Nei primi anni cinquanta l'atelier di modisteria di mia madre era uno dei più importanti della città , il laboratorio era insito nell'appartamento dove vivevamo nel pieno centro di Modena.

Era composto da uno stanzone , che era il laboratorio vero e proprio . L'ingresso della casa fungeva da sala di ricevimento delle clienti ed aveva un grande specchio che prendeva tutta una parete, vi era poi un piccolo ambiente adibito a magazzino senza finestre e dal quale si accedeva sia dal laboratorio che dal resto della casa.

Il team era formato da mia madre e da cinque "lavoranti " ed ognuna aveva un compito ben definito : Liliana era la stiratrice ufficiale e maneggiava un ferro da stiro che scaldava su di una stufa e lavorava i feltri sopra una forma di legno ,con una pezza di cotone costantemente imbibita d'acqua che mandava vapori durante la stiratura. Lelia aveva il privilegio di cucire a macchina , dico il privilegio , perché la Singer elettrica ultimo modello era quanto di più sofisticato potesse allora fornire la tecnica. Gianna era l'assemblatrice , incollava con la "para" pezzi che non potevano essere cuciti , metteva fiori finti, ornamenti, grogren e spesso paillettes .

Iole faceva i "lavori di fino" , piccole cuciture quasi invisibili, Paola , che a quel tempo aveva la mia età , faceva la "piccinina" , cioè portava i cappelli alle signore , teneva in ordine il magazzino e faceva piccoli lavori di finitura. Mia madre dirigeva, tagliava ,rifiniva , assemblava e "riceveva le signore ".

 

Normalmente non avevo accesso al laboratorio , ma spesso spiavo il chiacchiericcio continuo e gli apprezzamenti , non sempre bonari, sulle clienti. Mi piaceva ascoltare i nomi dei vari materiali : come le "egrette" (penne di un particolare uccello ), i "balipunta " ( forme di paglia esotica ) , i "feltri " ( specie di coni fatti appunto di questo materiale e base per quasi tutti i cappelli) . Mi incuriosivano soprattutto le "vendite" che faceva la mamma davanti al grande specchio dell' ingresso ..." Signora sta benissimo , questo è un modello preso da Vogue e di questo colore lo avrà solo lei ".

Mi nascondevo anche nel piccolo magazzino che su di una parete aveva una grande scaffalatura in legno piena di scatoloni delle "materie prime" , poi aspettavo che arrivasse Paola per fare "quel gioco" che a noi piaceva tanto, ma durava poco perché si sentiva la voce di mia madre che diceva ..."allora ci porti questi nastri" , la ragazza si metteva a posto il vestivo e correva nel laboratorio.. io avrei atteso con pazienza la prossima volta.

Sono passati tanti anni , non c'è più nessuno e più nulla di quel mondo pieno di tessuti colorati, piume ,lustrini e primi amori, ma molte cose mi sono rimaste impresse in modo fotografico nella mente e tanta malinconica nostalgia.

 

Franco

12 Commenti a ““ATELIER DI MODISTERIA”………….di Franco Muzzioli”

  1. Giuseppe3.ca ha detto:

    Bellissimo revival di un’epoca di fierezza mai passata ma scusate se vado contro corrente, io sono dalla parte delle donne che non potevano permettersi la modista e che per coprirsi il capo usavano un semplice fazzoletto mantenendo pur sempre integra la loro dignità di donna. Grazie Franco, bellissimo lavoro e grande orgoglio per la tua mamma. Ciao.

  2. rosa m.4 ha detto:

    Io figlia di modista,conosco tutti i segreti di mia mamma,tante volte mi dava compiti come indurire un cono di feltro prima della lavorazione.Aveva un padellino con una gelatina e acqua quando doveva modellare un feltro.Forme di legno di ogni foggia, si lo chiamavano il cupolino, lo si modellava la sera prima e lo si lasciava asciugare prima del confezionamento.A me toccava sempre anche il compito di andare dal piumista.Potrei continuare ancora ma mi fermo per non annoiare.Ringrazio Franco che ha disseppellito i miei ricordi.

  3. gabriella.bz ha detto:

    Un racconto che mi ha affascinata veramente. Avrei voluto lavorare in quel atelier, come penso tante donne, il guardardasi nello specchio di soppiatto per vedere se un cappellino mi stava bene oppure no sarebbe stata per me una delizia. Per voi uomini il pensiero ero forse lontano! Io parlo per me, ma chissà quante persone entravano per vedere quale di quei cappelli era loro addato. Mi son sempre piacciuti e non ne ho mai portato uno, il destino della vita. Bravo Franco mi hai fatta sognare ciao

  4. Giulio Salvatori ha detto:

    Uno spacato di bellezza artistica.Creatività . Non so se dirò il giusto, ma credo che sia stata Vera Arte Artigiana.Bellissimo ricordo, eppoi . ti ci vedo a prendere le misure del girovita alle ragazze di ieri . E come si dice in Toscana : m’è proprio garbato.

