Si parla tanto di privacy ma, cos'è in realtà?
La privacy, termine inglese traducibile all'incirca con riservatezza, s’intende comunemente il diritto della persona di impedire che le informazioni che la riguardano siano trattate da altri, se non si sia volontariamente dato il proprio consenso al trattamento dei propri dati.
Come si fa a parlare di privacy con telefonini che rivelano la nostra posizione anche quando sono spenti? Che dire poi delle carte di credito o dei bancomat? O ancora dei fast pay o dei telepass autostradali?
Inoltre siamo sempre di più sul web, e in gran parte il successo è dovuto ai social network.
Con la condivisione dei file esiste il rischio che la propria privacy possa essere violata.
La privacy è ancora un valore?
"Per la mia generazione la privacy non è un valore”.
Così Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, in un’intervista a Repubblica.
Che cosa rimane oggi al diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata?
A chi non piace condividere con gli amici via Facebook, Twitter ecc. tutto ciò che leggiamo, o guardiamo nel Web?Ebbene la nostra privacy è a rischio: i pulsanti come “ Mi piace”, ”Share”o “Reetweet” permettono di tracciare i percorsi della nostra navigazione. In pratica il social network sa tutto sulla nostra navigazione cioè i siti visitati e anche per quanto tempo ci siamo rimasti.
Facebook in particolare ha a disposizione molte informazioni su i suoi iscritti: nome e cognome, amicizie, parentele, preferenze musicali ma anche politiche, religiose o sessuali. E collegandole ai siti che visitiamo, potrebbero andare ancora più a fondo, dalle più innocenti: per esempio quali sono le mete preferite per andare in vacanza, ai gusti gastronomici, a quelle un po’ più private quali sono i mali che ci affliggono, a quali prodotti sanitari si è interessati ecc.
Tutte queste tracce le rilevano dei semplici “biscottini”= cookie che s’inseriscono nei nostri browser al momento dell’iscrizione.
FB, afferma che tutto questo è tenuto per novanta giorni di attività e poi cancella i più vecchi, che i dati raccolti sono utilizzati per aiutare a migliorare i suoi plug-in, e non usa questi dati in altro modo.
Intanto,il bravo ragazzo Mark, ha registrato un brevetto di una tecnologia che mette in relazione gli annunci pubblicitari con i dati raccolti, tradotto, significa per Scopi Commerciali.
Ci sarebbe molto altro da dire ma mi limiterò a citare una frase:
"nessuno dovrebbe sapere di un individuo più di quanto l’individuo voglia sapere di se stesso".
E
a porvi questa domanda:
La privacy è veramente una garanzia di libera e piena autodeterminazione o si limita alla striscia “Gialla” in Farmacia per non far sentire che stiamo acquistando delle supposte invece che sciroppo per la tosse?
Cara amica Edis.Maria, è vero sono le persone come noi che non hanno di che preoccuparsi. Certo che nella vita tutto può accadere, ma se io me ne sto tranquillo nel mio “angolo di strada”, possono avere tutti i dati che vogliono…
La privacy è una “stupida” invenzione dei tempi moderni credimi e non ha più senso oggi.
Sono veramente felice del tuo “ritorno”, non solo per leggerti ma per aver risolto i problemi di salute.
Alla tua salute osanno!E mi diletto
a vergare per te,sempre a distesa
in segno di reciproco rispetto.
Pasquino, ecco la voce della saggezza! Non preoccupamoci troppo, seguiamo le vecchie abitudini e possiamo stare( in un certo senso), abbastanza tranquilli! Amenochè non si abbiano segreti tali da doverli nascondere! ahaaha!
Il 75,4% di chi accede a Internet ritiene che esista il rischio che la propria privacy possa essere violata sul web. Si teme che chiunque possa pubblicare nei social network contenuti e immagini che ci riguardano (45,3%), la registrazione da parte dei motori di ricerca dei percorsi di navigazione (23,5%), la possibile acquisizione di informazioni personali da parte delle applicazioni e l’utilizzo a scopi commerciali (21,4%), i sistemi di geolocalizzazione (14,7%). Il 54,3% degli italiani pensa che sia necessario tutelare maggiormente la privacy per mezzo di una normativa più severa che preveda sanzioni e la rimozione dei contenuti sgraditi. Ma c’è un 29,3% di cittadini convinti che ciò sia impossibile, perché in rete non si distingue più tra pubblico e privato. Mentre l’8,9% ritiene che sia inutile proteggere la privacy, perché con l’avvento dei social network non è più un valore e la condivisione delle informazioni in rete dà maggiori benefici. Infine, il 7,6% pensa che non si corrano rischi e che le attuali regole a garanzia della privacy siano sufficienti.
Fonte Censis
I nostri padri non avevano cellulari, satelliti, microchip, microspie e altro.(e anche molti di noi qualche annetto fa).
Una volta entrati in casa chiudendo porte e finestre potevano godere della privacy senza saperlo.
Faccio eco a Francesca….un piccolo recinto per il privato mi pare sia necessario ,come mettiamo la porta davanti a casa,così dobbiamo mettere dei filtri sulle nostre comunicazioni on-line.Sono abbastanza strane certe dicotomie sul virtuale,in Facebook, ad esempio, si mette tutto, dati anagrafici ,foto, amicizie,preferenze sessuali e politiche,mentre in un “Club” come Eldy, chiuso e protetto da regole e moderatori ,si fa fatica a mettere nome e cognome e ci si trincera dietro a nik ,spesso fantasiose.
