09-il_tempo_passa-i_ricordi_restano      

“E’ pronto, a lavarsi le mani, tutti a tavola..” Festoso richiamo. Io bambina.

   

Domenica.

   

Il giorno più bello, il simbolo della festa da passare tutti assieme a raccontarsi le cose. Si metteva la tovaglia, quella bella e si tirava fuori il servizio buono.

Il menù è antico ma è quello della festa, come l’abito.

E la domenica non c’era la polenta come tutti gli altri giorni, ma il pane, fresco, croccante, fatto di una forma sola, quella del pane. Mica come adesso che ce ne sono centinaia di tipi diversi con altrettante varianti, e ingredienti e pezzature da boutique, non da panetteria.

     

La domenica si “tirava” il collo al pollo e si cucinava la gallina per fare il brodo buono al nonno che c’aveva la bronchite. O per sostenere la zietta che aveva appena partorito e doveva nutrirsi genuinamente, ma con sostanza, per fare latte da dare al neonato.

La domenica niente polenta e rane (pescate da papà nei canali della zona) o polenta e baccalà, ma un bel risotto fatto col ragù lasciato a cuocere per ore sulla stufa a legna.

Ma se noi eravamo stati bravi tutta la settimana allora la nonna faceva gli gnocchi…che festa!!!

A noi bambini veniva l’acquolina in bocca sin dal mattino e attorniavamo la grande tavola piena di patate e farina incantandoci a guardare le mani di nonna e mamma che correvano veloci su quell’impasto fino a ridurlo a un lungo tubo da tagliare a tocchetti. Il tocco finale del modellamento fatto dalla mamma con la forchetta riceveva i nostri “oh..” di ammirazione.

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Ma non mancava mai la pentola di fagioli che sobbolliva per ore sulla stufa, insaporita da cotiche di maiale; piatto povero ma sempre presente. Schietto e sincero.

 

Poi la mamma metteva in tavola la “giardiniera” fatta da lei e dalla nonna e conservata per i giorni di festa.

 

E se dalla domenica precedente era avanzato del pane si preparava il dolce: la pinza.

      pinza        

Una torta povera fatta con pane raffermo e fichi spezzettati. A questi avanzi si poteva aggiungere qualsiasi altro ingrediente come l’uva passa o le noci e siccome il burro costava troppo si usava lo strutto. Ma che buona era!!!

 

Nelle circostanze particolari, speciali direi, come Comunioni e Cresime (mica si andava al ristorante..!), arrivava lo zio simpatico o l’amico di famiglia con un pacchettino infiocchettato. A noi bambini, che sapevamo cosa conteneva, l’acquolina ci scendeva giù per la gola fin quasi a soffocarci. Dentro c’erano le paste! Che attesa spasmodica prima di vedere sciogliere il nastrino dorato e assaporare quella delizia. Ci era concessa una pasta a testa ma che imbarazzo. Quale scegliere? Tutte invitanti, colorate, profumate, infami tentatrici!

     

Ma erano altri tempi. Non c’era la crisi ma neanche la televisione che si andava a vedere dal vicino “benestante” o al circolo, il sabato sera dove papà ci comprava anche la gazzosa.

Eravamo poveri ma ci si parlava a tavola, mangiando.

Niente televisione, tantomeno telefonini o smartphone.

Si assaporava il cibo genuino, quello raro della festa, ma anche la gioia di essere tutti uniti in un cerimoniale tanto atteso che confermava la solidità dell’unione famigliare.

 

E oggi? Siamo ancora tradizionalisti per quanto riguarda il rito del pranzo domenicale all’insegna del “tutti assieme” o la casa-chioccia non attrae più nessuno e i ritmi frenetici e le famiglie allargate hanno sostituito lo spirito di convivialità annullando il valore dell’antica tradizione famigliare?

