Mi collego al precedente post (La camicia rossa) del nostro amico  Giulio per precisare che si, effettivamente era stato postato, anni fa, in "Parliamone" (peraltro fatto senza ricordo alcuno di tale dettaglio, nè da parte di Giulio nè tantomeno mia che 4 o 5 anni fa ero in tutt'altre faccende affacendata) ma soprattutto chiarire che si tratta di un pezzo tratto dal libro "Il ritorno"  scritto dal toscanaccio. E, vista la circostanza del Primo Maggio, questo pezzo era proprio adatto, come si suol dire "cadeva proprio a fagiuolo". In ultima analisi, visto che l'autore è lo stesso non mi sembra cosa così grave. O no? Ora, fatta la premessa d'uopo,  e considerato che lui, anche se appare un "can che abbaia", effettivamente non morde ma è persona umile e modesta, ho deciso di postare un altro bellissimo estratto di quel suo libro mandatomi da Lucia, che già l'aveva postato nel suo blog personale anni fa, la quale ha anche montato il video con la bellissima musica del sax suonato dal "maledetto toscano". Godiamoci il tutto perchè ne vale proprio la pena! P. - So già che avrò una tirata d'orecchi solenne da Giulio, perchè sto facendo tutto senza la sua benedizione, ma.....chi se ne importa! Ciao toscanaccio, beccati uno stritoloso☺ francesca (3) il ritorno PERO'.... Spesso mi chiedo se ha senso vivere in questo paese. Ma poi mi pento subito d’aver pensato una cosa simile. Proprio io che tante volte ho parlato di questo borgo come se parlassi di mio padre; che in ogni viuzza, in ogni sasso che affiora dai muri delle case, ho scavato una storia: la storia dei nostri vecchi. Eppure sia pur labile, ritorna sovente nella mia mente la domanda: “Ha senso vivere in questo paese? Non sarebbe l’ora di fare fagotto ed emigrare verso altri lidi? Ma poi m’accorgo che le mie radici sono qui. Qui, tra queste case di sasso morto. E una pianta non puoi sradicarla e piantarla altrove. Temo che così facendo essa muoia, che non attecchisca. O anche se affonda le sue radici in un’altra terra e prepotente s’innalza verso il cielo come le altre piante, il colore della sua anima sarà sempre diverso: di questo sono convinto.Che silenzio, che tristezza! Però quando al mattino il sole spunta da dietro la Pania della Croce e illumina il paese e le selve,caspita! Allora è un’altra cosa.Gli occhi ti sorridono, i colori diventano vivaci, i fiori hanno un profumo diverso, le acque dei ruscelli cantano, gli uccelli si rincorrono allegri,il vociare della tua gente è musica e,i monti che fanno da cornice. E quel gatto a cui ieri hai tirato una scarpa,ora con l’animo diverso, magari l’accarezzi.Non lo so! Non lo so…! Cosa mi succede. Se guardo i campi così abbandonati, con quelle siepi che avanzano come  piovre fagocitando le fatiche dei vecchi nascondendole per sempre nelle loro spire, che rabbia! Che delusione! E pensare che queste pian, questi orti strappati alla macchia, hanno sfamato generazioni e generazioni. Ed ora eccole lì! Piano piano ritorneranno boschi. Luoghi per lupi.Ma poi a primavera qualcuno zappa il suo campetto, in po’ qua un po’ là: allora è bello vedere quei lembi di terra coltivati, piccole fazzoletti ordinati che ridenti s’aprono ai raggi del sole. E i solchi delle sementi si rincorrono panciuti da ciglio a ciglio, mentre la vanga ricopre il seme e nasconde il concime nella terra.  