Eccomi qua, sono Giulio Salvatori, quello che si definisce “il maledetto toscano”. Si, lo so, alla Franci non piace ch’io mi definisca così, ma adesso lei non c’è e voi non glielo direte. Purtroppo tocca a me l’ingrato compito di rompere il ghiaccio col primo post della nuova versione del blog, il BLOG DI TUTTI.
(Francesca) - E invece ci sono, credevi di liberarti di me caro toscano, vero? E invece no. Ora via su, fa’ i’-bbono che vò a presentà ‘l tu pezzo.
Cari amici si tratta di un racconto scritto da Giulio, in dialetto toscano col quale (lui non lo dice perché è modesto), ha vinto il Primo premio al Concorso Letterario Dialettale “Silvano Alessandrini” nell’Aprile 2015. E’ un’opera che rappresenta un vero spaccato di vita d’un tempo che, ormai, pare trascorso definitivamente. Seppur scritto in forma dialettale sono certa non ci sia alcuna necessità di traduzione (perderebbe il suo suggestivo fascino). E’ sicuramente di facile comprensione per tutti ma, in ogni caso, per qualsiasi necessità ci sarà sempre il “brontolone” di Giulio a tradurre e dare spiegazioni. E' una parlata della sua terra, la Versilia Storica, che va scomparendo e che lui cerca di mantenere viva. Questo è il suo intento che gli fa certamente onore!
Perciò, visto che ho già parlato troppo, bando alle ciance e….AVANTI TUTTA!!
‘Scolta bimbo ! Anco se te ‘n lo poi sapè , ti dico col core che le campane del nostro paese un’hano più ‘l sono d’una volta, sembrino tamburlani rovesciati giù per il viottero che porta ne’ Raggioni . Un rotolà continuo senza melodia , diceino i nonni che la latta è un ferro sordo , ‘n sona : ma le nostre campane èn di bronzo , ottone e c’è anco dell’ argento , per la miseria !
Così come l’hano regolate , sonino meglio i campanacci de le pecore : te lo dico io ! Quando la mandria passava nel paese c’erino de’ bronzini che t’arrivaino al cervello tant’erino ‘ntonati e argentini . Un ci credi ? Lo sò che un mi capisci .
Prima di mettè il campano ale bestie sai quante volte lo provaino : lo stringevino, l’allargavino, lo limaino, arrotondavino il battàgliéro , insomma ogni campano avea un sono diverso, servia per riconosce la pecora e il branco. Così aveino fatto i nostri vecchi con le campane perché le voleino ‘ntonate e che tutte e tre ‘nsieme fessino un bel sono : un accordo come ne la musica ‘nsomma .Le doveino sentì anco gli angeli !
T’ho fatto questo paragone per fatti capì che a sentì sonà il campanile così , ti ven la ciccia di gallina ; i nostri vecchi si rigirino nela tomba .
Oggi èn tutti per il moderno, come se le cose vecchie fussin tutte da tirà ala macea .Ma ciandate… all’acqua a Bendiloni !
Quando si facea il doppio’n terzo sentii le campane una a una : quela grossa, quela mezzana e la piccola : Dinnn , Donnn , Dannn , Dinnn , Donnn , Dannn .
Ora sembra di sentì un gregiolone :- Dilolon, dolilin, dalanin ,dlon dlion dalon … un baccano che anco i cani abbaglino. Eppò, prima di senti ‘l sono , t’arriva agli orecchi il rumore degli ‘ngranaggi come se sul campanile ci fussino de’ fabbri : - gron gran, gron gran, grond, don - . Ma ormai il danno è fatto. Caro prete , ti vò così tanto bene che andresti morto !
Quand’era la festa del Santo Patrono si durava una settimana a fa dei doppi.
Dentone mandava la campana grossa, Sambù tirava la campana mezzana e Secchina, a cavalcione sul finestrone a ventidu’ metri d’altezza , menava la campana piccola. Du’ ragazzi grandicelli , salivino su per l’ultima rampata de la scala di castagno per sistemassi sul grosso trave quasi al tietto del campanile. Di lassù, si vedeino i grossi bronzi girare su’ cardini tronfi di morca quasi a sfioracci la pancia , po’, a un fischio ch’era un segnale che tutti conosceimo , si tenevino ferme le campane sulla verticale. Lì ! Fermi ! Immobili ! Finchè Dentone urlava :-Mollaaaaa. E il sono ripigliava slanciato fino a rimbalzà nele Canale Lunghe per ritornà nel paese. Si sentia che Il campanile svettava come la cimaletta dun castagno quando tira la tramontana , ma per no’ ragazzi era una segata , un divertimento.
