intervistaPrima  di fare questa intervista a Nadia, per cercare di capire meglio quanto detto nel suo commento relativo all’art. “Giovani che si uccidono”, facciamo un breve excursus sull’antefatto.

 

Lorenzo.rm  ha pubblicato un articolo sul suicidio di un giovane, che si è lasciato travolgere dalla metropolitana di Roma perché non riusciva più a districarsi tra le bugie dette ai suoi in merito agli esami all’Università: aveva detto di essere ad un passo dalla laurea ma gli mancavano ancora 20 esami.

Vari sono stati i commenti e tutti  asserivano che i giovani, oggi, sono più fragili emotivamente e psicologicamente e che noi  adulti  siamo responsabili  di ciò e dobbiamo cercare, quindi, di aiutarli.

A tutti questi commenti, poi, se ne è aggiunto un altro di “testimonianza” diretta , molto coinvolgente.

In  risposta a quest'ultimo ce n’è stato un altro, quello di Nadia, che già in precedenza aveva espresso il suo parere che riporto testualmente: Concordo con tutti i commenti scritti e dico che ci sarebbe molto, MOLTO da dire per questo argomento ma come sempre, qui è difficile parlarne. Aggiungo solo una cosa: conosco persone che indirettamente hanno avuto a che fare con queste tristissime tragedie e spesso ripetono che chi si suicida, non sa che danni provoca psicologicamente a chi resta. Io spesso rispondo: ma vi siete mai chiesti che danno ha provocato chi resta a queste persone deboli che mandano messaggi in continuazione per cercare aiuto? Siamo sempre lì, non si vuole vedere, non si vuole ascoltare e non si vuole soprattutto aiutare. Le persone, ti aiutano per un po’ poi, si stancano, troppo difficile mentalmente seguire una persona che chiede aiuto. In sostanza, esiste troppo EGOISMO.”

Forse il commento di “testimonianza” è scaturito proprio dal fatto che Nadia diceva sostanzialmente che sono le persone che assistono passivamente, senza captare il messaggio di S.O.S. che viene dai giovani,  a provocare danni a chi si suicida e non l’inverso. Nadia ha risposto quindi dicendo : “Certo, sono convinta che sia un dramma per chi resta e che la vita viene distrutta ma quello che insisto a dire è che purtroppo il danno maggiore viene arrecato a quelle persone che, non riescono a superare queste crisi e si fanno del male. Se c’era stato già un tentativo, e poi al secondo c’è riuscito, non aveva, al primo, mandato un GRIDO d’aiuto? Mi spiace sinceramente che tu sia stata testimone in questa drammatica storia ma, credi, ci sono passata molto vicino anch’io in qualche modo e se non trovi aiuti validi e non trovi chi ti sostenga dall’inizio alla fine….bè, la fine della storia la conosciamo tutti, purtroppo. Io combatterò sempre per queste persone che necessitano di un sostegno morale ma purtroppo a volte ti senti dire (o te lo fanno capire) che non sei un familiare e che non ti devi impicciare degli affari loro. Questo per dirti che devono essere le persone più vicine (familiari) a prendere in mano la situazione e questo purtroppo, accade troppo poche volte. Mettiamo anche in conto che non è facile occuparsi di un ragazzo adolescente in uno stato depressivo ma so’ anche che molti genitori fanno finta di non capire. La stessa cosa vale per tutti quei ragazzi che assumono droga. La mia domanda è sempre la stessa: DOVE SONO I GENITORI? E concludo: DIALOGATE, DIALOGATE DIALOGATE!(ci sarebbe ancora molto da dire ma…..)

A questo punto mi sono chiesta del  perché Nadia asserisse con tanta sicurezza ciò e ho voluto farle un’intervista proprio allo scopo di capire meglio il suo pensiero. Intervista che sottopongo alla vostra lettura.

