RICERCATORE DI PISA PUBBLICA UN SAGGIO SULLA “MONA”.
El sagio sa niente
l’inteligente sa poco
l’ignorante sa tanto
el mona sa tuto
Il saggio non sa
niente
l'intelligente
sa poco
l'ignorante
sa tanto
lo stupido
sa tutto
Il carattere squisitamente femminile
della lingua veneziana prorompe dalla sua dolcezza sonora, dall’abbondanza di
diminutivi e di parole protettive e soprattutto dall’uso del termine” mona” che
designa il sesso della donna. Parola non volgare e al contrario di quanto
avviene nelle altre lingue del mondo. Il Veneto non è lingua arrogante e
maschile. Filippo Tommaso Marinetti, il poeta combattente, definisce
la Serenissima Vulva d’Europa.
Nel Veneto, il sesso non è stato demonizzato
e la parola “mona” non è mai
stata tabù impronunciabile.
Si riporta un aneddoto che conferma il
non tabù della parola inscenandola in un vero teatro. Quando sbarcarono a
Venezia i duchi di Curlandia (Lettonia) nel 1785 fu gioco forza trovare per
loro un palco al teatro San Beneto. Solo la nobile e splendida Cecilia Tron,
che fu anche amante di Cagliostro e della cui candida bellezza cadde
innamorato il vecchio poeta milanese Parini, fu disposta a cedere il suo palco
per la cifra spropositata di ottanta
zecchini.
La sera dello spettacolo la nobildonna esosa entra in teatro tra un
crescendo di rime offensive.
Brava la Trona! La vende el palco più caro de la mona…
Immediata la risposta di Cecilia Tron che seduta accanto al nobile consorte, ribatte prontamente: La Trona, la mona, la dona! La signora Tron, il suo sesso, lo dona! Vediamo ora all’etimologia della parola “secondo” il giovane ricercatore veneto, Luca D'Onghia, ha pubblicato un saggio in cui svela l'etimologia della parola 'mona', termine che in veneto indica sia l'organo sessuale femminile sia una persona sciocca. Lo scrive oggi il Gazzettino. Il tema ha provocato all'autore qualche problema con i professori della Normale di Pisa, perché non è stato semplice concepire un titolo che accontentasse tutti. Gli austeri insegnanti avrebbero preferito "Un'esperienza etimologica veneta", ma alla fine D'Onghia ha scelto "La storia di mona”. L’autore del saggio, giovane ricercatore, veneto per parte di madre (e dunque dotato, parole sue, di "competenza passiva" in materia); mette in campo le sue notevoli competenze nella letteratura dialettale del Rinascimento (negli anni scorsi ha pubblicato le edizioni critiche commentate del Saltuzza di Andrea Calmo e della Moschetta di Ruzante), per contestare le etimologie che finora andavano per la maggiore: una faceva derivare il termine "mona" dal latino "mea domina", mia signora, mia padrona, da cui viene anche Madonna; la seconda, accreditata dall’importante firma di Manlio Cortelazzo, faceva risalire il termine al greco "bunion", e poi "muni" cioè monte, collinetta, da cui "monte di Venere". «Il problema ,spiega D’Onghia , è che fino al Cinquecento proprio "Monte di Venere" indicava una zona della mano, e non la parte del corpo che designa adesso. Ma c’è anche una ragione generale che mina la credibilità di questa etimologia: non esistono casi di lingue in cui i nomi popolari degli organi genitali derivino da prestiti di altre lingue: di solito a questo scopo si utilizzano delle metafore, che poi si cristallizzano nell’uso»... È il caso dell’altro nome dello stesso organo, che deriva dal frutto del fico; o di quello maschile, che sarebbe un’evoluzione del latino "cattia", mestolo, per... la sua forma e consistenza. Quale sarebbe, dunque, per lo studioso, l’origine del termine? Esso deriverebbe dall’arabismo "maimun", diffuso in tutte le lingue neo latine, per indicare la scimmia, ma anche la gatta. «Era stato d’altronde lo stesso Marco Polo ,osserva D’Onghia, a raccontare del "gatto mammone" che in realtà era una scimmia che assomigliava a un felino. Scimmia poiché animale peloso, come l’"oggetto" in questione, ma anche simbolo del peccato di lussuria, nell’iconografia cristiana». Un’ipotesi che allineerebbe l’uso dialettale veneziano al francese ("moniche/ mouniche"), al castigliano ("maimón"), al catalano ("maimó") e alle voci di gergo statunitensi "monkey" e "monkey box". Ma la metafora animale per indicare l’organo sessuale femminile è largamente diffusa, in Italia e fuori: basti pensare