Ecco un altro articolo pubblicato qualche settimana fa sul quotidiano "L'Avvenire" e suggerito da Lieta.
E' la storia di uno dei tanti ragazzi afghani che sono costretti a fuggire dalla loro terra pur di non cedere ai Talebani e alle loro ritorsioni in caso di collaborazione rifiutata.
Leggiamola perchè bellissima, ma allo stesso tempo triste.
30 luglio
Maahir, in fuga dai taleban di Kandahar
« La prima cosa è l’istruzione, non riusciranno mai a cancellarla. Le ricchezze, invece, finiscono». Non è la citazione di un grande scrittore, né la massima di un saggio, è la frase di presentazione di Maahir (nome di fantasia: «Se i taleban mi scoprono, la mia famiglia non avrebbe scampo e io non avrei pace»), un ragazzino afghano, etnia Azara, scappato tre anni fa da uno sperduto villaggio a metà tra Kandahar e Kabul e ora finalmente riconosciuto perseguitato politico. «Io e i mie amici amavamo studiare. Un giorno, alcuni taleban ci chiesero di lasciare la scuola e unirsi a loro. Rifiutammo e fu l’inferno. Torture sistematiche per mesi, ci venivano a cercare per massacrarci con bastoni minacciando di prendersela con le nostre famiglie. È allora che meditai la fuga ma senza farne parola con nessuno, solo mia madre. Un giorno, di ritorno da scuola, scappai. Così, senza dire niente, neanche un addio». In Afghanistan ora funziona così.Migliaia di ragazzini si smaterializzano, scompaiono nel nulla per poi riaffiorare mesi e spaventose esperienze dopo, nel ventre molle dell’Europa, desaparecidos del XXI secolo.«Dopo aver pagato molti soldi sono arrivato in Iran, da lì in Turchia e poi in Grecia. Ma qui, dopo sevizie di ogni tipo, ho deciso di continuare verso l’Italia. Ci siamo imbarcati in 22 a Patrasso con un camion, io e un altro stavamo sdraiati sotto la plancia, accanto alle ruote.Finalmente, dopo tre mesi di viaggio, sono approdato ad Ancona e poi a Roma. Il giorno in cui l’avvocato mi ha detto che ero stato riconosciuto rifugiato, è stato il più bello della mia vita.Sono a casa di altri e ho profondo rispetto, spero solo di finire la III media e riuscire a cavarmela da solo».
Luca Attanasio
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Molto vero, quello che dici, lieta, ma non solo gli immigrati! Tutti i ragazzi dovrebbero prendere esempio da questi. E’ dura la loro vita…vorrebbero studiare in pace, ma non lo possono fare perchè perseguitati loro e le famiglie, mentre i nostri ragazzi, ai quali vengono dati tutti gli strumenti x poterlo fare in pace, a volte non lo fanno perchè distratti da altre cose.
somigliassero un po’ tutti a sto ragazzo gli immigrati…………