 

Raccontatemi i vostri “amarcord”, se volete.

  francesca (3)

9 Commenti a “RICORDI…….di Franci”

  1. Francesca (franci) ha detto:

    Sono riuscita solo adesso a leggere i vostri commenti, di ritorno da un breve viaggio. Devo ringraziarvi, amici, e sinceramente devo anche dirvi che mi avete commossa.
    I vostri “amarcord” mi hanno riportata indietro nel tempo. Dunque, non ero l’unica bambina povera che non sapeva di esserlo.

    Franco è stato fortunato, lui era il figlio del padrone. Ma tra le righe del suo commento leggo che gli sarebbe piaciuto tanto correre a piedi scalzi su e giù per i prati come facevano i figli dei contadini aspettando la domenica, come un giorno miracoloso, per mangiare qualcosa di buono e diverso.

    Sandro è riuscito ad identificare la forchetta da gnocchi della mamma come uno strumento malefico (potere dell’immaginazione infantile..!!). Caro Sandro, mi hai fatto provare uno stringimento emotivo col tuo racconto. Non potremo mai capire quale segreto nascondessero le nostre mamme e nonne nel fare le righe agli gnocchi per renderli capaci di “acchiappare” il sugo come “diocomanda”. E non le hai buttate via…non ne avrai il coraggio. C’è tutta una vita lì dentro.

    Anche Mario era fortunato. Parla di opulenza nel suo amarcord. Però alla fine, prova rimpianto misto a tristezza per quello che rappresentava la famiglia in quei tempi. Ti condivido pienamente, Mario. Anch’io ogni tanto provo quel senso di nostalgica tristezza, pur se eravamo molto poveri. Ma forse proprio per quel motivo…si apprezzava di più il cibo raro della domenica.

    E’ vero Nembo, le belle tradizioni si stanno perdendo e questo è spiacevole, molto doloroso. Non sappiamo più tenere incollati i bei momenti. L’unica cosa per cui valga la pena: il sentimento che unisce intere generazioni. La scuola del passato!

    Alba carissima, da te me l’aspettavo un amarcord tanto infelice quanto angosciante. L’ho letto con lacerante strazio. Ma tant’è, la vita è anche questo. Rincorrere un pò di cibo per sopravvivere. Mi ha rincuorato il finale. La tua è sempre una scuola dove impariamo nuove lezioni: l’insegnamento della vita.

    Anna cara, concordo con te. Il nostro mondo di allora poteva essere migliorabile, ma noi non lo sapevamo, eravamo piccoli. Io ho sempre creduto che il mio mondo fosse circoscritto a ciò che avevo. Anche se il tempo poi mi ha permesso di seguire percorsi che hanno cambiato completamente la mia vita, devo confessarti che anch’io ho nostalgia di quelle gioie semplici e di quelle vere amicizie. Si, nostalgia di qualcosa che non tornerà più: la nostra infanzia!

    E anche Lorenzo sicuramente un pò di nostalgia la prova, non fosse altro per i tempi andati che ci vedevano tutti più giovani e pieni di speranze.

    Grazie, amici. Grazie di cuore a tutti per avermi comunicato i vostri amarcord che ho infinitamente apprezzato.
    Vi abbraccio virtualmente tutti, uno ad uno: Franco, Sandro, Mario, Nembo, Alba, Anna e Lorenzo.

  2. lorenzo.rm ha detto:

    Belli e saporiti questi ricordi. E soprattutto veri. Hanno il sapore di tempi andati in cui tutti eravamo più giovani e forse più felici. Grazie Franci.

  3. anna b. ha detto:

    Ricordi che danno grandissima emozione….vivevamo in un mondo migliorabile(ma sempre in qualsiasi epoca e’ cosi) ma ricco di speranza, di gioie semplici, di amicizie vere, di affetti profondi,giochi semplici e stupendi perché si facevano insieme, da bambini, musica e film bellissimi da ragazzi, andare al cinema a vedere un grande film ti faceva sentire grande, perché uscivi e andavi al centro della città a vedere qualcosa che in TV a casa non potevi vedere. Nostalgia del passato.

