
Il Natale, la gioia che infonde è uguale, sarà una festa familiare, l’allegria di un canto da intonare. E con la voce della speranza e della bontà, griderò al domani che verrà. Al potente implorerò di fermare le ingiustizie e un inutile sparare , urlerò la pace all’umanità intera, affinché ciascuno viva una vita vera. E’ passato un anno dal vecchio Natale, ma il dono che chiedo è sempre uguale che la gente di ogni terra si scambi un sorriso, che abbia l’amore scolpito nel cuore e sul viso.
Non sono presente durante le feste ecco il mio augurio di buon Natale a tutti.
Con affetto e simpatia.
Gugli

La leggenda narrata dal poeta romano Ovidio, racconta di Medusa, splendida fanciulla , unica mortale di tre sorelle, le Gorgoni. La sua bellezza aveva attirato l’attenzione del dio del mare, Poseidone, che l’avrebbe violentata in un tempio sacro della dea Atena. Furiosa per la profanazione del suo tempio, Atena avrebbe trasformato Medusa in un mostro con la terribile capacità di pietrificare chiunque incrociasse il suo sguardo.
Ma c'è una parte della sua storia che non è mai stata raccontata.
Afrodite, la Dea dell'Amore, invidiava la bella criniera di Medusa, la rimosse e la sostituì con dei serpenti. Così Medusa fu esiliata e condannata a vivere in terre lontane accanto agli Inferi.

Durante la relazione tra Poseidone e Medusa, si verificò una gravidanza che aumentò il risentimento di Atena, che ordinò a Perseo di uccidere Medusa.
Perseo tagliò la testa a Medusa con un singolo colpo di spada. La testa di Medusa andò ad Atena, che la usò come scudo in tutte le sue battaglie, proprio come fece Perseo per salvare Andromeda e uccidere Polidectes.
Anche il suo sangue venne conservato, perché la vena sinistra era un veleno mortale, e la destra aveva proprietà curative.
Quando Perseo le tagliò la testa, il gigante Crisaor e il cavallo alato Pegasus emersero dal suo collo. Entrambi sono considerati figli di Poseidone, il che significa che erano il risultato di uno stupro, e Medusa era incinta quando è stata uccisa.
Medusa non era il vero mostro in questa storia.
C'era e c'è ancora, un posto che si chiama: La grotta delle fate. Noi ragazzini eravamo attratti da questo luogo. Anche se era impervio e difficile da raggiungere, noi, andavamo comunque. Le avventure nei boschi erano il nostro divertimento. Non avevamo certamente luoghi di lettura, televisioni o cellulari. I campi o il bosco, erano il nostro divertimento. La Grotta delle fate, consisteva in uno spiazzo di pochi metri, rettangolare, circondato da alte pietre. Vi si accedeva tramite uno stretto passaggio. Anche il tetto era di pietra. Lateralmente piccole e strette insenature di difficile passaggio , si ramificavano.
Noi, accendevamo un fuoco all'interno e si facevano, quando cadevano le castagne, padellate di caldarroste. (noi si chiamano mondine). Il fumo spariva in quelle gole descritte come se ci fossero stati degli aspiratori potenti. Poi si sbucciavano, si dividevano, e si portavano alle nostre mamme. Seduti sopra dei massi intorno al fuoco, , con le facce rosse per il calore del fuoco, qualcuno cominciava a cantare filastrocche imparate dalle nostre Nonne. Si rideva felici e ritornavamo a casa. Recentemente, ho cercato di raggiungere La Grotta delle Fate, ma non ci sono riuscito. Il bosco ha cancellato il piccolo sentiero e, una frana ha cancellato tutto. Però, non ha cancellato il ricordo e i canti di quei ragazzi. Anche se: di Quei Ragazzi, ho solamente il ricordo. Siamo rimasti in tre. Gli Altri, faranno i fuochi in cielo.
Giulio