Il doppio ‘n terzo finia con l’assolo della campana grossa : tre sonate lunghe : Donn Donn Donn . Un breve scampanio della campana piccola , era il segnale che iniziava la Santa Messa.
S’avvolgeino le grosse corde su’ finestroni , un’aggiunta di grasso agli ingranaggi e si stringevino i buloni de’ battaglieri : di lassù vedei tutti i tietti del paese che si rincorreino e faceino il girotondo fino alle selve di castagni.
Si scendea dal campanile sudati, immorcati ma felici ; sulla piazza ci aspettavino gli anziani per facci i complimenti e dacci eventuali consigli per il doppio al pomeriggio.
Perchè , anco al pomeriggio sonavite ? - Essie bimbo ! Ala processione ! -
Quando il trono col Santo spuntava dala porte dela chiesa ,seguito da stendardi, cristi e lanternoni , co la banda che attaccava una marcia religiosa che scandia il passo e la processione s’allungava per le vie del paese, il sono del campanile l’accompagnava per tutto il percorso.
Cominciaino anche i colpi de’ mortaglietti, caricati e borrati con polvera nera da diversi giorni .Il fochino l’avea misi sterzati in modo che facessino come il tamburo dela banda : -Bon , bon, bon , bobobon, bon, bon , bon , bobobon , e po’ la gazzarra finale facea tremà anco le case ; ala fine , la beca, un mortaglietto di ghisa grosso come una stagnina , era l’ultimo e fortissimo botto che facea rintronà tutto ‘l paese .Calava il silenzio quando il frate predicatore salia sul tavolino , una specie di palchetto per salutà i parrocchiani .
Sul trono poggiato sulle capre di legno nel mezzo dela piazza , il Luigi Santo, alto e tristo come un uscio , co ‘na bracciata di gigli sul petto guardava i fedeli .
Affacciati ai finestroni del campanile si vedea la trina de le bandierine colorate che ricamavino festose le vie del borgo e scendeino a cascata dala facciata de la chiesa . S’ascoltava attenti la poderosa voce del religioso. En passati tanti anni ma ricordo ancòra il profondo e commosso discorso :
- Cari fedeliii , oggi è la festaaa , di San Luigi Gonzagaaaa , perché San Luigiiii -
Poi silenzio , il frate s’era bloccato e guardava verso il cielo come a cercà le parole. Il pubblico aspettava a bocca aperta, po’ il frate predicatore, tutto sbarufato col roccetto rimboccato fin sopre il gombito e la stola avvolta al collo ,allargò i bracci e gridò con tutta la voce che avea affinché tutti lo sentissino :
- Perché San Luigi poiiii , San Luigi poiiii , filofifiooo ! Filofifio !
Il poveromo finitte così con gli applausi dei fedeli .La Banda sono’ per l’ultima volta l‘inno nsieme alle voci tremanti del coro: riconosceo la voce dela Leò , del’Ofè , dela Palma, dela Cherù … tutte nsomma .Bimbe e bimbi, giravino fra le gente per vende gli ultimi sonetti.
Non ho mai capito che volesse fa capì con quel Filofifio , forse volea dì che San Luigi era un gran Santo ,il Santo de’ giovani , un Martire…, Ma di siguro il frate aveva mangiato troppi tordelli e trangugiato qualche bicchierotto di vino de le vigne di Valli , era ngolfato .
Sai , al nostro paese i tordelli eno grossi , le donne fano i cerchietti di pasta co un cazzarolino smanicato , per mangianne uno ci voglino tre boccate nell’ala e due nel buzzo che dè gonfio di ciccia . Si vede che un avea digerito .
Il doppio ‘n terzo continuò fino a buio : - Dinnn , Donnn, Dannn , Dinnn , Donnn, Dannn , Dinnn , Donnn, Dannn …-.