  4. alba morsilli ha detto:

    Quando si arriva alla nostra età si vede passare dentro di noi un film dove siamo stati protagonisti e nessun regista ha mai corretto le battute, è un cotometraggio naturale dove la protaginista è una bimbadi nome Alba.
    Che cosa è una casa?
    Alba non lo sapeva per lei esistevano solo le baracchedi legno, dove tra una fessura e l’altra entrava oiggia e vento, in 5 dormivamo in un solo letto fatto di crine e come coperte si usavano i cappotti presi dai militari morti per strada.
    CHe cosa è la domenica?
    Si quella me la ricordo venivano le dame della carità, ti davano le castagne secche per andare a messa poi per premio una cioccolata calda mell’unica latteria.
    Alba da furba si portava la bottiglia la riempiva per i suoi fratelli.
    E cco le campane suonano le 12ora di pranzo, si fa il giro della tavola era vuoto il stomaco borbottava.
    Arrabbiata decido di andare in una fabbrica dove aveva la mensa, ed anche la domenica funzionava.
    Avevo paura di salire le scale ma l’odorino buono mi ha incoraggiato.
    Un lavoratore mi prese per una zingara e cercò di farmi l’elemosina, ma io le dissi !”ho fame “ha quelle parole il suo viso si strasformo forse aveva anche lui una bambina come me.
    Mi prese per mano e mi portò dal cuoco “dalle tutto il pranzo”
    Che scorpacciata !!!!!!!!!!!!!!!!!
    Da alloa ci andavo tutti i giorni e lui mi forniva anche per la mia famiglia.
    Non l’ho mai più visto ma non l’ho mai scordato.
    Questo fino al 1955

  5. Nembo ha detto:

    Anche commentando questo Post, è un modo per non dimenticare il passato, il ricordo di quei anni, di quel mondo che non c’è più oggi credo che ci fa una cornice a un quadro che al suo interno ci sono ricordi indimenticabili. Anche per me il giorno più bello era la domenica che tutti insieme nonni, zii, e genitori si pranzava insieme e era un momento di convivialità, ricordo anche che d’estate si pranzava sotto gli alberi in cortile, e si beveva acqua frizzante fatta con delle bustine che non ricordo più il nome, ma era tanto buona…e finito il pranzo noi bambini aspettavamo con ansia il gelattaio che passava con il suo triciclo a pedali, poi si è evoluto ed era a motore ma sempre triciclo era. Personalmente ho nostalgia di quel passato, molti ricordi mi sono rimasti non solo nella mente ma sopratutto nel cuore. Francesca le tradizioni si stanno perdendo e, con esse il proprio valore ereditato dai nostri nonni, dai nostri genitori, ora si pranza tutti insieme poche volte con figli e nipoti, Natale-Pasqua-compleanni,anniversari. Ricordo anche che ha proposito di televisione al sabato sera, ci si portava la sedia e c’erano solo due o tre canali-Svizzera e Capodistria oltre la Rai. Ricordi che ora non si faranno più per il nostro modo di vivere, passano gli anni, qualche ruga si nota, ma non nel nostro cuore o nei nostri ricordi. Un Saluto

  6. mario33.co ha detto:

