’è alcuna parvenza pubblicitaria personale nel mio scritto, anzi se vogliamo metterla su questo piano, la “pubblicità” è tutta per il malato, per la sua grande capacità di reagire di fronte alla malattia e per la sua grande forza d’animo, di spirito e coraggio, tutte lezioni di vita per quelli come me che hanno deciso di inserirsi nel mondo del volontariato. I commenti degli amici non sono ringraziamenti ma positive considerazioni rivolte a chi fa il nostro lavoro.
Non scusarti, ti abbraccio e spero di poterti parlare personalmente.
un volontario quando fa del bene lo dice sempre,un ammalato non lo dice a nessuno,..allora non penso che il volontario debba fare pubblicita del proprio lavoro …in questo racconto ho visto che tutti ringraziano franci….ma nessuno ha ringrazziato l’ammalato… scusate uno sfogo di un ammalato….
ma appunto credo ric ke la peggio sia la disabilità morale ciao
Mi aggiungo anche io algli amici che ti hanno positivamente commentato Franci, posso solo aggiungere che avendo una persona disabile in casa , e avendo fatto volontariato per anni , un po in tutte le varie realtà, dalle piu dure alle ,normali assistenze hai miei coetanei, posso solo aggiungere che preferisco vedere la persona che è indiffernte a queste situazioni , piuttosto che quelli che incontrandoti ti guardano con uno sguardo pietoso,il disabile ha bisogno del nostro aiuto ,non della nostra pietà. comunque benvenuta nel nostro mondo, perche dico questo ,ci sono le persone disabili, poi ci siamo noi ,che fortunatamente conoscendoli siamo guariti dalla nostra disabile indifferenza.
Franci ha portato qui una testimonianza commovente, ammiro e ringrazio chi giornalmente svolge quest’opera di volontariato. Ha ragione Alba, quando afferma che ognuno di noi dovrebbe passare qualche tempo in ospedale tra i malati, per apprezzare la vita in tutte le più piccole sfumature. Spesso, quando godiamo di buona salute, non pensiamo a quanta sofferenza ci circonda e non valutiamo interamente quello che la vita ci offre.
Cara Franci. Ti ammiro per tutto quello che fai per gli amici meno fortunati. E so anche cosa significa per questi amici essere compresi come persone normali. E so anche il bene che loro trasmettono a Tè cara franci. Io da 10 anni feccio parte del G.A.L.M., GRUPPO ANIMAZIONE LESIONATI MIDOLLARI. Nel nostro gruppo ci sono circa 80 amici in carrozzina,uomini e donne, alcuni con la famigerata S.M, ma la maggior parte hanno avuto gravissimi incidenti stradali, e quindi se non si è in contatto con loro
e ben difficile capire il disagio fisico e psichico di questi nostri amici,( tra l’altro i miei amici più cari li trovo li nel mio gruppo). Ti ringrazio amica Franci, continua cosi, e non stancarti, troverai sempre una forza interiore perche hai fatto del bene. Ciao.
Volontario:“persona che di propria spontanea volontà, decide di fare qualcosa”.(dizionario della lingua italiana)
Nell’UE sono circa 100 milioni le persone di tutte le età che investono il proprio tempo, talento e risorse nel dare un contributo significativo alla comunità attraverso il volontariato. Sulla base della decisione del Consiglio del 27 Novembre 2009 l’UE ha designato il 2011 ‘Anno Europeo del Volontariato’.
Nessuno è più amato in questo mondo di chi alleggerisce il fardello di un altro.
Grazie.
Franci, hai tutta la mia ammirazione e rispetto per quello che hai la forza di portare avanti, una scelta nobile che ti onora. Purtroppo, dico purtroppo con la malattia ho un senso di repulsione, forse per vigliaccheria, quando vedo queste situazioni,non mi giro dall’altra parte, anzi provo una forte voglia di fare qualcosa, ma non ci riesco ad esternare praticamente questi miei sentimenti. Ringrazio tutte le persone che hanno il coraggio e la volontà di prodigarsi in questo campo.
Cara Franci , sapevo che ti interessavi a questa associazione , ma leggendo questo tuo scritto
ho capito quanto sei grande. Ti ho sempre detto che piacerebbe aiutare anche a me questi amici ma come tu sai
non posso farlo, però se mi capitano di trovarli in strada non giro la testa dall’altra parte sono il primo
ad aiutarli. Quando guardo negli occhi di queste persone , vedo tanta tristezza e me ne rammarico.
Il mio giudizio su di te …!!! Sei sempre una gran donna rispettabile e lo ribadirò sempre, se delle volte sarai
incompresa , io sarò sempre a tuo fianco a difenderti .
tuo amico Miki
Io scriverei il valore della vita
Come ho sempre detto e lo ripeto,Ogni persona dovrebbe vivere
un mese all’anno in un ospedale, toccare con mano(siamo tutti dei S Tomaso) Per renderci conto che molto ma molto spesso siamo appesi ad un filo.
Solo se questo si spezza ci rendiamo conto dei nostri capricci,dei valori non rispettati,del’umanita mancata verso gli altri,dell’egoismo che tutti abbiamo dentro ecc…..
Certo la vita bisogna viverla, essa è bella da tutte le sue angolature.
Questi Signori seduti su una sedia a rotelle,dovrebbero tenere conferenze per tutti noi,sui valori della vita che molto spesso viene sprecata.
Franci, non ci conosciamo ma leggendoti è stato come se già ti conoscessi da tanto tempo. La tua grande umanità, bontà, dolcezza e delicatezza fanno trasparire tutte le tue doti eccelse e i tuoi pregi altruistici. Qualità che colpiscono gli animi nobili e i cuori sensibili. Non dico altro perché tu già conosci i grandi benefici che si ricevono in cambio proseguendo per la strada intrapresa. Complimenti ed auguri. Ciao.
Franci, il tuo scritto ci fa veramente entrare in un mondo che non vogliamo vedere: quello della malattia, forse inguaribile, almeno oggi, ma non incurabile, nel senso che ci si deve curare, e come, di lei. Le ricadute per chi se ne occupa, in termini di umanità, sensibilità, comprensione dei problemi, sono innegabili e permeano la nostra vita. Proprio quello che è successo a te, Franci. Un abbraccio stritoloso (te lo rubo, stavolta).
conosco franci un giovane con la malattia piuttosto bene e devo dire chè è indomito, e concordo col signore da te intervistato ke ci sono in ambito assistenziale e li si incontra per fortuna a volte dei veri angeli ciao