basati1Però che tristezza quei monti brulli! Sono morti, sono spenti, sono vuoti, sono….Sono stufo di osservare sempre le stesse cose! Ormai conosco ogni loro insenatura. Anche le poiane del Monte Cavallo sono sempre le stesse. E quell’allocco che canta la notte gli tirerei il collo. Però a primavera , quando il bosco riprende il suo colore verde chiaro, poi scuro,e serra definitivamente su, fino alla vetta, il mantello dell’estate,allora è un’altra cosa. Profumo di eriche, di ginestre, di castagno, di querce, di timo, di rosmarino, di abete, di maggiorana, di empitella, di salvia…Anche la salvia ha un profumo diverso quassù: è più forte, più secco…Ha più aroma, ecco! Oggi  anche le campane hanno un suono diverso.Una volta suonavano a distesa. Un canto lungo, slanciato. E per forza! I campanari le facevano andare per tutto il loro raggio d’azione, su fino alla verticale. E una campana scendeva verso il basso quando l’altra saliva. Allora sentivi nitido il suono: Don… Dan…Don…Dan…Intanto il suonatore della campana piccola -Si! Tre campane ha il mio campanile- seduto a cavalcioni del finestrone, faceva andare avanti e indietro il piccolo bronzino: il suo suono sembrava il tintinnio del triangolo della marcia sinfonica  “Alleluia”. Poi dopo tre doppi lunghissimi, i campanari con abilità incredibile bloccavano le due grosse campane sulla verticale, sembrava che d’un botto il campanile avesse perso la voce. Solamente la campanella suonava ardita come per dire “Zitti tutti! Tocca a me!”.Dopo alcuni minuti, a un cenno della testa, lasciavano ricadere i grossi bronzi e il loro suono si rincorreva per tutte le vie del paese e spariva lontano come se volesse salutare il mondo intero.Oggi, che qualcuno ha voluto ricorrere al moderno, inserendo il tutto in un ingranaggio automatico, non sembra più il suono che invita i fedeli alla S. Messa, ma un tramestio di pentole da cucina rovesciate giù dalla finestra. Però è bello il mio paese! Vedere le sue case abbracciate tra loro, ti da un senso d’intimità paesana, di unione, di amicizia , di fratellanza . Però che silenzio. Nel periodo invernale sembra che la gente vada in letargo. Giri e rigiri per le vie del paese ma non incontri nessuno: sono tutti rintanati nelle loro case. Ogni tanto qualche gatto ti taglia la strada facendoti tirare una scossa. Allora smetti di girare e rientri in casa:così eviti che qualcuno vedendoti dalla finestra ti dia del matto. Però l’estate il paese risuscita. I paesani della piana ritornano per trascorrere le ferie. Allora spunta sulle facce dei vecchi il sorriso. Le porte si spalancano, le finestre si aprono, le vie si spopolano, il dialetto si mescola ad un modo di parlare diverso, una chitarra suona accompagnando un coro di voci allegre;la sera si va a letto tardi. Però, è solamente una ventata, appena il tempo di conoscerci e poi…via. E l’autunno con i colori giallo oro tinge di nuovo il bosco. Le giornate si accorciano, il paese è muto: a sera qualche camino fuma. Il campanile invita alla S. Messa. Ma chi?! Che silenzio! Che squallore …. Però, l’inverno quando la neve ricopre i monti, il bosco e il paese, che spettacolo!Un unico tetto di cotone bianco degrada verso il basso soffice  soffice, mentre i camini soffiano nel cielo il loro caldo respiro. Però t’accorgi che piano piano un altro anno è passato in questo paese che vorresti lasciare.E così il tempo se ne va. I capelli incominciano a brizzolate di grigio,i figli chiedono di partire. E tu pensi agli ultimi vecchi che se ne dovranno andare.E tu? Sei indeciso, non sai cosa fare! Però mi accorgo, paese mio, che non hai saputo reagire, che… non hai più niente da dire! Sei come le tue case di sasso morto.Ti odio! E forse un giorno anch’io me ne andrò con tanta rabbia nel cuore.Però! Non voglio pensarci. Non so se riuscirò ad abbandonarti. Non voglio o non posso? Però?!           