    Un… amarcord basato, si, sulla famiglia, ma… come con i dialetti,sui ricordi culinari, regionali, di noi ragazzini di allora. Quando (Penso di non parlare solo per me) i cibi erano fonte di benessere!!1 Non contavano le coccole, le attenzioni sentimentali, ma… solo il nutrimento, che… era, come dicevo prima, fonte di opulenza di benessere fisico e psitico, il resto era il di più. Ricordo le Lasagne fatte in casa da mia madre di estrazione avellinese (campana), fatte a strati, senza besciamelle, composte… da: “uova sode, da formaggio fontina, mozzarelle, prosciutto cotto, sugo al ragù cotto almeno 3 ore, con tritato di carne scelto. e le immancabili Barilla di sfoglia all’uovo. Ricordo… gli spaghetti con le vongole, in sugo rosso, i Gnocchi di grano duro, con farina 00 e farina di semola. Come le altre mamme, le mani, che… correvano veloci impastavano con forza il “preparato” lo tagliava in piccole parti poi la arrotolava facendola girare avanti e in dietro creando dei vermicelli. Li tagliuzzarla a dadini, per poi… con la punta del coltello imprimere il dado di pasta rendendolo un orecchietta, con una venatura più nervosa. Per me e mia sorella, era… uno spasso vedere mia madre che li preparava. Noi… seguivamo lei, impastando… anche noi!! Per poi… farli rosolare sul fornello della cucina quegli “aborti” di gnocchi è poi li mangiavamo . Era pasta fresca, bruciacchiata, che sapeva solo di bruciato. Per noi era un simpatico gioco. Ricordo, che… la domenica si aspettava con ansia mio padre, che aveva il negozio di parrucchiere e chiudeva alle 14. Era una festa la domenica!!!! Molto spesso, era invitatati a pranz anche i miei zii. Mia madre si faceva in quatto. Era una donna che… ci teneva molto la cibo!! Per lei esisteva solo la buona cucina anche se prettamente regionale non sforava mai dai piatti della nostra Regione .C’era opulenza, non ci faceva mancare nulla!!!! La domenica era d’obbligo un primo piatto, o… di lasagne o di spaghetti e vongole, di gnocchi, oppure una buona parmigiana, come… solo noi meridionali sappiamo fare(con le melanzane fritte e farcitura ).Si passava ai secondi con delle bisteccone di vitello con attaccato quel grasso che sulla piastra cuocendo diventava morbido come il burro. si… alternava, con delle bisteccone di manzo con l’osso e con po’ di grasso che le ammorbidiva. Come contorni, non mancava mai una bella marmitta di insalata alcune volte era la lattuga (ma il fiore) altre la formentina altre ancora la cicoria, etc. Poi, c’erano le variazioni sul tema, con i peperoncini verdi fritti, peperoni al forno pelati della buccia e conditi con olio e aglio. Mi fermo qui!!! Ricordo, le serate del sabato, che… mio padre amante del ballo, invitava gli zii a ballare in casa nostra. Con una Radio(Marconi) con su il giradischi comperata per la mia nascita il 52, pagata a rate 50.000 lire. mio zio, appassionato di musica, portava i dischi (78 giri) noi 3 fratelli ragazzini (avevo 7 anni) li imitavamo. Ricordo… il tango delle capinere, la Comparsita . Balli… che poi oggi, o ripreso a eseguire, essendo un appassionato di ballo liscio. Il nostro primo televisore è arrivato nel 59. Allora la sera tutti riuniti d’avanti al televisore( per noi bambini solo il Carosello), poi a letto!!! fatta… eccezione per alcune volte. I films finivano abbastanza presto, visto… che non c’era quel bombardamento pubblicitario di adesso. Sono ricordi indelebili!!!! Mia madre viveva per la famiglia una dedizione smisurata (come quasi tutte le mamma di allora) appena poteva ci voleva tutti riuniti. abitudine devozionale, che a continuato a mantenere anche da sposati. Il sabato,la vigilia di natale, la vigilia di capodanno, eravamo tutti riuniti alla chiusura dei negozi, io come fotografo, mio fratello come orefice, mia sorella… con la cartoleria, mio padre come parrucchiere. Ci si ritrovava a casa dei mie genitori, con i rispettivi figlioli, per gustarci in allegria, non… senza piccoli disaccordi o polemiche le leccornie di mia madre . Dicono che quando diventi attempato , vecchio, vivi di ricordi!!! Ricordi… più facilmente quello che ti è successo da piccolo,che… quello che hai mangiato ieri sera!!! Oggi, attempato, ricordo… con rimpianto, misto,… ad una vena sentimentalmente lieve è triste, cosa era veramente la famiglia di ieri, nel bene e nel male

  7. franco ha detto:

    Bellissima pagina letteraria quella di AlfredSandro…per noi sono i “gnùchet”, infarinati per non farli attaccare …poi dentro la pentola …qualche bollore e vengono a galla.
    “Al gnòch” vero e proprio da queste parti “l’è qùal frèt” (è quello fritto) ,tagliato a losanghe, fritto nelle strutto e mangiato con una fetta di Parma …per poi essere di diritto nel cerchio dei golosi.