E’ la schizzofrenia della nuova società del web ,dove forse si confonde la privacy con le mascherine maliziose .
Mi pare giusto non mettere in piazza tutti i nostri problemi, anche se spesso nelle chat si lavano anche i panni sporchi.
Per il resto ,ormai tutto è informatizzato ,ci sono telecamere ovunque e ci possiamo fare ben poco ….però si può sempre chiudere la porta di casa…… e chi è fuori è fuori e chi è dentro è dentro.
E’ proprio una notizia di pochi giorni fa che il Garante per la privacy italiano ha aperto un’istruttoria nei confronti di Google per verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali, in particolare dei principi di pertinenza, necessità e non eccedenza dei dati trattati e degli obblighi sull’informativa agli utenti e sull’acquisizione del consenso.
Credo sia una battaglia persa perché come scrive Alba, è tutta una questione di “soldini”.D’altra parte come si reggerebbero senza gli introiti della pubblicità?
A domanda rispondo: No, non ha alcun senso oggi la privacy , perchè, semplicemente , non esiste più! Sappiamo tutto di tutti, le notizie volano, attraversano continenti , si intrecciano e ritornano al mittente. Noi stessi le diffondiamo e siamo soddisfatti di conoscere la ” privacy” degli altri!!! Siamo dei curiosoni, diciamocelo!!!!! Ormai tutti i nostri affari sono allo scoperto per chi vuol ” ficcare il naso” e cominciare a diffondere. Per fortuna essendo tutti sullo stesso piano non abbiamo da lamentarci troppo: mal comune, mezzo gaudio.
Io invece, caro Lorenzo, sarei del parere esattamente opposto. Credo che stiamo dimostrando di essere proprio poco riservati, già così. Mi vien da ridere quando vedo che qui in Eldy, che è una chat “pulita” c’è gente che usa nick fantasiosi per sfuggire all’intercettazione (di chi? Del buon Enrico…? Ahahah..). Poi li vedi in Facebook con nome e cognome, città di residenza, data di nascita, spostamenti, interessi, istruzione, tendenze e piaceri. Pubblicano giornalmente tutto ciò che fanno, dove vanno, con chi si incontrano. Il tutto corredato da foto fatte addirittura in casa propria e davanti alla via dove abitano. Manca solo l’immagine del loro bagno e il quadro è completo. Certo, l’esibizionismo gioca una parte importante nella nostra vita. E il ragazzo Mark, più furbo e attento che mai, conta proprio su questo. Però poi, non lamentiamoci se siamo continuamente subissati di telefonate con le quali zelanti operatori di call-center vorrebbero venderci il resto del mondo.
Davvero illuminante questo tuo saggio, Giuliano. L’ho letto d’un fiato. Penso che dobbiamo abituarci ad essere più “scoperti”, meno riservati. C’è il vantaggio di condividere con altri dei mondi, delle esperienze, delle sensazioni. Certo, c’è qualche pericolo in più. Ma dove non ce ne sono?
La privacy in rete, ma soprattutto in Facebook, non è assolutamente una garanzia di riservatezza, tutt’altro. E’l’esatto contrario. Il ragazzo Mark ha capito che il binomio privacy-potere poteva diventare una fonte di grandi guadagni e con la sua fredda imperturbabilità e disprezzo per i valori (da lui considerati antiquati), sta diventando un “imperatore della rete”. E lo sapete che tutti i nostri files, vivono nel web anche dopo la nostra morte? E’ quella parte di vita “virtuale” che ci siamo creati sui social network, nei blog, sui server in cui immagazziniamo migliaia di files dove raccontiamo buona parte della nostra storia attraverso foto, video, musiche, documenti privati o di lavoro. Insomma, Internet è il petrolio del futuro. Ma per il petrolio si è già scatenata più di una guerra..!!
Il 28/3/13 sono andata per curiosità a una conferenza del prof Stefano Rodatà il tema era la prayvasi mi interessava e qui oggi ti faccio copia
iI dati personali degli oltre 500 milioni di abitanti dei 27 Paesi dell’Unione Europea nel 2020 avranno un valore commerciale stimato attorno ai 1.000 miliardi di euro, l’8% del Pil europeo, un tesoro nascosto dal fortino della “privacy”. Lo ha spiegato l’ex presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Stefano Rodotà, a Genova a Palazzo Ducale per l’incontro ‘Vivere in rete, esiste ancora la privacy?’ dove ha illustrato i dati calcolati dalla statunitense Boston Consulting Group.
«La privacy deve continuare a esistere, è un campo di battaglia planetario, molti grandi interessi pubblici e privati vogliono impadronirsi delle informazioni personali – ha sottolineato – Oggi è in atto un conflitto tra Unione Europea e Stati Uniti, perchè l’Europa vuole rafforzare la tutela dei dati personali». «Finchè non c’erano i social network – ha aggiunto – non c’erano tante informazioni in giro. Ora invece, con i cellulari cediamo in continuazione informazioni su di noi, così come con le carte di credito. Mettiamo in giro dati che qualcuno cercherà di sfruttare per l’importanza commerciale che hanno