Non si può immaginare la vita senza onde che s’infrangono e l’aria salmastra che ti solletica il viso.

Il mare è senza dubbio uno di quegli elementi naturali di fronte al quale è impossibile rimanere indifferenti, induce alla riflessione e alla calma.

 Tutto quello che è legato al mare, ha su di me un fascino particolare anche per i misteri che contiene. Ognuno porta nel cuore un pezzo del mare che ha vissuto e che è rimasto intatto nel cuore.

Da sempre elemento naturale e fonte d’ispirazione.

C’è un dipinto, di David Friedrich, “Il viandante sul mare di nebbia” dove un uomo solitario è ritratto di spalle su una scogliera ed è affacciato su un mare di nebbia. La mia sensazione è di una natura immensa, la meraviglia dell’uomo davanti alla potenza del mare.

Il mare attrae e allo stesso tempo incute timore di fronte ad una burrasca o a una tempesta.                                                                E

C’è una “favoletta” con una morale, e un finale aperto…

                                               Lo squalo

 

Il grosso squalo, vetusto, ma non per questo meno temibile, bordeggiava in profondità senza perdere di vista l'ombra della nave sopra di lui.

A tratti guizzava sotto il pelo dell'acqua, giusto per mostrare un attimo il ghigno dei denti triangolari e avvisare i passeggeri che lui c'era ancora, era lì e aspettava.

Da quando un nuovo comandante aveva preso il timone per lo squalo le cose erano andate peggio. La nave, ormai sul punto di affondare, si era raddrizzata quel tanto che ne permetteva una incerta navigazione. 

Lo squalo ne aveva avuto di tempo per distruggere la carenatura. Complici, l'inanità dell'equipaggio, la bramosia degli ufficiali occupati più a spartirsi i guadagni dei carichi trasportati che a governare la nave, l'indifferenza e la stoltezza dei passeggeri ed infine le ultime terribili tempeste, era quasi riuscito nell'intento. Quel marinaio, più esperto di altri nella navigazione in acque infestate da squali, era riuscito a rallentare la sua sistematica opera di distruzione.

Il fasciame, già in parte marcio e provato dagli attacchi degli innumerevoli squali che lo avevano preceduto, era sul punto di cedere definitivamente. Ci sarebbe voluto poco e il possente muso e la coda avrebbero aperto una irrimediabile falla al disotto della linea di galleggiamento.

Il nuovo capitano però era riuscito a mettere qualche toppa ed ora tentava di tornare in porto, per affidare la nave alle cure di un cantiere, ben consapevole che in caso di affondamento in mare aperto nessuno sarebbe arrivato a salvarlo.

Lo squalo tuttavia non si dava per vinto. Attendeva paziente l'occasione per riemergere colpire, e colpire ancora fintantoché non si fosse aperta una breccia sufficiente.

Sul ponte i passeggeri più attenti osservavano preoccupati la massa scura e flessuosa in perenne movimento sotto la superficie. Si chiedevano se quell'equipaggio d'incapaci e quegli ufficiali corrotti sarebbero stati in grado di portarli a salvamento. Anche della perizia del nuovo capitano dubitavano, considerando che per rendere più leggera e veloce la nave, e più rapido il rientro in acque sicure, l'aveva alleggerita di gran parte del carico e delle provviste sicché a bordo si faceva la fame e il morale era sempre più basso. Per giunta c'era il fondato sospetto che non tutti patissero le medesime restrizioni. Non certo i privilegiati che potevano permettersi di trattare in qualche modo con il capitano frustrandone le buone intenzioni di condivisione dei sacrifici - sempre che ne avesse davvero avute, cosa della quale molti dubitavano. Men che meno gli ufficiali e i loro amici.

Le cose stavano a questo punto e gli aiuti che il capitano aveva pur richiesto con una certa insistenza tardavano a partire. Del resto il capitano stesso, non si capiva bene se per orgoglio, o perché non volesse che altri mettessero il naso negli affari di bordo, sembrava intenzionato a far da sé fino all'ultimo. 

Ciò che davvero segretamente temeva chi avesse un po' di buon senso è che lo squalo partisse di nuovo risolutamente all'attacco. La fragilità manifesta della nave non garantiva protezione adeguata, né a bordo c'erano fiocinieri in grado di fermare definitivamente l'insaziabile pesce, né marinai tanto abili da portare la nave in acque sicure.

Di volta in volta questo o quell'ufficiale si faceva avanti chiedendo a gran voce che la nave fosse affidata a lui, ché ben avrebbe saputo come trarla in salvo.

Ma, conoscendo i trascorsi di questi ufficiali, pochi davano loro credito e le parole erano parole al vento.

Qualcuno tra i passeggeri stessi godeva di buona considerazione, ma essendo pressoché privo di precedenti esperienze marinaresche si diffidava dall'affidargli eccessive responsabilità.

Altri proponevano soluzioni allettanti, ma scarsamente praticabili, considerando le condizioni a bordo, sicché raccoglievano scarsi proseliti.

Tale era la situazione mentre la tempesta continuava a rumoreggiare all'orizzonte e i venti incostanti sbatacchiavano qua e là lo scafo.

Intanto lo squalo, sicuro nel suo liquido elemento, continuava ad ambire la preda...