Hai capito bimbo ? Sono stato chiaro ? Ricorditele queste cose ! Questi ricordi eno pagine rimpiattate nell’anima . E se qualcuno un le racconta, sguviscino come la neve al sole e un ne rimane traccia. Fano parte dela Bibbia del tu’ paese , del nostro paese . Eno scritte con la semplicità de la nostra gente .
Giulio Salvatori
Il racconto è ambientato qui.
Basati
E questo è il bellissimo video confezionato dall'amica Lucia che ripercorre tutta la storia raccontata da Giulio. Ovviamente il magico sottofondo è opera del sax suonato sempre da Giulio.
P.S. - Pubblico, di seguito, la traduzione di alcuni termini usati nel racconto di Giulio.
-Viòttero – Sentiero
-Tamburlani – Recipienti piccoli o grandi di latta
-Raggioni - Località scoscesa
-Bronzini – Piccoli campanelli
-Macéa - Cumolo di sassi
-Battàgliéro – Pestello
-Gregiolone o Gregiola- Oggetto di legno incavo che veniva usato nel periodo che precede la Pasqua, quando “ legavano” le campane.
-Cimaletta- La parte più alta della pianta
-Filofifio – Termine ancora in uso delle persone anziane per dire tutto e nulla
- Sguviscino-Sguvire - Sciogliersi.
- Cazzarolino – Cazzeruola piccola . –
- Trangugiato – Inghiottito
- Mortaglietti – Mortaretti
- Borràti – Riempiti di polvere nera e tappati con forza con turaccioli, carta etc..
-Beca - Grosso mortaretto, il botto finale –
-Stàgnina – Contenitore per l’acqua di norma di zinco
-Rimpiattate – Nascoste .
- Roccetto – Rocchetto abito del prete di colore bianco .
Francescaaaaaaa, ma cosa vai a curiosare nelle pieghe della Versilia e spifferare tutto ? Ho voluto fare questa “Scampanellata” per ritrovare lo spirito della -processione-. Non m’importa il ruolo di primo attore.
Innanzitutto voglio esprimere le mie congratulazioni ed i miei complimenti a Giulio per aver vinto, con questo racconto, il primo premio al Concorso Letterario Dialettale “Silvano Alessandrini”. E poi, siccome sono curiosa, sono andata a cercare. E cerca che ti ricerca cosa ho scoperto? Che il signor Giulio Salvatori ha vinto il Primo Premio del medesimo concorso, anche quest’anno con un altro racconto inedito dialettale. Beh, è chiaro che noi tutti di Incontriamoci adesso lo pretendiamo. Al momento opportuno, ovviamente, ma stiamo già aspettando. Capito toscano?
Il suono delle campane sono delle melodie a secondo delle annunciazioni e dell’evento le stesse le possiamo paragonare ad un strumento musicale. Ricordo che al paese nativo sentivo i ritocchi anche ogni 15minuti, credo che ora non facciano più, ora dove risiedo si sentono solo alla Domenica e in certe occasioni e sempre comunque come diceva Francesca il tutto sincronizzato in CD,credo che questo sia dovuto perchè non ci sono più i famosi ” Sacrestani”.Il racconto è bello perchè descrive una storia antica in un dialetto simpatico.
Quando torno a Montefalco, il mio paese natio, la mattina, alle prime luci dell’alba, vengo svegliata dal suono argentino delle campane della Chiesa di San Leonardo, perché non ve l’ho mai detto, ma le finestre della mia casa sono di fronte al Convento delle Monache di Clausura, vicine e amiche di una vita.
Questo suono mi riporta indietro nel tempo della mia fanciullezza quando le campane parlavano, perché il loro suono era un vero linguaggio, una lingua comune che narrava le gioie e i dolori dell’intero paese, oltre a scandire l’esistenza e lo scorrere del tempo. Cosa stessero annunciando lo si poteva già intuire dal semplice suono, perché le campane rintoccavano in modo diverso a seconda delle circostanze e la combinazione dei diversi suoni esprimevano sentimenti differenti.
