Il sole riscalda la Versilia, le Apuane s’innalzano verso il cielo terso, azzurro, pulito, eppure, un tuono fa tremare le case vicino alle cave. Un proverbio ci ricorda che -Le brutte notizie camminano in fretta- Le sirene dei laboratori suonavano l’ora del pasto e, la notizia arrivò tremenda: la cava , ancora una volta, ha voluto la sua preda: un giovane cavatore. Il deposito della dinamite è saltato in aria con il corpo dell’amico Carlo. Le cause? Non si sapranno mai. Quella capanna, serviva per la pausa pasto e riscaldare qualcosa sulla forgia del fabbro.
Il giorno del funerale parlando con un prete gli chiesi:- Ma se c’è un Dio, come può permettere queste cose ?- Con voce calma mi rispose:- Se uno di noi va in giardino, coglie il fiore più bello e lo porta in casa, lo mette in un vaso e la stanza appare più bella. Così Dio, ha fatto con Carlo, l’ha raccolto da questa vita terrena e la sua anima, ora, è nel giardino del cielo-
Non accettavo questa risposta e mi allontanai dal sacerdote, arrabbiato. Ma cosa poteva dirmi?
Io e Carlo, eravamo cresciuti insieme ed entrambi figli di cavatori. Lui prese la via della cava, io quella del laboratorio. Mio padre disse che: - C’era già lui a rischiare la pelle fra i blocchi di marmo, e uno in famiglia bastava-
La domenica era l’unico giorno che si poteva parlare e andare a ballare o al mare. Ma il suo fisico era curvo e stanco. Non era il ragazzo brillante di una volta pieno di energia. Eravamo inseparabili.
Nei giorni a seguire, non avevo il coraggio di incontrare il babbo di Carlo, sapeva dell’amicizia fra me e suo figlio. Quando lo vedevo in lontananza, cambiavo direzione. Ma il paese è piccolo e un giorno l’incontro fu inevitabile. Rimasi davanti a lui fermo, immobile e muto. Un nodo alla gola mi impediva di dire qualunque cosa.
Non ricordo quanto rimasi così e non fui capace di arrestare le lacrime. Serrai forte gli occhi liberandoli dalle lacrime. Quando li riaprii, sentii alle mie spalle i passi di lui che si allontanavano. Una voce rassegnata e tremolante, spezzata dal dolore vibrò nell’aria come una preghiera.
Mi diceva :- E’ inutile piangere, si vede che il Signore ha voluto cosi-
Giulio Salvatori
Francesca ha già risposto anche per me, vorrei aggiungere però che un “dubbioso” o agnostico che dir si voglia , non è un tormentato , non vive male, gli “aggrappi” li ha in se stesso e in coloro che gli sono vicini , è solo uno che si chiede il perchè delle cose e che non sente il bisogno di una “fede” consolatoria , che dovrebbe compensarlo di tutte le tragedie e i dolori che esistono al mondo. E’ semplicemente uno che crede nella vita e per questo la vive intensamente , cercando di conoscerla più che può e di amare , perchè è in vita che si ama con la mente (cervello) e con il corpo , e a quanto mi risulta , di vite corporali ne esiste una sola . Poi …per il “dopo” c’è la fede ,. che come già detto altre volte non è una medicina da prendere o una contitio indispensabile . Lì entra l’agnostico che non sa , guarda , ragiona , pensa, spera di capire, e vive come tutte le cose che lo circondano in letizia.
Mi trovo d’accordo con le parole di Giulio, in fondo siamo tutti un po’ come San Tommaso e quindi tutti un po’ agnostici, chi più, chi meno. Nel Vangelo di Giovanni, in risposta alla incredulità di Tommaso, vengono riportate le parole del Cristo: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Anticamente si è sempre pensato che scienza e fede fossero contrapposti, mentre gli approfondimenti di recenti studi hanno dimostrato che ci sono molti punti d’incontro e dove c’è la scienza non è escluso che possa esserci la fede. Personalmente sono favorevole per una fede ragionata, quindi anche dalla parte di Franco. Va bene così? Di più non so e quindi mi fermo. Un saluto per tutti.
Cara Francesca, la fede la dà il Signore e la ragione, di cui tanto ci vantiamo, è umana. Di essa non abbiamo da inorgoglirci. Questa è la semplice discriminante. La fede la dà Dio, però: può esserci e non esserci. E, naturalmente, non possiamo inorgoglirci neppure di lei.
