Le donne al sabato, con lunghe tavole di castagno sulla testa, si recavano ai vari forni per cuocere il pane, erano tanti i forni: quello della Leò, di Baffino, di Giovà, di Gedeone. (...) rivedere la bocca infuocata del forno e avvicinarsi fino a sentirti bruciare il viso, mi dava un senso di gioia e il grido di mi Ma' che mi diceva: attento bimbo, ti strini. Poi, da bravi, insieme ad altri amiche e amici, si aspettava la cottura. Quei panoni grandi con il segno dei credenti sulla pancia lievitata, venivano adagiati sulle piastre del forno e piano piano, prendevano colore e il profumo del pane si spandeva fra le mura del piccolo paese. Era una festa. Anche perchè, il pane veniva fatto una volta alla settimana e si conservava nelle profonde madie. A noi ragazzini, impazienti, ci davano i colombini. Lunghi filoncini croccanti e saporiti. Era poi la volta delle focacce: "la stacciata col sale", e arrivavano anche gli uomini con i fiaschi del vino. La Palma col fazzoletto a chiurla, controllava tutto e tutti. S'improvvisava una lunga tavolata di donne, uomini, bambine e bambini. Gli uomini innalzavano i bicchieri verso l'alto in segno di ringraziamento e riconoscenza.. Il marito della padrona di casa, detto Concone, si alzava con il bicchiere in mano e cominciava a cantare, gli altri lo seguivano.
Poi rivolto ai ragazzi gridava : Allegriaaaa. La Palma ha aggiunto un piccolo tavolo e, il marito ritorna con altri fiaschi di vino.
Ricordi che non puoi dimenticare. Che il pensiero giunga anche Lassù .
Giulio Salvatori
Gugli, Lorenzo e Tute e Tutti. I ricordi sono il companatico della vita, dove si attinge in continuazione. Grazie
Grazie a Giulio Salvatori per il Suo PROFUMO DEL PANE. Ricordi di bambino, che mi è tanto piaciuto ed ho tanto apprezzato. Grazie Giulio.
Un ricordo silenzioso, ci prende per la mano. La nonna taglia una fetta di pane, poche gocce di olio, la merenda è pronta, fra le pentole che brontolano sopra il fornello, sul tavolo la spesa, l’uova, il pane, la farina, le verdure. Sopra una sedia, il micio che guarda silenzioso. Ricordi di un tempo che non c’è più. Gu.
A Nonna Zaira.
Gabriella e Carlina. Alla mia tenera età, ci si commuove con facilità ( ci fa anche rima). Mi diceva un dr, eccellente pianista, che bisogna tenere la testa impegnata in qualunque cosa: scrivere, la musica, la pittura, ecc. insomma, partecipare al sociale. E’ quello che cerco di fare per tenere il motore in movimento.Se poi, quello che riesco a fare può far bene al Sociale, tanto meglio. Credo che quello sia il premio più grande. Grazie ancora.
bello il tuo racconto Giulio- dove hai raccolto tutti i ricordi di tempi ormai lontani, che, meno male, rimangono sempre nella testolina- il profumo del pane io lo “ascoltavo” camminando lungo le strade, ma era una sensazione di felicità – un saluto e tanti auguri
Giulio hai scritto un bellissimo racconto, ma io sebbene abbia pensato tanto, non ricordo i forni del pane. Non ho pensato alla casa dei miei genitori che era piccola, ma alla casa della nonna, era un casermone, con la cucina enorme. Aveva negli anni 50 un focolare scuro dove poteva cuocere la polenta dentro il paiuolo, e altri due posti per il resto. sotto c’era il forno ma era il classico, solo più grande. Qindici anni dopo circa lo ha cambiato con uno bianco ma sempre uguale. Nel paese c’erano due panifici, forse non aveva tempo per fare il pane e lo comprava, devo dire che povera nonna oltre a dar da mangiare a tutti i figli e lavorare un pò la campagna, lavorava all’ufficio postale. Per ora un grande abbraccio ciao
Ringrazio Voi. Francesca e Giuseppe. Ovvio che fanno piacere gli apprezzamenti. Quello che mi amareggia è che quando mi invitano in qualche classe, vedo i ragazzi che ti ascoltano come se la cosa non li riguardasse. Un “Mondo” lontano per loro che li sfiora appena. Non tutti ovvio, però, ho questa sensazione. Mi gratifica il fatto che gli scritti rimangono.Comunque è proprio vero che: Tutto il mondo è paese.Grazie ancora .
Giulio hai fatto ritornare alla mia mente le emozioni vissute da ragazzino quando si faceva il pane in casa. Quasi ogni casa aveva il forno per le necessità di famiglia e tra queste era tradizione, una volta la settimana fare l’impasto della farina con il lievito madre, lasciarlo lievitare, poi fare il pane. Intanto si preparava il forno bruciando le fascine di legna e quando era bello caldo, si ripuliva per infornare le varie forme del pane tra cui “su civraxiu”, appunto i panoni che duravano senza indurursi per tutta una settimana. Ma c’erano pure “is coccoeddus” piccoli pani di pasta dura sui quali le donne ponevano sopra un uovo prima della cottura e ci venivano consegnati appena sfornati, se eravamo stati buoni durante la fase di lavoro. Per noi bambini, il giorno era una vera festa.
Bei ricordi di cose che non esistono più, grazie!
Caro Giulio, oltre ad essere un eccellente sassofonista, tu sei anche uomo di grande cultura. Dentro di te coltivi passioni e capacità.M’incanto a leggerti mentre racconti storie della tradizione.
Quanti dettagli, nomi, date, emergono dai tuoi racconti! Conquisti tutti con la tua enfasi, sai coinvolgerci in una condivisione collettiva.
Grazie Giulio per questi “pezzi d’autore” tratti dalla tua Biblioteca Vivente.