E' una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno.
L'Assemblea Generale dell'ONU ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotá nel 1981.
Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l'impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell'arretratezza e nel caos per oltre 30 anni.
Il 25 novembre 1960, infatti, le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.
In Italia solo dal 2005 alcuni centri antiviolenza e Case delle donne hanno iniziato a celebrare questa giornata. Ma negli ultimi anni anche istituzioni e vari enti come Amnesty International festeggiano questa giornata attraverso iniziative politiche e culturali.
Una data che non dobbiamo dimenticare perché il dramma dei femminicidi e delle violenze contro le donne è in costante aggravamento.
Il Rapporto Eures ci dice che in Italia si è registrato nel 2013 un aumento di femminicidi al Sud del 27 per cento e un raddoppio di quelli al centro, mentre il nord detiene il record di femminicidi in famiglia.
(Tratto dal web)
Convengo in assoluto con Franco. Esistono unioni tra uomo e donna che proseguono in convergenza solidale, unite in un cammino condiviso, che percorrono una strada dove ciascuno di loro, padre e madre, si sostengono a vicenda insegnando ai propri figli maschi il rispetto per le donne e alle figlie femmine l’importanza di farsi rispettare condividendo il percorso non sempre facile. Nasce così un modello di relazioni uomo-donna fatto di reciprocità e di accoglienza. Si avvia un cammino, individuale e collettivo, fatto di autocoscienza e di cambiamento, da parte maschile, del modo di stare al mondo.
Non esiste solo il bianco e il nero ma c’è anche il grigio.
MI piacerebbe tanto essere cosi’ ottimista e vedere annullate tutte queste ricorrenze ,perche’ l’obiettivo e’ stato raggiunto e le donne rispettate e onorate occupano il posto che meritano e .
Quella della Comencini è una lettera che assomiglio a un DO di petto, un acuto bellissimo , ma sempre acuto è . Esiste anche la normalità ,forse meno eclatante , meno combattuta e combattiva, uomini e donne che consapevolmente si apprestano a vivere insieme e a fare dei figli . Che si possono lasciare o che possono stare assieme tutta la vita ,con i traumi “normali” ,senza fughe tragiche o pistole che sparano. Con figli che si riconoscono nei genitori non tanto per il loro sesso , ma per i loro caratteri ,per le loro peculiarità. La vita è anche una “cosa normale” e guai assomigliarla a tragiche anomalie, che purtroppo esistono, come esistono le disgrazie, le malattie , le catastrofi.
Se avete letto le cronache ieri 25 Novembre riccorenza contro la violenza sulle donne, è morta con un colpo di fucile una donna avvocato matrimonialista.
Non vi dice niente questo?
Donna indipentendente, madre di una bimba di 6anni.
Penso che avrà detto a tante donne che si sono presentate da lei per questioni famigliari, denunci suo marito.
Ogni essere umano reagisce in una maniera diversa, forse voleva ancora provarci a salvare il matrimonio non sapeva di avere a che fare con un carnefice.
Gli uomini si sentono inferiori inteletualmente, ed usano la loro forza contro di noi come fossero dei macellai.
eppure essi vivono perchè gli ha messi al mondo una donna.
Basta Violenza!!!!!!!!!!!!!!!!
E’ sempre triste commemorare il maltrattamento alla compagna della nostra specie umana che non ha certamente,specie oggi, motivo di esistere. Ancor piu’ triste e’ constatare che i “meccanismi” sanciti per Legge non vengono messi in vigore in modo tale da migliorare sostanzialmente la protezione della donna: la sua intrinseca dignita’ e liberta’. La realta’ e’ cominciare da la’ agomentando la mentalita’ e cultura della gente in modo costante ed effettivo o il prossimo anno saremo ancora qui a portare nuovamente fiori al camposanto di donne che hanno perso la vita per violenza maschile e a lamentare i maltrattamenti subiti dalle donne da parte dell’ ingnoranza dell’uomo. Pertanto non parole ma fatti specie da parte dagli organi della Magistratura. Paul
Quanto vorrei che i pensieri auspicati da Antonino e Franco divenissero realtà.
Quanto desidererei non dover più commemorare giornate come quella di oggi!!!
LETTERA AGLI UOMNI CHE ODIANO LE DONNE
NOI donne occidentali siamo le prime madri libere dal destino della maternità: possiamo scegliere di essere donne senza figli. Nella madre antica, il primo anno di vita e quelli seguenti creavano nel bambino un’idea di donna che si prolungava nell’età adulta, in cui il destino della ragazza era quello di sposa e madre e quello dell’uomo di trovare la donna madre dei suoi figli.
Non c’era rottura, contraddizione, tranne quella che derivava dall’infelicità e dal sacrificio insiti nel destino femminile. A noi, madri nuove, viene richiesto un doppio salto mortale: dobbiamo essere pronte allo stato fisico e mentale che permette lo sviluppo del bambino, ma restiamo donne libere, ambivalenti nel desiderio di vivere pienamente il rapporto esclusivo a due col bambino ma di non esiliarci dal lavoro lasciato. Nel passaggio di testimone dalla nuova madre alla nuova figlia, la bambina ne osserva la vita: la libertà, il lavoro, la parità e comincia a cercare, a costruire la sua identità sulla nuova identità della madre. Il figlio maschio di questa nuova madre e la madre nuova di questo figlio affronteranno invece una relazione molto complessa: la sessualità, l’immaginazione, il desiderio, la sicurezza iniziano a formarsi in lui con la madre dedita dei primi mesi e dei primi anni, che si trasformerà poi davanti agli occhi intimiditi del ragazzino, in una donna forte, sicura di sé, piena di autorità, che va fuori nel mondo senza paura, concorre col padre, tiene testa agli uomini.