 D)    Nadia, a cosa attribuisci la fragilità psicologica dei giovani di oggi e a chi, secondo te, la colpa?

depressione giov 1R)  Un causa plausibile per la fragilità dei giovani è che, mentre diversi anni fa, cercare di soddisfare i bisogni primari, quelli alimentari in primo luogo, impegnava spesso tutte le energie degli individui, oggi l’attenzione si sposta soprattutto su capricci e mode, che sono sicuramente più ambigui e difficili  da seguire. Questi sono i risultati di una società evoluta ma che è anche causa di molti problemi. Inoltre un motivo che aggrava questa situazione è la carenza delle relazioni affettive in famiglia. Può essere che il padre e la madre siano impegnati nella propria professione e non abbiano il tempo di dedicarsi ad una completa educazione dei figli. Questa situazione lascia il ragazzo in una condizione di solitudine e dà uno stimolo a crescere ancora più in fretta e ad operare scelte autonomamente.  A tal proposito devo dire che  proprio stamattina ascoltavo una intervista fatta al ministro della P.I. che diceva di aspettare un figlio e alla domanda: “ Come pensa di conciliare il compito di mamma con quello di donna in carriera” la Gelmini ha risposto che sarà come la maggior parte delle donne che lavorano: dividerà il suo tempo fra lavoro e famiglia perché non è la “quantità” che vale, quanto la “qualità”. Non sono d’accordo su questo e quando ho avuto mia figlia ho fatto la mia scelta: ho chiuso con il lavoro per  dedicarmi esclusivamente a mia figlia e lo stesso ha fatto mia figlia quando ha avuto i suoi (ben 4). Certamente ci sono stati momenti di difficoltà economica, ma basta sapersi gestire e rinunciare al superfluo per andare avanti. Ho ricominciato a lavorare solo quando mia figlia ha ragiunto l’età di  9 anni (era ormai grandetta) e lo stesso farà mia figlia con i suoi. I figli si fanno e si crescono senza affidarli a terze persone.

Altro responsabile ad entrare in gioco è “il carattere del giovane”; in base ad esso ogni genitore   deve comportarsi di conseguenza, cercando di aiutare i propri figli laddove risultano carenti.

Quando frequentavo la  3^ Media serale (ero ormai adulta),  per l’esame finale, ci fecero preparare una tesina su un argomento a scelta. Io scelsi quello relativo alle “paure ed incertezze negli adolescenti”, proprio perché, essendo passata attraverso la depressione (quella post-parto che spesso colpisce le donne in quel particolare momento della vita) e, non avendo avuto nessun aiuto esterno, l’ho superata da sola credendo fermamente nei valori importanti della vita che avevo ben saldi  ed essendo consapevole di avere  la responsabilità di crescere ed accudire mia figlia. Altro motivo della scelta fu che la psicologia umana mi ha sempre affascinata.

D) Nadia, secondo te esiste la solidarietà umana e, se sì, in che misura?

R) Premesso che la solidarietà umana debba consistere soprattutto nel dare se stessi,  ossia mettere se stessi al servizio del prossimo, secondo me non esiste se non in pochissimi casi, ma, se parliamo di solidarietà verso i propri familiari, essa diventa un obbligo morale.

 D) Come ti comporti in caso di  limiti che ti vengono posti quando, pur volendo aiutare una persona, ti viene  impedito di farlo perché non sei parte integrante della famiglia?

R) Nella mia vita ho spesso avuto a che fare con persone soggette all’uso della droga, o con loro familiari e ho persino vissuto da vicino casi di suicidio.

Racconto uno dei tanti episodi accadutimi. La figlia di una mia carissima amica era entrata in depressione post-parto  (ma forse un inizio di depressione era già in atto prima). Io le parlavo molto, essendo molto amica della mamma e anche della ragazza, coetanea di mia figlia. Ad un certo punto mi accorsi che mentre io da un lato costruivo, cercando  di stabilire un rapporto di fiducia con la ragazza, la madre, dal canto suo, demoliva tutto ciò, dicendo alla figlia che io le  dicevo solo sciocchezze.  Bisogna anche dire che la mamma non contribuiva ad innalzare il grado di autostima della figlia considerandola spesso una nullità. Ciò nel tempo ha rafforzato  questa depressione già latente e  scoppiata, poi,  in maniera eclatante, dopo il parto. Dopo alcuni di questi miei interventi, notai che la mamma, quando ci incrociavamo per strada, mi evitava. Da allora mi ritirai in buon ordine. Nel tempo sono venuta a conoscenza che la ragazza è stata seguita da uno psichiatra e che forse (deduzione mia) lo psichiatra ha adottato le mie stesse tecniche e quindi adesso la mamma si è riavvicinata, ma non ammetterà mai che agivo nel giusto. Io sono dell’avviso che le incertezze e le fragilità psicologiche nei giovani vadano affrontate fin da piccoli responsabilizzandoli in maniera adeguata.

 D) Secondo te chi soffre di più: chi, dopo un percorso abbastanza difficile e oppresso dalle proprie problematiche, si toglie la vita o i familiari che restano sgomenti di fronte a tale tragedia?