Non calchiamo il dito sulla fede, ma ritorniamo al lavoro della cava. Quella mano nella foto, sembra voler dire:-Basta alla distruzione delle Apuane- Di questo passo, fra 10 anni cosa rimarrà? Si inquineranno certamente le sorgenti…sarà troppo tardi.
L’agnostico è anche colui che dubita, che si astiene dal giudicare e dal prendere posizione perchè non ha abbastanza elementi per farlo. E allora io domando: su cosa si basa la Fede? Mi risulta che sia una volontà di credere senza vedere, senza avere elementi certi che possano dimostrare che ciò in cui si crede, esiste veramente. Si crede a scatola chiusa, o no? D’accordo, esistono le scritture e tutto ciò che ci è stato raccontato. Ma qualcuno dice che LA FEDE è la negazione della ragione. E qui mi fermo perchè stiamo uscendo dal seminato. Comunque grazie a chi vorrà darmi una risposta.
Avevo uno zio sacerdote e spesso si litigava un po’ come nel film di Don Camillo e Peppone…quando non sapeva più cosa dire, si rifugiava nella parola fede. Già. -La Fede- , e chi non ce l’ha? Sicuramente vive male perchè non ha nessuno appiglio e scivola nella rabbia e nella disperazione.
Nell’ultima frase del commento di Franco e in quella di Francesca è contenuto il senso della percezione del credere o non credere. Mia nonna diceva: “Aiutati che Dio ti aiuta”… e anche questa frase ha il suo senso pratico.
Scusate la mia inadeguatezza, ignoranza e scarsa comprensione, vado a leggere nel dizionario la parola ‘agnostico’, dovrebbe significare, indifferente, astenuto, neutrale, ma te non sei affatto così Franco, te la prendi e ti dai tanto da fare… non è che in fondo, anche te credi in un Essere Superiore e… forse è solo che non vuoi ammetterlo. Ok così, ciao.
Provo a dare la mia interpretazione personale al post di Giulio. Credo che il fine non fosse se credere o non credere, se avere fede per superare una tragedia o arrabbiarsi contro entità invisibili e aleatorie. No, è tutto, invece, molto più semplice. E come dice Giulio, quando non si trovano motivi validi e giustificazioni alle tragedie umane si usa una frase che per alcuni vuol dir tutto, per altri vuol dir nulla, ma per tutti è liberatoria della rabbia, dell’angoscia, dell’ansia. E qui mi fermo perché si cade sull’ingestibile, sull’incomprensibile, sul soprannaturale contro il quale l’uomo, credente o no, nulla può.
Esco dal tema dato che sono incantato del viso della fede con l’ammissione che la volontà di Dio possa non arrivare…per scelta di Dio Stesso ? O per l’impossibilità di farlo ? Poi con la stessa fede si capisce che non si può fare altro che superare il dolore con le proprie forze …con l’aiuto di un Dio che può…o non vuole intervenire ?
Scusa Giuseppe se mi inoltro in questi discorsi complicati , ma un agnostico cerca sempre la scintilla che lo possa far credere e quando si vede scivolare ancor più verso i suoi dubbi si rattrista (certo non si arrabbia !) . Questo Dio che c’è e non c’è , che “guarda” immanente senza poter essere afferrato se non nella speranza e nella materna richiesta d’aiuto .
Dio consolatorio per chi vuol esser consolato, Dio amore per chi vuole amare o essere amato , forse è questa la chiave di lettura , che in fondo si arriccia tutta sulla nostra volontà individuale , sulle nostre esigenze che necessariamente estroflettiamo per averne riscontro.
Beati coloro che credono ……..
Caro Giulio comprendo il dolore per la perdita di una vita umana nel pieno del suo vigore, è una cosa che la logica umana non può accettare. Nella mia vita per otto anni ho lavorato in una impresa che gestiva tra l’altro due cave di pietra, calcare e basaltica, destinata alla costruzione di strade ed edifici. In quegli anni ho assistito a due tragedie per infortuni sul lavoro: un padre di famiglia con quattro figli e un giovane appena 20nne che ha perso la vita per un errore del fratello maggiore con il quale non si erano capiti sulla cosa che stavano facendo insieme in quel momento. Ancora oggi, a distanza di sessant’anni, mi domando come ha trascorso la vita quest’uomo con questo immane rimorso e che, nella disperazione del momento si domandava come poteva rientrare a casa e raccontare alla madre quanto era accaduto.