a "topa", "sorca", "passera", "farfalla", o al francese e all’inglese, con "chatte", "cat" e "pussy". «Oltretutto la scimmia aveva uno status molto particolare, nel Rinascimento e a Venezia: erano animali presenti negli spettacoli e nelle piazze, costosi e pregiati, un vero e proprio status symbol, come testimonia Marin Sanudo nelle sue cronache». «L’esempio più antico che munì come "organo sessuale femminile" , scrive D’Onghia , si trova, infatti, dove forse non si cercherebbe mai, tra gli scritti del viaggiatore, informatore politico e cronista fiorentino Benedetto Dei (1418-1492)».. Anche il secondo significato di "mona", cioè uomo sempliciotto e leggero, deriva dall’accezione appena descritta: «Si definiva in quel modo l’uomo che faceva lo stupido come una scimmia, e "monade" erano i gesti leziosi compiuti dall’animale. Anche in questo caso si ripropone la tendenza del linguaggio popolare di indicare con termini derivati dagli organi sessuali comportamenti particolarmente negativi, o anche - al contrario - positivi».. Basti pensare alla "cazzata", alla "minchiata", o - specularmente - alla "figata". D’Onghia dice di essersi molto divertito a scrivere il libro, ma - aggiunge - «spero di non perdere rispettabilità agli occhi degli studiosi». Forse può stare tranquillo: non è capitato neppure a Gustave Courbet, che nel 1866 immortalò lo stesso soggetto nel dipinto "L’origine del mondo"...
il testo sulla’ mona’ , le foto, le immagini sono solo opera mia , come si puo’ facilmente accertare controllando il mio sito fioragandolfi.it, andando prima su ‘books’ e poi al capitoletto ‘insults’
Le università moderne si confrontano con la scandalosa realtà del plagio. E molto più agevole fare un taglia e incolla col computer che rompersi l’anima a fare ricerche in biblioteca su testi antichi o no e raccogliere interviste viva voce.
Come meravigliarsi ha detto il filosofo tedesco Peter Sloterdijk all’ Odéon di Parigi qualche giorno fa’il plagio non è che un segmento minuscolo di una confusione di grande dimensione storica. Nel febbraio 2011 l’ex ministro della difesa Guttenberg fu accusato di aver copiato spudoratamente la maggior parte della sua tesi di dottorato.
Mai pensato a volgarità,Franco,e allora vogliamo chiudere questo post con un omaggio alla donna?
Che te da poeta conoscerai certamente:
INNO ALLA DONNA
Stupenda
immacolata fortuna
per te tutte le creature del
regno
si sono aperte
e tu sei diventata la regina
delle nostre ombre
per te gli uomini
hanno preso
innumerevoli voli
creato l’alveare del
pensie ro
per te donna è sorto
il mormorio dell’acqua
unica grazia
e tremi per i tuoi
incantesimi
che sono nelle tue mani
e tu hai un sog no
per ogni estate
un figlio per ogni pianto
un sospetto d’amore
per ogni capello
ora sei donna tutto un
perdono
e così come v i abita
il pensiero divino
fiorirà in segreto
attorniato
dalla tua grazia.
Alda Merini
Giustissimo Giuliano ….non volevo essere volgare …mettiamo pure la doppia enne , Monna è sempre donna ed il mio parere rimane sempre lo stesso ……mè piase ,ciamala come te voi!
kissà quante bolle fanno quelli ke magnan sapone
Venezia differisce da ogni altro agglomerato urbano, il suo punto di riferimento sprofonda in quelle stesse acque dalle quali ha saputo , stupenda e Serenissima donna , ergersi da sola a difesa di se stessa. Venezia è il simbolo di una figura muliebre che vive protetta dalla sua bellezza. ‘Na bela dona ga sempre razòn: una bella donna ha sempre ragione, si dice. Amata e ammirata non è mai stata presa, violentata, saccheggiata. Protetta dal matrimonio segreto con il mare che la aiuta a fermare i nemici e protetta dai suoi migliori gendarmi, i fondali bassi della laguna che rendono impotenti le navi nemiche incagliate nella sabbia. Venezia è inviolata per questo motivo in questa città si sviluppato il culto della Vergine. Qui si prega anche la Madonna della Salute reincarnazione della pagana Reizia dea venerata nei luoghi dove sgorgano le medicamentose acque che ridanno la salute nei colli di Abano. A Venezia si incontrano nelle calli frequenti altarini di devozione dedicati Maria, e parallelamente qui si promuove la devozione per la donna. Mona non è quindi meramente sesso ma simbolo di vita, di fertilità e di amore.