R) Soffre di più chi si toglie la vita quando si accorge che i suoi messaggi di aiuto non vengono recepiti e, pertanto si prende la difficile e tragica decisione  del suicidio. Che momenti terribili saranno!!!!!

 D) E’ facile per un genitore raccogliere il grido di aiuto che, silenziosamente, un figlio lancia?

blue_roseR)  Certamente il “mestiere di genitori” non è facile e non lo si impara su nessun manuale,  solo sul “campo”, ma è anche vero, come dicevo prima, che la loro presenza vigile e costante e un dialogo continuo dovrebbe far loro avvertire i campanelli di allarme di un eventuale insorgere di depressione. I giovani, e soprattutto gli adolescenti, vanno seguiti, stimolati a parlare ed ascoltati.  Dialogo, dialogo dialogo!!! Solo così si può evitare di incorrere poi…in gravi depressioni che portano spesso al suicidio.

Il suicidio in età giovanile rappresenta una  causa di morte abbastanza frequente.

ruggiero_depressionegiovanile_3Pertanto,  la diagnosi precoce ed un trattamento etico e responsabile dei genitori, pronti a cogliere il campanello di allarme, sono i passi necessari per portare alla guarigione il giovane paziente.

Per la valutazione della diagnosi precoce si devono tenere in considerazione numerose spie che compaiono con alterazioni delle normali abitudini di vita o del comportamento e che i genitori, in primis, devono essere molto attenti a  captare; infatti i sintomi iniziali di depressione possono essere ben mascherati e possono poi manifestarsi in maniera conclamata successivamente.

L’aiuto dei propri familiari e, in alcuni casi, il trattamento psicoterapeutico,  sono da  prendere in considerazione all’insorgenza dei primi sintomi di depressione, in modo da ridurre in maniera significativa il rischio di suicidio.

 Spero, con le  risposte date in questa intervista,  di aver esplicitato al massimo il mio pensiero che, nel commento, forse è risultato insufficiente ed incompleto. Non mi stancherò mai di dire: DIALOGATE CON I VOSTRI FIGLI!

L'argomento rimane aperto, spero ci sarà occasione di parlare ancora delle problematiche dei giovani. Non se ne parla mai abbastanza.

Grazie per l’attenzione!!!

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 P.S. Grazie Nadia per questa intervista, in cui  hai voluto  chiarire con noi il tuo pensiero!!!

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16 Commenti a “INTERVISTA A NADIA SUL “PROBLEMA DEI GIOVANI OGGI FACILMENTE DEPRESSI E PSICOLOGICAMENTE FRAGILI” fatta da Rosaria”

  1. rosaria3.na ha detto:

    Eldyna, ti devo rispondere x forza. Prima di tutto il mio “SCATENATI” tra virgolette stava a significare solo l’alto numero di commenti ed ho anche specificato. E’ chiaro, poi,che non ci sia una bilancia x pesare chi soffre di +, ma l’ho anche detto: quello e’ stato solo il pretesto x avviare con l’intervista una nuova discussione su questo argomento tanto importante. Ora se permetti sono io che non rispondo +, da te non mi sarei mai aspettata un commento simile. Ciao e buon proseguimento!

  2. annamaria ha detto:

    Rosaria,tengo a precisare che non mi sono scatenata, nemmeno nel senso buono. Mi ha colpito particolarmente l’argomento trattato da Lorenzo per quella notizia che già sapevo e sono intervenuta portando la mia testimonianza.In questi casi non c’è, a mio modesto parere, una bilancia per pesare il dolore e la sofferenza .Rosaria ti invito a non rispondermi, perchè con questo commento ho concluso.

  3. lUCIANO.3 RM ha detto:

    Una precisazione a Marcella e Nadia, Non ho mai detto che i soldi per curare i depressi sono spesi male, ho parlato della preparazione dei genitori presso vari consultori che io ho visitato, dove ho trovato solo venditori di fumo. Per quello che mi riguarda la persona a me, cara sta in cura da oltre cinque anni. Ora è in casa ed è seguita da uno psichiatra privato e anche settimanalmente da uno psicologo tutto a mie spese Inoltre e seguita dal C.I.M. di zona ottima struttura pubblica peccato che i troppi pazienti e i pochi specialisti mettono giornalmente in crisi l’unica struttura pubblica che io conosco, tutto questo non centra con la preparazione dei famigliari, dove i consultori specifici sono inesistenti e privi di personale qualificato