Sono momenti nei quali, più di ogni altra cosa, si ha bisogno di trovare la rassegnazione con l’aiuto del Dio supremo.
Il confine tra il credere e non credere è una linea sottilissima: chi non sa superarla si arrabbia e non ha soluzione, chi ha fede è consapevole che dove non può arrivare la volontà di Dio deve trovare il conforto e la speranza nelle capacità dell’Uomo di superare sé stesso con l’aiuto di quel Dio nel quale crede.
La conclusione del tuo racconto ha dato ampia dimostrazione di questa necessità dell’essere umano. Grazie.
leggere queste cose mi fanno male al cuore, perchè a morire è sempre un operario carne da macello, giovane già curvo per le grabde fatiche, e non credo che il buon Dio ha voluto così, li è mancanza di protezzione di accortezzadei mezzi di sicurezza, il padrone se ne sta in ufficcio di certo lui non ci rimette la pelle ma il cavatore si.
Poimi vengono a fare la paternale cavoli tirano fuori i soldi per la prevenzione.
Questi erano i giovani del passato dove la vita dicono era in mano di Dio io aggiungo anche dell’uomo di buon senso, ma come al solito DIO lo vendono e lo comprano come fa comodo loro.
E le chiese son botteghe
Li preti son mercanti
Vendono madonne e santi
e a noi ce credono vecchi poveri e ignoranti
vecchi poveri e ignoranti
è davvero triste e insensato morire x il lavoro: ma purtroppo anche questa è la vita inutile xhiedere ad un parroco xkè succedono anche queste cose pure lui dentro di sè non saprà darsi una risposta ma dalla sua bocca usciranno sempre le stesse parole La vita è bella ma sa essere anche tanto crudele
Caro Giulio “Un genitore spezzato dal dolore è certo che dirà così” come tante altre frasi fataliste e lenitive che possono far sopportare una vita che perde il senso. Ho voluto avvalorare tutti i tuoi sentimenti di ripulsa verso facili conclusioni catechistiche. La natura è così crudele , cieca ,non guarda dove con la sua forza può colpire . Uno tsunami che può uccidere in un sol colpo centinaia di migliaia di persone , non pensa se erano bambini, giovani , vecchi , alberi grandi o virgulti appena nati . E se il blocco di marmo si stacca e cade non guarda chi c’è di sotto . Siamo in un mondo precario dove il caso (che chiamiamo fortuna o sfortuna) , regna incontrastato…per noi che pensiamo e amiamo in certi casi resta solo il dolore.
Un padre sconvolto dal dolore per la perdita di un figlio dice quello che gli passa in quel momento nella testa,non si pone tante riflessioni.I preti hanno la loro filosofia che, non ho mai condiviso
Giulio, il tuo commento è molto triste la tradedia vi ha colpito tutti, Ma il Signore non vuole che la gente muoia di incidenti, oppure di malattie.di tragedidie come questa di Carlo,lo chiamerei destino crudele, Un bravo cavatore delle Apuane,è vero non e facile dare parole di speranza, Giulio con il tuo racconto lo hai fatto rivivere , anche per noi tutti che lo stiamo leggendo, questa è una certezza.Coraggio pensalo in vita, ma la speranza è ormai passata.Vi siamo vicini in questo tremendo dolore.Carlo ora riposera’tra gli angeli.Un saluto Giulio,siamo vicini a voi tutti, con immenso dolore.Ciaoo
Quando sento che …”il Signore ha voluto così “, mi arrabbio , lo dico senceramente.
Il Signore ha voluto che ogno tre minuti un bambino nel mondo muoia di fame ? Che un giovane si ammali di cancro e dopo mille sofferenze muoia ? che accetti guerre e stermini fatti a suo nome ( o come lo chiamano altri popoli )?
I fiori non sono nati per essere raccolti (infatti raccogliendoli si uccidono) e per abbellire una casa , dillo caro Giulio al prete . E’ difficile davanti a tali tragedie dire parole di speranza, una cosa è certa con il tuo raccolto lo hai fatto rivivere anche con noi che lo leggiamo , questa è una certezza.
Mi dispiace molto Giulio. E’ come se Carlo fosse anche per me un amico caro, un fratello. E la speranza che il Buon Dio lo abbia, attraverso il mortale incidente, portato in cielo con sé rasserena un po’. Io ci credo. Ti abbraccio forte e prego per Carlo, il cavatore delle Apuane.