  8. alfred-sandro1.ge ha detto:

    Le righe agli gnocchi fatte con la forchetta le faceva anche mia madre. sembrava di assistere ad una magia.
    La pasta tirata da mani sapienti, quel lungo sepente che mano a mano si allungava e ti chiedevi fin dove sarebbe arrivato o se non fosse troppo piccolo per fare gli gnocchi….. poi, il grande coltello che con ritmo uniforme batteva sulla tavola
    ( a Genova era la MEISIA) tagliava a tocchetti tutti identici misurati con lo scorrere dell’altra mano, sempre col timore che poi nel piatto ci si trovasse uno gnocco che gnocco non era.
    Alla fine il tocco dell’artista: le righe.
    Non riesco ad immaginare gli gnocchi senza le righe: li ho visti ma non li considero gnocchi. Sono solo pallne di pasta molle, viscidi che non trattengono ne sugo ne pesto……. si perchè la morte loro è il pesto e non il sugo.
    Mamma mi fai provare?
    Te ne dava qualcuno, pochi in verità per poter imparare, ma era un rituale quello ormai ogni volta che si facevano.
    Guardavo le mani della mamma per rubarne i più nascosti segreti: tipo di forchetta, si perche non c’era un servizio di forchette tutte uguali per noi di casa. Quello era riservato agli ospiti, quando fossero venuti.
    Teneva la forchetta inclinata con la mano sinistra. Non saprei dire di quanti gradi fosse inclinata ma credo che fosse determinante l’inclinazione.
    Con la destra poi, tirava via dal mucchio un cinque o sei gnocchi da ” rigare” avvicinandoli alla forchetta, ad uno ad uno con una forza che sembrava dovessero scoppiare, li faceva rotolare giù dai rebbi in modo tale che rimanessero impresse profonde righe
    che avrebbero dovuto raccogliere il condimento, sugo o pesto che fosse e dalla parte opposta la , una infossatura che dava allo gnocco la parvenza di conchiglia e la conchiglia ha da sempre destato meraviglia e stupore.
    Credevo di aver imparato tutti i segneti che c’era da imparare.
    Non ne usciva uno ben fatto che meritasse di essere chiamato GNOCCO.
    La pasta usciva dalla parte opposta della forchetta in tante fettine inutilizabili, si schiacciava, si appiccicava alle dita, si incastrava tra qui maledetti denti di quella stramaledetta forchetta…….
    Ho sempre pensato che la mamma tenesse quella forchetta stregata appositamente per me per farmi comprendere che certe cose non vanno svelate, che i segreti devono restare segreti.
    Ho cercato di individuare nel cassetto delle posate quella, ma non ci sono riuscito. Ho anche pensato di gettarle via tutte ma…..

  9. franco ha detto:

    Fino a 8 anni sono stato dai nonni in campagna , era il tempo della guerra , ma per il cibo non l’abbimo mai sentita. Il sabato arrivavano i contadini con le “regalie” , così chiamavano gli “omaggi” che i contadini portavano al padrone, normalmente era un pollo o un coniglio,verdura e frutta.C’era però il “pranzo della domenica” stabilito dal nonno : tagliatelle fatte ovviamente in casa su di un taglierone enorme con il mattarello che veniva poi appeso ad un lato della cucina come un cimelio. Poi c’era il rito del “ragù” fatto di carne di manzo, maiale, pancetta con poco pomodoro, un bicchiere di lambrusco e cuoceva …cuoceva per ore con sedano carota e cipolla. Come secondo c’era il pollo arrosto con l’insalata ,perchè le patate erano rare nella pianura. Infine il dolce…o la zuppa inglese annegata nell’alchermes o il “latte in piedi” ,ora creme caramel.
    Si mangiava bene , ora difficilmente pranziamo con primo ,secondo e dolce . Le diete incombono, al sabato siamo stati in pizzeria con gli amici e alla domenica c’è un menù da ammalati. Altri tempi !

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