  4. Giulio Salvatori ha detto:

    Non facciamo tutto un fascio. Ci sono giovani malati e devono essere curati.Ma non sono tutti così.Molti giovani , e questo sono i notri gioielli, quando è l’ora di andare a letto, vanno in discoteca e fanno le ore piccolissime , con tutti i rischi che corrono.E’ colpa delle istituzioni? A parte alcuni casi , sicuramente gravi e difficili , rimango dell’idea che la migliore prevenzione rimane .- Il sudore ed i calli nelle mani, sia ai ragazzi , ma soprattutto a alcuni genitori- come ho più volte detto.Lo so che sono duro , ma non riesco a trovare altra terapia.

  5. rosaria3.na ha detto:

    Prevedevo che vi sareste “scatenati” con i commenti (nel senso buono della parola) e ciò sta ad indicare che l’argomento è molto importante. Cmq a Marcella mi sento di dire che non è così che il dialogo va affrontato, anche xche’ si rischia di abbassare l’autostima che si ha di se stessi. Mai fare paragoni tra un figlio ed un altro: ogni figlio è un caso a sé stante e come tale va trattato. Qui mi riallaccio anche a quello che dice Annamaria “Stefano viveva un grosso disagio interiore ,da sempre, in quanto si sentiva schiacciato dalla personalità, forte, del fratello maggiore laureato in Ingegneria Navale e quindi molto dedito alla disciplina”. E’ deleterio , specie per una persona gia’ debole psicologicamente, sentirsi paragonato ad un fratello e sentirsi dire che è + bravo. Sono d’accordo anche con Luciano, quando dice che x i genitori, se non altro x cercare di individuare i famosi “campanelli di allarme”, non è semplice ed è chiaro che spesso il solo aiuto dei genitori non basta, ma serve almeno x ricorrere ai ripari con un aiuto esterno. Quanto poi ai famosi consultori, non lo so con sicurezza, ma cmq anche qui scarseggiano o addirittura inesistenti. Bisogna solo mettere mano alla tasca e sperare che non si incappi in “ciarlatani”. E’ chiaro, almeno dal mio punto di vista, che tutto cio’ che e’ stato scritto non è la “ricetta magica” x evitare i suicidi dei giovani, xchè cmq ce ne saranno sempre, ma almeno si prova a ridurne il numero con un po’ di attenzione in +, ripeto, x i famosi “campanelli di allarme” che spesso possono essere visibili ed individuati in tempo. Nell’articolo si parla anche di “diagnosi precoce” ed è ad essa che la nostra attenzione deve essere rivolta. Noi ci proviamo, poi……. Infine vorrei dire ad Annamaria che lo spunto di tutta l’intervista è scaturito dal fatto che lei diceva che chi rimane soffre di +, mentre Nadia diceva il contrario, chi si toglie la vita affronta un percorso difficilissimo che poi esplode nel suicidio (questo è anche scritto nella premessa che ho fatto allo scopo di chiarire il motivo dell’intervista). Inoltre, Annamaria, ovviamente qui non si vuole colpevolizzare e criticare nessuno, ma il tutto è stato fatto solo x sviscerare il problema, xche’ a volte parlandone si trova anche un minimo di soluzione. Grazie a quanti hanno voluto esprimere la propria idea. Era questo lo scopo: parlarne!!!!.

  6. lorenzo.rm ha detto:

    Scusa Nadia, ma solo per precisare quella parte oscura del mio ragionamento. Intendevo prognosi come “cura”, che può essere anche preventiva. Le cure preventive sono quelle che fortificano gli animi prima che i problemi si manifestino. E quali tipi di problemi, poi! Un caro abbraccio.

  7. annamaria ha detto:

    Per quanto riguarda la mia testimonianza riportata di Stefano voglio premettere che quanto scrivo mi è stato raccontato dalla mamma, in quanto vivendo io in Lombardia e loro in Sicilia non c’è frequentazione assidua.
    Il dialogo tra genitori e figlio c’era, ma come ben sappiamo ,i figli quando vogliono ci tengono lontani dai loro disagi e poi lui sapeva mascherare bene. Appena gli impegni professionali lo permettevano i genitori volavano a Roma oppure era lui che andava in Sicilia.

