Entro al supermercato, procedura di rito: termoscanner, disinfezione delle mani e della parte del carrello dove le appoggio. Ovviamente mascherina FFP2, quella che nulla fa passare, neanche vedere chi ti sta intorno. Ma non devo guardare chi circola intorno a me, anzi devo mantenere le distanze. Li evito. Ed evito anche mia figlia. “Ciao mamma”, un colpo al cuore. Come ho potuto non vederla, non riconoscerla? L’ho mantenuta a distanza, come tutti gli altri. L’istinto è stato quello di abbracciarla, come da sempre si fa tra di noi, anche più volte al giorno se capita. Ma no, invece devo frenarmi e guardarla da lontano…la distanza, la stramaledetta distanza. Ci guardiamo negli occhi, l’unica parte libera del nostro volto. Si riempiono di lacrime, trattenute da troppo tempo. E lì’, tra gli scaffali della frutta e della verdura, ci diciamo in silenzio “Ti voglio bene, mi manchi, mi mancate tu, i bimbi, tuo fratello”. Ci voltiamo e, come due estranee, ce ne andiamo ciascuna per proprio conto.
L’enorme vuoto rimbomba nel cuore, nella mente come crudele spazio incolmabile.
C’è un momento, quando arriva un’epidemia come quella che ci sta coinvolgendo, in cui si prende coscienza di quello che sta accadendo. Ecco, credo di aver realizzato, in quel momento, la portata di quel gigantesco, infido e spaventoso nemico che ci stava infliggendo tutto il male, fisico e psichico. Mai avrei immaginato che in poco tempo, questo virus avrebbe sconvolto il mondo intero, sconvolgendo la mia vita e quella individuale di ciascuno.
Cambiamento radicale.
In quei momenti la speranza, la voglia e il folle desiderio di credere che tutto finirà presto, svaniscono come neve al sole. Crollano la fiducia, l’ottimismo tenuto in piedi a fatica, le aspettative, i sogni, tutto appare come miraggio di chimeriche illusioni. Mai come allora quell “Andrà tutto bene” che penzolava da ogni balcone, mi sembrava una beffa.
Trascorrevo giornate intere a leggere. Leggevo di tutto, leggevo come se non ci fosse un domani, non potevo smettere, aspettando con ansia che arrivasse l’orario della videochiamata con i miei figli e nipoti. Ogni tanto qualche telefonata agli amici, ma a lungo andare diventavano pseudo dialoghi intrisi di malinconia e tristezza, disillusione e abbattimenti al morale per tutto quello che di brutto stava succedendo. Avevo, però, ancora troppo tempo per pensare. Il più delle volte pensavo in negativo, alla mia vita che si era bloccata pur continuando il tempo a scorrere. Ma mi sforzavo di pensare anche al positivo, lo facevo soprattutto per i miei figli e per quei piccoletti che non capivano perché all’improvviso tutto era cambiato, non si andava più a scuola né all’asilo, non si incontravano più gli amici, si doveva restare in casa. Niente bicicletta, niente pallone, niente nonni.
Le giornate scorrevano più o meno tutte uguali. Leggevo, pulivo casa, ascoltavo la Tv, le consuete dirette serali del nostro Sindaco, tutti raccomandavano di stare in casa, uscire solo per necessità. Ho incominciato ad uscire, solo per fare la spesa, ogni 8-10 giorni. Mi mettevo le scarpe da ginnastica e camminavo facendo chilometri in casa,tra una stanza e l’altra, con il contapassi in mano.
Dopo circa un mese dall’inizio del lockdown ho trovato il coraggio di uscire verso sera a fare una breve passeggiata intorno al quartiere, solitamente durante l’orario di cena così da non incontrare persone. Se capitava cambiavo marciapiede. Le strade erano deserte, una desolazione impressionante, mai vista prima. Però mi sembrava di rivivere, respirando l’aria di fuori! E poi le macchie colorate dei primi fiori che sbocciavano, il giallo della forsizia, il viola delle magnolie, le violette e le primule nei giardini. Ma come avevo potuto dare per scontato tutto ciò che vedevo e ammiravo forse per la prima volta?
Non sapevo molte cose, in quei giorni di Marzo di un anno fa, avevo tanta rabbia per tutto il male, per tutto il dolore. Oggi so qualcosa di più, anche su questo spietato e incredibile passaggio che la vita mi ha insegnato.
Per fortuna questo succedeva un anno fa. Dico, per fortuna, non perché sia finita ma perché oggi abbiamo il vaccino ed in lui ripongo tutte le speranze che avevo perso strada facendo. Non sarà facile ma voglio credere che, tra i vivi e i morti, qualcosa di bello sia ancora sopravvissuto.--------------------------------------------
Francesca
Caro Giulio, ho piena fiducia nella medicina, nella scienza e nella ricerca. Come dici tu? AVANTI TUTTA, SEMPRE!!!!
Ringrazio di vero cuore LORENZO, GIANLUIGI e CARLINA. Si, voglio credere che alla fine “Andrà tutto bene”.
Buona giornata.
Caro Franco, voglio crederti e, al di là di alcuni momenti di sconforto come penso succeda a tutti, guardo al futuro con animo positivo. Purtroppo, nel frattempo, il tempo passa e passa anche la vita. Grazie!
E’ ovvio che non si possono chiudere gli occhi di fronte alle morti giornaliere. Non si può “abbassare la guardia” come coloro che non vedono e non sentono.Non ce la faccio a seguire le Teste Vuote che gridano: Apriamo tutto senza regole. Voglio far parte di quelle persone mature che hanno fiducia e sperano che finisca questa tragedia.E se ora i sentimenti sono imbrigliati, i nostri occhi parlano da soli. Muoviamoci nel segno dell’ottimismo. Vai Francesca, uniamoci al coro delle persone che hanno fiducia nella medicina. Avanti Tutta
hai scritto perfettamente il tuo stato d’animo e concordo, x 3\4 delle persone è simile al tuo, l’altro quarto sono in no vax- no virus- comunque nonostante sia già passato un anno e le cose attuali sono quelle che si vedono e nonostante i vaccini noi vogliamo ancora dire “andrà tutto bene” con l’arcobaleno
Grazie, Francesca, di averci voluto regalare questa tua avventura al mercato. Bellissima.
Bello questo spaccato di vita attuale dove questa pandemia ha stravolto veramente tutti i modelli di vita che fino ad un anno fa non avremmo pensato di doverci adeguare,brava Francesca i tuoi scritti si leggono sempre volentieri sono reali e ti fanno sentire uno degli interpreti,e la cosa bella e’ che non metti quei finali dove chi legge si sente obbligato a dire ma come e’ bravo questo.
Cara Francesca non so se la mascherina, la disinfezione delle mani, le distanze siano ormai diventate un modo di vivere, un automatismo, certo è che dall’anno scorso è cambiata solo l’abitudine che fa apparire quello che hai descritto come “normale”.Sono completamente vaccinato e mi sembra di avere una specie di corazza protettiva, nulla mi può far più male, è ovviamente una sorta di consolazione perché i pericoli non sono scomparsi.Penso sempre all’estate, alla montagna come una specie di terra promessa, dove si lascierà tutto questo dietro le spalle. Come posso essere pessimista con due pronipoti così piccoli, devo essere ottimista per loro. Vedrai che tutto finirà, che ritorneremo a guardare all’esterno non come un luogo di pericolo ma come la vita, quella degna di essere vissuta.