IL BRANO MUSICALE “IMAGINE” E’ ESEGUITO DA GIULIO SALVATORI–MALEDETTO TOSCANO 

 

BASATI E DINTORNI

Giulio

 

11 Commenti a “da “IL RITORNO”…..(brano estratto dal libro di Giulio Salvatori)”

  1. lucia1.tr ha detto:

    Attraverso le parole di Giulio ho conosciuto questo piccolo borgo, le mura, le vecchie case separate da strette vie, la vita e la quiete, lo scorrere lento delle giornate invernali quando la neve sembrava non voler andar più via. Anch’io sono attratta e affascinata dai luoghi della mia infanzia, hanno avuto la capacità di fermare il tempo, di custodirlo nel cuore di chi vi è vissuto. Mi chiedo esiste il “Genius loci”, “lo spirito del luogo”, quella magia che ci cattura e ci coinvolge quando arriviamo in un luogo caro, nella piazza della nostra città, quando davanti ad un panorama avvertiamo un senso di meraviglia? Sicuramente esiste, avverto ogni volta che torno nei miei luoghi di origine un senso di appartenenza, ogni angolo, ogni pianta, ogni scorcio mi riempie gli occhi e m’incanta!

  2. francesca (franci) ha detto:

    No, non te ne andrai caro amico. Non potrai mai lasciare quei monti, quei colori, quei profumi, quei ruscelli, quella neve e quel silenzio. Hai descritto, con grande maestria, le quattro stagioni della tua terra. Ed in ciascuna di esse lei vive, a volte allegra, a volte triste, a volte silenziosa, a volte fertile. E tu sei come lei, anzi dentro di lei, come un figlio che non potrà mai abbandonare la sua mamma. No, il tuo non è odio, tutt’altro: è un grande Amore che mai finirà.
    Il tuo sax però…..te l’ho detto che mi fa impazzire? Si..si..lo ascolto ad occhi chiusi, silenzio assoluto e …immagino. (..Imagine..).

  3. alba morsilli ha detto:

    Nel tuo raccontare è lo scorrere delle staggioni dove il re inverno la fa da padrone, vince la sua battaglia, tutto trasforma in galaverna, brina gelata, e tutto sembra tetro.
    Ecco che pensi di andartene ma è solo ma parvenza tu non hai il coraggiodi farlo.
    Nel guardare il video ti vedevo li ai piedi della tua montagna
    che suonavi il sax, una dolce melodia di ringraziamentoper il creato che ti circonda

  4. armida.ve ha detto:

    Una lettura piacevole, commovente e coinvolgente. Vi si legge la nostalgia e l’amore per i luoghi descritti. Chi di noi ha dovuto lasciare il proprio paese per vari motivi, vi si può riconoscere. Bravo Giulio, e grazie a Franci e a Lucia

  5. elisabetta8.mi ha detto:

    Ci sono dei momenti ,negativi nella vita,ma se ci pensi bene anche quelli sono molto importanti,appunto x fanno parte del tuo vivere la realta’,,, tu dici,a volte vorrei andare via da questo posto,ma sai che in cuor tuo nn lo faresti mai,li è il tuo mondo,hai la fortuna di vivere nella tranquillita’ nella pace che solo un paesino puo’ dare con tutti i suoi sassi,i suoi campi,tutte le piante che sanno offrirti i loro profumi e darti la gioia di vedere la natura rifiorire ad ogni primavera, tutto questo in una citta possiamo solo sognarlo e leggerlo come tu ci dai la possibilita’ con i tuoi scritti che sanno farci sognare,quando ti verra ancora il pensiero di voler andare via ,pensa a noi che viviamo impacchettati nelle citta’,piene di smog e di frastuono e subito adorerai le tue radici ben piantate e solide nel paradiso della natura , le campane anche se moderne avranno un suono melodioso ,x puoi ascoltarle nel silenzio,grazie Giulio,anche questo tuo scritto mi ha fatta sognare ,,,,,,,,,,

  6. edis.maria ha detto:

    Brano carico di un intenso amore per i luoghi natii,che si gusta solo leggendolo adagio, adagio ,attenti ad ogni piccola sfumatura ,con descrizioni stupende ed accurate! Ogni piccolo particolare è presentato con il cuore gonfio di orgoglio e di nostalgia. Anche se te ne andrai, Giulio, tutto , dentro di te, rimarrà immutato!

