Cara Francesca,
ho pensato di scriverti questa mia lettera come se la scrivessi ad un’amica . Vedo già che a primo acchito , sei meravigliata, ma se imposto il mio racconto in una forma confidenziale, sono sicuro che verrà meglio. Non avrà lati oscuri ma la massima trasparenza, che senso avrebbe non comunicare con semplicità e chiarezza ?
Il titolo del mio articolo già dice tutto, potrebbe essere il seguito del racconto delle –Toppe- Se in quello , eravamo alla moda e non lo sapevamo, in questo siamo tutti ricchi e non si sapeva .
Nel nostro modo di vivere, gente dei monti avvezza al lavoro e alla fatica , come formiche si conservava tutto quanto la terra e le bestie ci davano.
Ecco che, nelle cantine riposava il vinello, di pochi gradi, ma genuino. Appiccate ai chiodi, innumerevoli pigne d’uva a seccare che poi , le mamme mettevano i chicchi sulle schiacciate.
Attaccate ai travicelli , scendevano salsicce e mortadelle. Nella pila di marmo, s’insaporivano quadrotti di lardo e le ossa del maiale fatte a pezzi, tanto buone da mettere nel minestrone. Lo strutto, conservato in barattoli di terracotta. Non ho più sentito quel sapore antico del minestrone delle nostre mamme .A volte, ma solo a volte, usando gli stessi ingredienti ci s’avvicina un po’.
Il Biroldo,si chiama in dialetto , ( il sanguinaccio ) fumante che usciva dal pentolone bollente e che si sbriciolava sul pane : che bontà !
E come non elencare le forme di formaggio pecorino in bella vista sulla tavola a seccare? Ogni tanto si giravano che asciugassero ben bene ,e il profumo avvolgeva la stanza.
Le pannocchie di granturco attaccate sotto la tettoia pronte per sgranare e poi , portate da bambine e bambini in piccoli sacchi bianchi al vecchio mulino ad acqua giù lungo il fiume.
In ogni famiglia c’era il cassone della farina dolce che durava tutto l’anno.
Le castagne secche più belle per cuocere nel latte o nell’acqua, in dialetto si chiamano “tùllore “.
Noi bambini, la farina dolce, si mangiava a tocchetti come se fosse cioccolato bianco. E in altrettante casse, al fresco della cantina, si conservavano le patate .
Trecce di cipolle e agli decoravano i muri delle povere case. Lo scalogno, oggi tanto decantato, le nostre nonne lo coltivavano da generazioni .
I fagioli secchi ,divisi per qualità e conservati in barattoli di vetro .
Il pane cotto nel grande forno che si conservava più di una settimana nella madia , col segno dei credenti inciso sulla “pancia “.
I gomitoli di lana di pecora che le nostre mamme lavoravano per farci maglioni e calzerotti. Lenzuola e coperte di canapa fatte sul telare che ancora si conservano gelosamente .
In un libro che conosco bene si legge che : la memoria si lega al cuore e i ricordi vanno donati .
Cara Franci, lo so che queste cose per te non sono una novità . Ma ripensando a tutto quanto, rivedendo frammenti di questo film mi viene proprio da dire che :
Eravamo ricchi e non lo sapevamo.
Giulio Salvatori. O se preferite –Il solito Maledetto Toscano –
21 gennaio ’16
Bello ricordare il passato Giulio, è vero “Eravamo ricchi e non lo sapevamo” o perlomeno non ci ponevamo il problema, eravamo ricchi del prodotto del nostro quotidiano lavoro e ci bastava. Era sufficiente la semplicità e ciò che avevamo ci dava la felicità del vivere. Oggi ci mancano tante cose che per quanto corriamo non riusciremo mai ad avere. Un saluto.
Grazie Gianna, le foto sono una sapiente ricerca di Francesca. Una…spolveratina ai ricordi .
Giulio, bello il tuo post, eravamo povere ma ricchi quante belle cose genuine,da potere mangiare ricordiamo molte cose con la genuinita’ e semplicita’eravamo sazi di tutto ma che bonta’tutte cose ma tenute conservate come l’oro e nulla andava sprecato, si gettava solo le buccie non mancava nulla ed eravamo felici con poco, Giulio queste foto riportano indietro nel tempo la gioventu’.grazie del tuo promemoria cose di un tempo ora e cambiato tutto e vediamo!,grazie di averci ricordato piatti davvero speciali! bello il video e grazie. un saluto.
Mi piace questo modo epistolare di comunicare.
Quindi, caro Giulio ti scrivo, così ti racconto un pò…
Parto dal fondo. Ebbene si, i tuoi ricordi possono essere anche i miei. Ma con qualche diversità, però fondamentale. Noi eravamo molto più poveri. Nelle mie rimembranze infantili non c’erano vinello in cantina, nè salsicce e mortadelle appese alle travi. Quelle le trovavi nella casa del padrone, dove mio papà e mio zio facevano da mezzadri, o salariati che dir si voglia. A noi toccavano i sanguinacci e lo strutto quando si ammazzava il maiale. E mamma, il pane lo metteva in tavola solo la domenica perchè la farina destinata alla nostra famiglia era poca, andando, ovviamente, quasi tutta al padrone.
Però c’era il mio papà che sapeva ingegnarsi meglio di Leonardo. Lui sapeva fare tutto, mia mamma diceva: saprebbe fare anche le scarpe alle mosche. E allora aveva costruito, con pezzi di legna di recupero, una insicura barchetta con la quale, di notte, navigando nei numerosi canali che circondavano il nostro territorio, catturava rane con una rudimentale fiocina (sempre da lui costruita) attirandole con la lampada a carburo. Polenta e rane, quello era il nostro cibo quotidiano.
Ma eravamo ricchi…!!!
Come dice giustamente Franco, ricchi di sentimento, di semplicità, di serenità.
Lorenzo e Franco , lo so che sembrano cose d’altri tempi, ma chi ha avuto questi insegnamenti, ha il dovere di trasmetterli .
Pochi giorni fa, durante le prove dell’orchestra, mi scusai per un gesto un po’ nervoso da parte mia… Rimasero meravigliati che mi fossi scusato, che non era il caso e, che il mio, era un comportamento di -Altri tempi-. Ebbene, a me va bene come sono:cioè d’altri tempi .L’abbandono della montagna, crea disastri noti a tutti. Questo è anche il messaggio nascosto che affiora fra le righe.
Grazie dei tuoi ricordi, Giulio, che apprezzo, come tu desideri, come doni. Nel ricordo, anzi nei ricordi, del passato, guardiamo sereni al futuro.
Caro Giulio penso che questa tua lettera se viene letta da uno nato dopo gli anni settanta (o anche prima),pensa che a scriverla sia stato un antico avo di carducciana o pascoliana memoria.
Eravamo ricchi di principi, di semplicità, di serenità, di genuinità, di tranquilla accettazione …ma tutto questo si perde nella fumosità della memoria e nella lontana nostalgia della fanciullezza.