    Sono stati ritrovati dei diari che hanno dato una certa spiegazione al tragico gesto:
    Stefano viveva un grosso disagio interiore ,da sempre, in quanto si sentiva schiacciato dalla personalità, forte, del fratello maggiore laureato in Ingegneria Navale e quindi molto dedito alla disciplina. Anche Stefano studiava con molto profitto, però purtroppo era finito in brutte compagnie , trascinato in un giro di droga .
    Che fosse il secondo tentativo i genitori lo seppero a posteriori , quando ormai era troppo tardi .
    Tutto si è svolto con una certa rapidità.
    I medici della clinica avvisarono i genitori che il ragazzo era giunto con un tentativo di suicidio e loro si stavano organizzando per una rapida partenza , ma il volo non riuscirono a trovarlo per la sera stessa e dovettero aspettare l’indomani.

    .Stefano quel giorno venne a conoscenza che all’indomani sarebbe apparso il suo nome sui quotidiani perché coinvolto nel giro di droga.. disperato telefonò alla fidanzata , questa lo lasciò immediatamente , abitava a fianco dei genitori di Stefano ma non li avvisò di quella telefonata . All’indomani fece il gesto estremo,mentre i genitori erano in viaggio all’oscuro di questo fatto.,arrivarono che il figlio era già morto.
    Che dire ?

    Secondo voi chi ha delle responsabilità??..I genitori erano sempre presenti come potevano, i medici prontamente avvisarono i genitori, forse la fidanzata che in quel momento doveva confortarlo e avvisare i genitori?
    I miei zii fecero un esposto alla procura della Repubblica perché il ragazzo non era stato sottoposto ad osservazione costante ( i bagni per esempio avevano le chiavi).Furono liquidati con una lettera con scritto “per noi il caso è archiviato”.

    Io avevo incontrato Stefano per qualche ora 20 gg prima del gesto e non dava nessun segno di insofferenza o malessere interiore .Se fosse tutto cosi semplice non ci sarebbero tutti questi suicidi tra i giovani… e non solo tra i giovani.
    Anche se, e ne sono convinta ,un buon psicoterapeuta può aiutare il “male di vivere “che alle volte si insidia dentro noi, in qualsiasi momento della nostra vita.

    La forza maggiore sta dentro di noi. per ogni cosa..ma non per tutti è facile superare con o senza aiuto.

    Annamaria

  8. nadia ha detto:

    Luciano, trovo strano che proprio a Roma non ci siano istituzioni preposte a questo tipo di problematiche. Ci sono in ogni città o piccolo paese. Forse ti sei mosso nella direzione sbagliata. Per quanto riguarda i soldi da spendere, ritengo che se è necessario si DEVE fare. Ho fatto anch’io 1 anno e mezzo di terapia, quindi so che cosa vuol dire ed io l’ho fatta senza spendere una lira (quelle vecchie lire….). Certo è che se si parte con il piede sbagliato, nessuno ci può aiutare. Quando si va da uno psicologo o psichiatra che sia, è necessario avere piena fiducia, altrimenti succede quello che hai detto tu….”è uno dei soliti sistemi per fregare il prossimo”.
    Senza l’aiuto avuto dal psictorapeuta, che mi ha insegnato a conoscere me stessa e a tirare fuori i momenti bui della mia vita, non sarei mai stata in grado di farcela. Come ho detto nell’intervista, ho dovuto affrontare tutto da sola, nel senso che, nè familiari o amici, abbiano fatto nulla per aiutarmi.
    Ribadisco che però BISOGNA CREDERCI e crederci vuol dire mettersi in discussione.

  9. MARCELLA3.RM ha detto:

    Luciano, leggendo cio’ che hai scritto a Nadia, non mi trovi daccordo per quanto riguarda che sono spesi male i soldi per curare “i depressi”.Io l’ho avutoin casa…credimi non so se sarei stata in grado di aiutare la persona a me cara,senza l’aiuto di un BRAVO piscoterapeuta.
    ciaooooooo

  10. lUCIANO.3 RM ha detto:

    Nadia, ho provato a cercare quello che tu scrivi ma consultori specifici qui a Roma strana a dirsi non li ho trovati i consultori esistenti sono tutto un’altra cosa, ho provato a chiedere riguardo alla preparazione per i genitori che assistono malati di depressione, il campo è ignorato, mi sono avventurato a consultori tutto fare a pagamento credimi dopo aver partecipato a dieci sedute, ho costatato che è uno dei soliti sistemi per fregare soldi al prossimo.Un saluto.