Durante la notte tacevano, solo l’orologio scandiva lo scorrere del tempo noncurante del fastidio che poteva recare agli insonni, il grande orologio della Torre rintoccava ogni quarto d’ora. Qualche volta, di notte, l’improvviso rintocco a martello annunciava un incendio in qualche casolare e richiamava tutti ad accorrere per spegnere il fuoco, la solidarietà era una virtù importante e sentita. Di giorno, un suono diverso, triste, lento, annunciava la morte di un concittadino e tutti erano partecipi del dolore della famiglia, si perché allora nessuno moriva solo.
In Paese tutti confidavano nelle campane e nel loro potere di difenderlo contro le intemperie, quando faceva brutto tempo e si avvicinava un temporale, tutte le campane si mettevano a suonare all’unisono, ad “Acquaria”, diceva il mio papà, per rompere l’aria e scacciare il temporale.
le campane le ho sentite suonare e tu non sai che piacere, Din DON DAN la pace è quà si hafatto molto bene ad aver iniziato il nuovo blog con un segno di pace, ne avevamo bisogno.
POi leggere il tuo toscano mi sembrava di leggere Dante solo che tu hai scritto solo il paradiso,
all’inferno ci abbiamo mandato Caronte e ben ci sta
grazie Giulio io ho sentito il suono delle campane dentro alle mie orecchie.
era una melodia che accompagnava il momento particolare che sto vivendo,
Mi sembrava di leggere Dante con quel italiano toscanato solo che si era fermato nel paradiso.
Che goduria !!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Giulio, è troppa bella questa musica il video , quelle piccole stradine da favola in mezzo al verde della natura, che dirti sei (fantastico) la tua musica fa sognare. Oggi in questo mondomolto diverso da ieri, il tuo dialetto e bello ma certe parole sono di una grande simpatia Toscana, Giulio, ritorna presto tra gli amici di Incontriamoci tutti,grazie. Un saluto
PS:Se trovate frasi etc che non capite, vi aiuterò.Brava Francesca, come sempre. Mi sento un po’ invadente, ma una scampanellata ci voleva .Grazie a tutti
Giulio ,si e molto bello il suono delle campane, si cerchiamo di capire è compreso molto piacevole il vostro dialetto Toscano,ricordo che da ragazzina andavo in chiesa ma ero incuriosita andava vedere mentre suonavano le campane. il campanaro cosi veniva definito mentre tirava la corda si alzava erano molto pesanti e vero si alternavano nel suonarle, dunque erano veri artisti ora e vietato il suono della campana al mattino presto sembra il rintocco di quando muore una persona, ma che tristezza, allora ritorniamo ai tempi che le campane suonavano sempre a festa i suoi rintocchi erano meravigliosi ora fermiamo pure la dolce melodia,nei suoi rintocchi contavamo le ore erano momenti di pace mentre entravamo in chiesa tutti composti era ed è un luogo sacro tutti in silenzio, per ascoltare il vangelo.erano anni felici della nostra giovinezza !
Anch’io ho ricordi lontani di campane che mi svegliavano la domenica mattina presto, col loro suono. E anch’io, come Edis e Franco, mi commuovo al pensiero di quei tempi lontani. Di bimba che, vestita in tutta fretta, correva a guardare il campanaro attaccarsi alle corde e salire su per poi scendere giù, risalire, ridiscendere.Da rimanerne incantati. Suoni melodiosi. Ora ho vicino una chiesa moderna, senza campanile. All’ora della Messa si pigia un bottone ed esce il suono delle campane registrato su cd. Perchè…??
Per un pò anche io sono stato lì a guardare “Luigi Santo co’na bracciata di gigli” passare sballonzolando tra i din i don e i dan.
Bravo Giulio , mi hai commosso ! Sei aiutato anche dall’unico dialetto italiano che può essere letto anche da un gallo/celtico quale sono io . Un brano di letteratura italiana del 19° secolo armonioso , ben scritto , dove il lettore entra a far parte dell’azione come certi turisti che arrivano alla festa di un Paese e si lasciano incantare dalla banda ,dai fuochi artificiali e dall’allegro scampanio.
Una sola domanda che è “ala macea” ?