  5. gianna ha detto:

    fRANCO, bellissimo questo post. anch’io avevo questa passione mi piacevano indossare il capello. ma parlo di altri tempi! Nei primi anni cinquanta . L’Atelier di Modesteria di sua madre era uno dei piu’ belli di Modena.Il team era formata nella propria abitazione esposizione Laboratorio, con 5 lavoranti ogni donna aveva il suo compito ben preciso, la madre dirigeva , tagliava, rifiniva e riceveva le Signore per tutto seguiva il suo lavoro fino alla consegna.Nel linguaggio Comune spesso impropriamente usato come sinonimo di sarta. le definizioni di Modista tratta dal dizionario della moda a cura di Guido Vergani,consente di edentificare alcuni caratteri peculiari. Creativita’ Tecnica,e manualita’ e conoscenza di materiali.Complementarita’ fra laboratorio e negozio sono le cose principali caratteristiche che contraddistinguono la Modisteria della generica produzione e commercializzazione del cappello, sia femminile che maschile. è un lavoro di grande passione,ora si usa meno perche’ sono cambiati i tempi. Un saluto

  6. franco ha detto:

    Caro Lorenzo a 13/14 anni “allora” che potevi fare ! Un pò di “petting” , molto infantile , molto impacciato. Dico una cosa che non c’entra con l’articolo , ma anche ad età un pò inferiore , sempre “allora”, erano quasi sempre le bimbe o le ragazzine a prendere l’iniziativa.
    Chissà se dopo sessanta e passa anni devo denunciare uno stalking, se non altro per essere di moda ?

  7. lorenzo12.rm ha detto:

    Anni passati e misteriosi. Come quel “gioco” di cui parlava Franco, fatto con Paola. Ah, tempi belli di una volta! Mai abbastanza rimpianti…Grazie, Franco.

  8. alba morsilli ha detto:

    Quanta creatività quanta fantasia, doveva avere la tua mamma, quello è una professione che nasce con noi, nessuno ti insegna qualcosa è una qualità innata dentro di noi.
    Di recente ho visto in tv ” le signore del paradiso” dove una casa di moda anni 50 mi ha rifatto rivivere il modo di come noi donne eravamo femmine con un semplice vestitinoe il suo cappelino. ora per la maggior parte sembriamo tutte in divisa quei piumini e pantaloni, Io appartengo agli anni 60 quando una donna era femmina in tutti i sensi, bastava una gonna calze con la rigae il gioco di attrazione era fatto.
    mi diverto a guardare le foto antiche mi piace vedere i loro costumi e con un bricciolo di invidia per il tempo passato

  9. franco ha detto:

    Nembo non poteva che parlare di “basco” , classico quello dei paracadutisti ☺ ☺ ☺
    Io non ho mai portato un cappello, un basco, una coppola , solo il passamontagna quando ero ragazzo…e in montagna.

  10. Nembo ha detto:

    Grazie della delucidazione e, mi fa piacere che…il basco anche se non è color -amaranto-è sempre di moda.Lo si era già (intra)visto la scorsa stagione: il basco è di moda. Già diventato uno dei must della “nuova” Gucci, il cappello stile pittore si è definitivamente affermato durante le ultime sfilate Uomo della Milano Fashion Week autunno inverno 2017 2018, diventando in breve il cappello più alla moda della stagione. Nelle collezioni uomo ma anche negli armadi delle donne.
    Pur essendo infatti un cappello di ispirazione militare, il basco è un tipo di cappello che può dare un tocco di styling in più anche ai look più quotidiani.

  11. franco ha detto:

    Caro Nembo nella moda nulla passa , la houte couture 2017 prevede assolutamente il cappello . Baschi , beanie anche con lustrini, berretti di tutte le fogge, cappucci di lana e di pelo e grandi feltri alla Audrey Hepburn . Forse non ci saranno più le piccinine (peccato !) perchè gli acquisti li fai negli atelier dei grandi marchi , nei supermercati o li compri tramite Amazon.
    E’ passato quell’artigianato che era la spina dorsale dell’Italia di un tempo , ora i cappelli li faranno le macchine (forse i robot) e per l’esclusiva si va a Parigi e con la pensione di un mese ti compri un capellino , “modello esclusivo”

  12. Nembo ha detto:

    Tra i mestieri perduti c’è anche la modista un antico mestiere che da anni credo che non esiste più. Le signore di una volta quelle che contavano nella società andavano dalle modiste, per avere vestiti alla moda per poi pavoneggiarsi , ma dietro a quel vestito, c’era un lungo lavoro fatto da mani operose, esperte, infaticabili. Bene è ricordarlo che anche questo è uno dei tanti mestieri del nostro passato, d’altronde ogni piccola cosa era fatto a mano e bisognava saperla fare. Bisogna mantenere viva la memoria di questi ricordi anche se è mutato il nostro modo di vivere e vestire.

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