  11. nadia ha detto:

    Scusa Lorenzo, ma letta così di fretta (non ho molto tempo) non ho ben capito che volevi dire. Io dico solo una cosa che mi viene spontanea leggendo le tue parole ”la diagnosi quindi è abbastanza generalizzata ma la prognosi?. Sinceramente credo che non stiamo parlando di prognosi ma bensì di PREVENIRE…(aggiungo) meglio che curare!

  12. lorenzo.rm ha detto:

    Ho letto finalmente per intero e con attenzione l’intervista e mi sono fatto un convincimento, ovviamente da profano.
    Certo in una società “avanzata” e metto le virgolette in segno di dubbio, siamo tutti fragili. Pensiamo poco alle cose importanti, vitali e ci occupiamo spesso di cose meno importanti in sé ma importantissime per noi in quel momento, in quei frangenti che viviamo. Quindi, io lascerei perdere il discorso del meno o più importante: nel momento del bisogno psicologico le cose importanti sono quelle che il soggetto ritiene importanti. Se qualcuno, in quel momento, volesse incidere sulla forma mentis del soggetto, frutto di anni di vita in cui si sono radicate idee, consolidate convinzioni, ecc., gli farebbe ulteriore male.
    Ma fondamentali a quel punto diventano i rapporti. Se un padre, una madre, un fratello, una sorella, un amico, li ha, bene. E’ a loro che il giovane in difficoltà potrebbe rivolgersi, sul campo e non in teoria. A questo punto va a finire che, non tanto per i ruoli ma per la vicinanza che queste persone hanno, potrebbero esse venire più facilmente accusate di “non essersene accorte”.
    E non sarebbe nemmeno giusto se riflettiamo. La diagnosi quindi è abbastanza generalizzata ma la prognosi? Io dico solo che quando un ragazzo, una ragazza si uccidono non è tanto la responsabilità quanto il senso di impotenza, il dolore, la rabbia che emerge. E tutti si sentono vuoti, e a volte disperati.

  13. nadia ha detto:

    Luciano, anzitutto, grazie. Vero che il grosso lavoro è quello di educare le famiglie e stanno prendendo piede i ”corsi per genitori” ma quanti genitori sono disposti a mettersi in discussione? Molto pochi, te lo assicuro.
    Per quanto riguarda le istituzioni, esistono i consultori familiari dove ci si può rivolgere per trovare aiuto. Sono anche gratuiti, ma non possiamo sperare che loro cerchino noi, dobbiamo noi avere l’umiltà di ammettere di avere bisogno di aiuto.
    Siamo sempre lì, se i genitori (e purtroppo anche molti nonni) si mettessero in discussione, ci sarebbero molto meno problemi.
    Ciao un abbraccio.

  14. lUCIANO.3 RM ha detto:

    Nadia e Rosaria.Ottima intervista vera e reale. Che la famiglia sia quella preposta ad assolvere questo delicatissimo problema non ho dubbi. Quando si ha a che fare con un malato di depressione una malattia annoverata fra le patologie d’importanza sociale e i pazienti sono in preda ad un vissuto di disperazione, al senso di vuoto all’assenza di speranza, per loro la morte con il suicidio assume un’immagine salvifica che la libera dall’ancora del dolore. Certamente difficile è individuare segnali di allarme per prevenire, anche perché non si è istruiti e non si sa come comportarsi. Il grosso lavoro è di educare le famiglie a riconoscere i sintomi di questo grosso problema, come fare se non esistono strutture, le istituzioni non sono preposte ad affrontare questo problema, solo in alcuni sporadici casi ci sono gruppi di volontari che si spingono ad aiutare queste famiglie. Un saluto, e brave questi sono argomenti d’interesse collettivo.

  15. MARCELLA3.RM ha detto:

    Il dialogo, si da parte dei genitori,ma piu’ delle volte non e’ costruttivo.Il giovane si sente dire” IO alla tua eta’…!”Oppure. GUARDA tuo fratello…!Così facendo si perde voglia, autostima e subentra la fragilità.
    Diciamo anche che al al giovane,spaventa il futuro come spaventa a noi….
    Ciao, Rosaria e Nadia……a presto!!!!!!

  16. lorenzo.rm ha detto:

    Carissime Nadia e Rosaria. Ci sarà materia di discussione tratta dall’intervista a Nadia. Io ora non posso approfondirla per mancanza materiale di tempo. Ma ci torno certamente. Volevo però ringraziarvi subito.

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