  “tratto da http://notizieoggi.blogspot.com   E mentre rileggevo questo scritto di Giuliano mi è venuta in mente una bellissima parodia del 1972, ma sempre attuale, proposta dal grandissimo e indimenticabile Giorgio Gaber in coppia con la moglie Ombretta Colli. Mi permetto di proporvela perché la trovo arguta e in perfetta sintonia coi nostri tempi, sia pur a distanza di quarant’anni. Niente è cambiato! http://www.youtube.com/watch?v=Jlx391wkJ3M&feature=related    

5 Commenti a “IL MARE….un amore…profondo….di Giuliano”

  1. giulian.rm ha detto:

    Per l’analisi del dipinto,da profano,confermo quello che ho scritto nel post:il personaggio è affascinato dalla potenza del mare ma non ne ha timore,lo rispetta.
    Chi è lo squalo?
    La risposta si può trovare in uno o più cause citate da Franco.
    Da tempo la politica ha smesso di occuparsi del bene comune,è solo interessata a occupare spazio di potere per interessi personali.Nel frattempo gli italiani sono sempre più delusi, irritati e trovano rifugio in una rabbia indistinta che li porta ad astenersi o a dare la loro preferenza a partiti anti-sistema.
    Le elezioni in Sicilia ne sono la prova.
    Per il finale posso dire che:
    Ogni barca è piccola,in confronto alla vastità del mare, e comandare uno scafo è un compito molto difficile. Solo i capitani migliori sanno come si salpano le onde e come si entra in un porto,ma sempre con la collaborazione di un buon timoniere.

  2. spielman von zuhoerer ha detto:

    “Il viandante sul mare di nebbia”
    Assolutamente un’opera meravigliosa, uno dei punti chiave del romanticismo: il sublime, in altre parole quella grande e immensa forza della natura che spaventa, ma, allo stesso tempo, affascina .
    La figura si trova in contemplazione della foschia, della nebbia del mare, come se si trattasse di un’esperienza religiosa e spirituale. Il suo portamento è di un uomo sicuro di sé, si appoggia al suo bastone, l’altra mano in tasca.
    La schiena rivolta verso lo spettatore, non lo taglia fuori, gli permette di vedere la scena attraverso i suoi occhi, per condividere e trasmettere il suo sentimento.
    Lo spazio che contempla sembra infinito, di fronte all’infinito l’uomo diventa consapevole del suo vero posto nell’universo, non è immortale… la sua vita finirà un giorno.

    Buona domenica
    Spitz

  3. franco37 ha detto:

    Prima di leggere il commento di Franci , mi preparavo a dare la stessa interpretazione di questo raccontino metaforico.
    A mio parere è assolutamente esatta…ma…c’è un ma! Chi è lo squalo? La recessione? Il malcostume ? O gli squali/caimani che non demordono mai?
    Forse l’identificazione “dell’animale” può dare al “capitano” la giusta arma per combatterlo, ma anche a noi, perchè ricordiamocelo i pescecani nelle nostre acque gli abbiamo messi noi .
    Bellissimo il quadro e apprezzabile l’ode al mare.

  4. francesca (franci) ha detto:

    Ed ora veniamo alla “favoletta” dello squalo. Provo anche qui a dare una mia personale interpretazione. Mi dirai se sbaglio.
    Vedo quella povera barca, in parte rovinata dall’attacco dello squalo, come la nostra povera Italia, ormai quasi a pezzi. Ma prima di affondare del tutto ecco che arriva un nuovo comandante che cerca di salvarla dagli attacchi feroci dello squalo e dall’inevitabile affondamento. Identifico questo capitano come il nostro nuovo ministro-tecnico che per alleggerirla del peso ed evitare l’affondamento butta a mare parte del carico facendo “tirare la cinghia” ai suoi occupanti. Gli occupanti siamo noi italiani che, per salvare la Nazione dalla crisi, siamo ridotti a “fare la fame”. Ma anche qui, i privilegiati (leggi ricchi),ci sono sempre. Gli ufficiali corrotti e avidi sono sicuramente i nostri politici che hanno contribuito in maniera determinante allo sfascio quasi totale della barca-Italia.
    Ma adesso, caro Giuliano, vorrei sapere come va a finire la storiella. Tanto per sapermi regolare. Considerato che, se resto sulla barca corro il rischio di affondare se lo squalo riesce a distruggerla completamente, oppure muoio di fame. Se mi butto a mare tra tempeste e squali soccombo comunque. E allora? Riuscirà il buon capitano a portarmi in salvo?

  5. francesca (franci) ha detto:

    Caro Giuliano, il dipinto di Friedrich mi porta ad una profonda introspezione che va al di là dell’apparenza. Quell’atto contemplativo che il soggetto sembra voler svolgere ammirando un simbolico paesaggio, trascende gli aspetti del dipinto stesso mettendo in rapporto l’uomo con l’assoluto. Direi che la rappresentazione paesaggistica trasmette il senso di un’immensa e potente natura,un che di sublime ma al tempo stesso misterioso che il viandante solitario, ritratto appunto di spalle, può solo evocare, nel proprio inconscio confrontando l’immensità della natura con la piccola dimensione umana.

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