  7. Giulio Salvatori ha detto:

    Veramente mi state innalzando troppo…sarei sciocco se dicessi che non mi fa piacere;i libri si scrivono per essere letti, altrimenti si tengono nel cassetto. E come se tenessi il sax nella custodia :avrebbe senso ?Eppoi, oggi ci siamo domani chi lo sa. A Franco voglio dire che anche ieri ero al mio paese, mia figlia vi abita e sembra che il paese non muoia. Anzi, famiglie della piana hanno comprato casa ai piedi di Monte Cavallo. Hanno capito che in 20 minuti si raggiunge il mare .Grazie Lucia e un dolce ricordo di Angelo m’invade,grande e sincero Amico.(Lo so che di lassù leggi compiaciuto). Brava Franci, e come faccio a brontolarti. E un abbraccio a tutti coloro che leggono;sono frammenti di vita uguali a tanti paesi.Ognuno di noi usa la propria macchina fotografica e la propria penna.

  8. lucia1.tr ha detto:

    14 Maggio 2011 Angelo ha commentato questo post:

    “Leggendo il tuo racconto Giulio, mi hai riportato indietro negli anni della mia gioventù, nel paese che ho sempre amato con le stesse situazioni del tuo.
    La particolare descrizione che hai fatto del suono delle campane mi è cara, perché anch’io ero uno di quelli che manovrava la campanella più piccola e aiutava al rialzo verticale di quella grande. Era una gioia quando per le grandi feste si poteva dare sfogo a tutte le energie per suonare a distesa tutte le campane per molto tempo. Il paese, come dici tu, si animava durante l’estate, quando i forestieri abituali e gli amici residenti in altre città venivano ad abitare la loro casa di famiglia. Ora le cose sono cambiate, non so se in meglio o in peggio, mi rammarico solo che ora le campane non si suonano più a mano ma elettricamente, con un suono stridulo e irriverente.”

  9. paolacon.rm ha detto:

    Dato che è stato citato Parliamone vi segnalo che il racconto completo, tratto dal libro “Il ritorno”, è molto coinvolgente e suggestivo.
    Chi desiderasse leggere il racconto “la camicia rossa” di Giulio Salvatori per intero, lo trova pubblicato in Parliamone, nel mese di febbraio 2009, col titolo sempre La camicia rossa. Andando nell’archivio di Parliamone al mese di febbraio 2009 lo troverete facilmente è un racconto molto bello, vale la pena leggerlo.

  10. franco muzzioli ha detto:

    Come fai ad abbandonare il paese se sei tagliato nella sua pietra grezza e bianca ? Come fai ad allontanarti se le radici dei tuoi piedi di quercia strisciano tra le zolle e non mollano neppure se soffia tramontana ? Rimani sereno a contemplare luoghi che altri neppure immaginano possano esistere.

  11. lucia1.tr ha detto:

    Ma che bella sorpresa vedere qui il mio post di qualche anno fa, mi ha riportato idietro negli anni.Ho avuto in regalo questo “prezioso” libro da Giulio,una lettura piacevolissima, in parte commovente, di tempo passato in cui molti di noi si riconosceranno. Mi emoziono nel riascoltare questo brano e penso con quanta cura Angelo mi aveva aiutato a trovare le immagini e mettere la musica di fondo. Grazie Francesca, sono certa che Giulio apprezzerà quanto hai fatto.

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