L’etimologia della parola mona è rivelatrice dell’essenza del termine. Riporta al latino mea domina, mia signora, mia padrona termine di riverenza riservato alle donne di alto rango, Mea domina si contrae poi in Madonna, Mia donna o Mia signora, che diventa Monna o Mona, titolo dell’emblematico dipinto di Leonardo da Vinci: Monna Lisa.
Fonte: The Book of Insults by Fiora Gandolfi
Va in mona! sta per “vattene”, oppure per “ma che dici mai”! Rivela quindi fastidio o incredulità. Una modalità linguistica inusuale giacché in tutti dialetti e in quasi tutte le lingue si invita l’importuno a subire castighi diversi. A Roma c’è il blando ma va a magna’ er sapone! ma va mangiare il sapone!
e l’ho capi’ franco magari tedesca ahahah ciaooooo
Per me la mona deriva da “monade” di Leibniziana memoria….elemento base di tutte le cose (pressapoco) ..infatti per me esiste solo la mona .
ahaahha ke performances generali ahahah…..
faccio l’eco a Cochi e Renato
…l’oselin de la comare
l’oselin volea volare
si posò sopra la mona
l’oselin che non perdona
e proprio lì volea volare
l’oselin de la comare
e proprio lì volea volare
l’oselin de la comare.
questa e una frase molto chiaccherata dalle donne,,nel veneto ,io quando una donna mi manda in mona, gli rispondo ,,accompagnami tu grazie, sto scherzo.
allora caro giuliano , non so quale sia l’allusione comune ke dici abbiam nella nostra inconoscenza. la tua cultura sui pellegrini non mi tocca credi, e le mie convinzioni secondo alcuni cocciute permalose credo non le conosciate perkè a volte pure io ne cerco migliori. poi sono mie. anke se non ho grande cultura mi pare fai allusioni fumose poco kiare e diciamo impertinenti, come le mie? se disturbano e non ti garbano vedro’ di evitare scherzosità sgradite tuo riguardo. per alba penso ke il detto ke hai voluto traduzione si possa anke vedè diverso………………….
il significato è semplice alba ,detto in tono scherzoso significa “vai a farti benedire” cioè”vai a quel paese”
conoscere le nostre radici il nostro parlare che piano piano i giovani non parlano più. A Genova una assocciazione di anziani è entrata nelle scuole per insegnare a capire (almeno quello)la lingua genovese si la nostra non è un dialetto.
Un mio caro amico veneto diceva sempre “va in mona con tua nonna” quanto ho capito dall’articolo mona a due significati chi mi sa chiarire le parole del mio amico?
Cara Lieta, anche se dovessi scrivere la storia di Episcopus Pastor ac Inquisitor Peregrinorum, dell’Ordine dei Cacciati dal Tabor, nel tuo commento ci sarebbe sempre l’allusione a quella cosa che sappiamo solo tu ed io?
Scherzo e lo sai che puoi dire quello che vuoi tanto ne sei…convinta!
me par un hot chic, manco ne la stanza de l’amore de eldyna s’eran spinti a tanto ahahahahah
Sei stato bravissimo giuliano ,perche’per me(milanesissima) ma di padre veneto l’unica parola che conoscevo era “ti se un muso’sei un somaro giusto maurizia?
M
p
Molti anni fa quando andavo in giro per Venezia (la seconda città italiana che ho conosciuto) sentivo parlare molti dialetti, accenti e lingue diverse… mi sentivo come a casa mia Istanbul.
Quello che più mi colpiva era sentire il colorato e cantilenante dialetto di Venezia.
Oltre la parola menzionata nell’articolo, ne ricordo bene altre due: Ombra e Ciacolàr.
Veneto ricco di vini, arte e un po’ bohemien chic.
Scusate ho divagato ma sono tanti i ricordi che ho di quella regione…tutti molto belli.
per me che sono veneta “mona” è un termine offensivo,si dce sempre in tono scherzoso però….
bravo giuliano tu che sei romano ,ciao
Da ”il vocabolario del dialetto vicentino” di EugenioCandiago :
mòna: organo genitale femminile; agg. imbecille, stupido: fare el mòna (fare lo stupido);
tòco de mona (pezzo di cretino);
avere un momènto de mòna (avere un attimo di disattenzione)(avere un CDM dice mio fratello);
va’ in mòna! (Va’ al diavolo);
na mòna! (Nient’affatto)!
Passare par mòna (far la parte dell’imbecille);
muso da mòna (faccia da stupido).
Monàda:stupidaggine; sciocchezza; bagatella:
no stèmo dir monàde! (Non diciamo stupidaggini, fesserie)!
aahaha giulia sei partito per la donazione del sesso veneto ke ti coinvolge assai…………….