Questo figlio cresce con l’idea che l’uomo non è sempre simbolo di forza, che il padre non ha l’esclusività del ponte col mondo, che non può riferirsi a lui per ogni aspetto della sua virilità nascente. Il padre gli sembra a tratti impaurito e lui tenderà a difenderlo contro la madre, prendendo così le parti di se stesso, messe a dura prova dalla sicurezza materna. Il ragazzo vede fuori casa molte ragazze che somigliano alla madre nuova che ha scoperto crescendo e non sa assolutamente come dovrà affrontarle,
amarle, farci l’amore, pensa che potrebbe prendere la scorciatoia e incontrarne una più fragile o tradizionale, che si faccia guidare e proteggere da lui. E qualche volta la trova, ma non sa che anche nella più tradizionale delle donne il germe dell’autonomia conquistato dalle nuove madri è fiorito all’insaputa della ragazza. Capiterà che la ragazza si senta incerta come lui, che odi la madre nuova, con tutta la sua sicurezza vincente. E allora specularmente al ragazzo in cerca di un passato impossibile, si fingerà sottomessa, materna, unica. Una felicità fragile che si fonda su una frase fondamentale: noi non ci lasceremo mai.
E poi un giorno, lei o lui dirà la frase proibita: ti lascio. Solo che se la pronuncerà lui, lei piangerà e scriverà sul diario e ne parlerà con le amiche come nell’Ottocento. Lui invece potrebbe pensare di ucciderla, come si uccideva in duello nell’Ottocento per una donna, o farlo come avrebbe voluto qualche volta sopprimere la madre che quest’epoca gli ha dato. La violenza sulle donne — si celebra oggi la giornata mondiale contro il femminicidio — è frutto di questo nuovo, non un retaggio dell’antico. Usa forme antiche ma è del tutto nuova e legata alla libertà delle donne, delle madri, alle loro contraddizioni, al mutamento troppo lento degli uomini, dei padri di fronte a questa nuova libertà. Eppure è negli uomini, nei padri, nella loro riflessione, nella ripresa del loro ruolo centrale accanto alle donne che siamo oggi, che io penso possa compiersi la rivoluzione che le donne hanno iniziato.
Le nuove donne devono continuare a essere differenti dagli uomini e fare valere in tutti i campi la ricchezza della loro storia, della loro intelligenza, dei loro pensieri, ma devono anche cambiare nel profondo e lasciare agli uomini la loro parte di responsabilità nel nuovo mondo. I ruoli dell’uno e dell’altra, rimanendo differenti, possono sovrapporsi e prendere l’uno dall’altra. E la madre può cedere la sovranità assoluta per una libertà conquistata che apre le porte di un mondo vasto, ricco della presenza di Due diversi ma pari. E penso che il padre possa insegnare la sua nuova forza al figlio: un dominio sovrano che deve trasformarsi nell’accoglimento della differenza delle donne, della loro parità. Può insegnare al figlio a non averne paura, a parlarne, sottraendo così il dialogo sui sentimenti all’impero delle donne. Forse la nuova forza degli uomini è fatta anche del pianto di Ulisse — uomo per eccellenza — che nell’isola dei Feaci ascolta il racconto della guerra di Troia e piange, coprendosi il viso col mantello purpureo, «come donna piange lo sposo che cadde davanti alla città». Forse l’uomo può piangere ora come uomo, senza coprirsi il viso, anche davanti al figlio, e aprirsi nel racconto all’altro da sé. E le donne al contrario possono diventare più lievi, manifestare la loro imperfezione, dare ai figli la manifestazione vera di quello che sono e la possibilità di tenere testa senza violenza alle giovani donne libere che incontreranno nella loro vita adulta. Abbiamo la fortuna di vivere uno dei cambiamenti più importanti della storia, il mutamento profondo del rapporto tra i due generi, questo mutamento può cambiare il mondo e in questo nuovo mondo le donne e gli uomini possono amarsi e comprendersi molto più di prima.
Cristina Comencini
Da La Repubblica del 25/11/2013.
Il pensiero oggi va a tutte le donne del mondo che subiscono violenza, oltre alle varie manifestazioni che ci saranno credo che sia utile anche proporre e fare più campagna educativa con altrettanti percorsi informativi per debellare questa piaga sociale. Donne Voi siete forti e coraggiose, non abbiate timore di denunciare eventuali violenze e sopprusi, questo vale per tutte le persone deboli, bambini e anziani.
Sono molto vicino al pensiero di Antonino!
Quando non avremo più bisogno di commemorare ciò che è nelle cose, una uguaglianza che non si discute ,e rifuggire con sdegno un maschilismo residuo e spesso patologico …allora potremo dirci civili.
Perchè ancora troppe donne nascondono le violenze tra le mura di casa….
E mi domando: è una questione di genere o di cultura?
I fatti sono fatti. Le violenze continuano e sono quotidiane. Non se ne può più. Usiamo un silenzio sdegnato! Fino a quando finiscano.
Rieccoci con un’altra ricorrenza, desidererei solo sapere quando tutto ciò avrà fine, quando non ci sarà più bisogno di commemorazioni per ricordare questo o quello.
Utopia ?
Meglio chiamarlo “OTTIMISMO”, credo che, in fondo, si possa raggiungere questo obiettivo.
Un abbraccio a tutte le donne.