Giulio Salvatori ci hai regalato un pezzo stupendo! Per fortuna che il dialetto toscano è comprensibile e gradevole! Io ho sempre amato il suon delle campane, perchè ,nella casa della mia infanzia, avevo, vicino, due chiese che si alternavano nel suonarle.I campanari, una volta, erano veri artisti , capaci di ” giocare” con i loro strumenti e cimentarsi tra di loro.Penso che anche il materiale usato allora fosse diverso e più adatto. Spesso ultimamente ho letto che, in alcuni paesi,molte persone chiedono di far tacere le campane in determinate ore! Che vergogna!! Ora torno a rileggere il tuo scritto e ti ringrazio perchè mi hai ricordato momenti felici della mia giovinezza!
Francescaaaaaaa, ma cosa vai a curiosare nelle pieghe della Versilia e spifferare tutto ? Ho voluto fare questa “Scampanellata” per ritrovare lo spirito della -processione-. Non m’importa il ruolo di primo attore.
Innanzitutto voglio esprimere le mie congratulazioni ed i miei complimenti a Giulio per aver vinto, con questo racconto, il primo premio al Concorso Letterario Dialettale “Silvano Alessandrini”. E poi, siccome sono curiosa, sono andata a cercare. E cerca che ti ricerca cosa ho scoperto? Che il signor Giulio Salvatori ha vinto il Primo Premio del medesimo concorso, anche quest’anno con un altro racconto inedito dialettale. Beh, è chiaro che noi tutti di Incontriamoci adesso lo pretendiamo. Al momento opportuno, ovviamente, ma stiamo già aspettando. Capito toscano?
Il suono delle campane sono delle melodie a secondo delle annunciazioni e dell’evento le stesse le possiamo paragonare ad un strumento musicale. Ricordo che al paese nativo sentivo i ritocchi anche ogni 15minuti, credo che ora non facciano più, ora dove risiedo si sentono solo alla Domenica e in certe occasioni e sempre comunque come diceva Francesca il tutto sincronizzato in CD,credo che questo sia dovuto perchè non ci sono più i famosi ” Sacrestani”.Il racconto è bello perchè descrive una storia antica in un dialetto simpatico.
Quando torno a Montefalco, il mio paese natio, la mattina, alle prime luci dell’alba, vengo svegliata dal suono argentino delle campane della Chiesa di San Leonardo, perché non ve l’ho mai detto, ma le finestre della mia casa sono di fronte al Convento delle Monache di Clausura, vicine e amiche di una vita.
Questo suono mi riporta indietro nel tempo della mia fanciullezza quando le campane parlavano, perché il loro suono era un vero linguaggio, una lingua comune che narrava le gioie e i dolori dell’intero paese, oltre a scandire l’esistenza e lo scorrere del tempo. Cosa stessero annunciando lo si poteva già intuire dal semplice suono, perché le campane rintoccavano in modo diverso a seconda delle circostanze e la combinazione dei diversi suoni esprimevano sentimenti differenti.
Durante la notte tacevano, solo l’orologio scandiva lo scorrere del tempo noncurante del fastidio che poteva recare agli insonni, il grande orologio della Torre rintoccava ogni quarto d’ora. Qualche volta, di notte, l’improvviso rintocco a martello annunciava un incendio in qualche casolare e richiamava tutti ad accorrere per spegnere il fuoco, la solidarietà era una virtù importante e sentita. Di giorno, un suono diverso, triste, lento, annunciava la morte di un concittadino e tutti erano partecipi del dolore della famiglia, si perché allora nessuno moriva solo.
In Paese tutti confidavano nelle campane e nel loro potere di difenderlo contro le intemperie, quando faceva brutto tempo e si avvicinava un temporale, tutte le campane si mettevano a suonare all’unisono, ad “Acquaria”, diceva il mio papà, per rompere l’aria e scacciare il temporale.
le campane le ho sentite suonare e tu non sai che piacere, Din DON DAN la pace è quà si hafatto molto bene ad aver iniziato il nuovo blog con un segno di pace, ne avevamo bisogno.
POi leggere il tuo toscano mi sembrava di leggere Dante solo che tu hai scritto solo il paradiso,
all’inferno ci abbiamo mandato Caronte e ben ci sta
grazie Giulio io ho sentito il suono delle campane dentro alle mie orecchie.
era una melodia che accompagnava il momento particolare che sto vivendo,
Mi sembrava di leggere Dante con quel italiano toscanato solo che si era fermato nel paradiso.
Che goduria !!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Giulio, è troppa bella questa musica il video , quelle piccole stradine da favola in mezzo al verde della natura, che dirti sei (fantastico) la tua musica fa sognare. Oggi in questo mondomolto diverso da ieri, il tuo dialetto e bello ma certe parole sono di una grande simpatia Toscana, Giulio, ritorna presto tra gli amici di Incontriamoci tutti,grazie. Un saluto
Vi prego di correggere il pasticciato “come”.
Delizioso come sempre, Giulio, dialetto o non dialetto. E poi, il versiliese, che dialetto è? Vi abbraccio tutti con affetto.
PS:Se trovate frasi etc che non capite, vi aiuterò.Brava Francesca, come sempre. Mi sento un po’ invadente, ma una scampanellata ci voleva .Grazie a tutti
La “macèa ” è un cumulo di sassi, piccoli o grossi, che si formava man mano raccogliendo i sassi dal campo.
Pensando alle campane e ai dialetti …guarda che cosa mi viene in mente …verbi latini. Per impararli alla sonorità delle campane si diceva:
dic…duc…fac…fer… mis’a man al so cultèl e san’era… eo… is …al mazèva fio …fis.
dic…duc…fac…der …mise mano al suo coltello e se non era… eo…is…ammazzava… fio …fis.
Quanta nostalgia !!!!!!
Giulio ,si e molto bello il suono delle campane, si cerchiamo di capire è compreso molto piacevole il vostro dialetto Toscano,ricordo che da ragazzina andavo in chiesa ma ero incuriosita andava vedere mentre suonavano le campane. il campanaro cosi veniva definito mentre tirava la corda si alzava erano molto pesanti e vero si alternavano nel suonarle, dunque erano veri artisti ora e vietato il suono della campana al mattino presto sembra il rintocco di quando muore una persona, ma che tristezza, allora ritorniamo ai tempi che le campane suonavano sempre a festa i suoi rintocchi erano meravigliosi ora fermiamo pure la dolce melodia,nei suoi rintocchi contavamo le ore erano momenti di pace mentre entravamo in chiesa tutti composti era ed è un luogo sacro tutti in silenzio, per ascoltare il vangelo.erano anni felici della nostra giovinezza !
Anch’io ho ricordi lontani di campane che mi svegliavano la domenica mattina presto, col loro suono. E anch’io, come Edis e Franco, mi commuovo al pensiero di quei tempi lontani. Di bimba che, vestita in tutta fretta, correva a guardare il campanaro attaccarsi alle corde e salire su per poi scendere giù, risalire, ridiscendere.Da rimanerne incantati. Suoni melodiosi. Ora ho vicino una chiesa moderna, senza campanile. All’ora della Messa si pigia un bottone ed esce il suono delle campane registrato su cd. Perchè…??
Per un pò anche io sono stato lì a guardare “Luigi Santo co’na bracciata di gigli” passare sballonzolando tra i din i don e i dan.
Bravo Giulio , mi hai commosso ! Sei aiutato anche dall’unico dialetto italiano che può essere letto anche da un gallo/celtico quale sono io . Un brano di letteratura italiana del 19° secolo armonioso , ben scritto , dove il lettore entra a far parte dell’azione come certi turisti che arrivano alla festa di un Paese e si lasciano incantare dalla banda ,dai fuochi artificiali e dall’allegro scampanio.
Una sola domanda che è “ala macea” ?
Giulio Salvatori ci hai regalato un pezzo stupendo! Per fortuna che il dialetto toscano è comprensibile e gradevole! Io ho sempre amato il suon delle campane, perchè ,nella casa della mia infanzia, avevo, vicino, due chiese che si alternavano nel suonarle.I campanari, una volta, erano veri artisti , capaci di ” giocare” con i loro strumenti e cimentarsi tra di loro.Penso che anche il materiale usato allora fosse diverso e più adatto. Spesso ultimamente ho letto che, in alcuni paesi,molte persone chiedono di far tacere le campane in determinate ore! Che vergogna!! Ora torno a rileggere il tuo scritto e ti ringrazio perchè mi hai ricordato momenti felici della mia giovinezza!