Breve introduzione solo per spiegare  il motivo della scelta del video e per chiarire un po' il suo contenuto.

 

La canzone di  questo video, "Lacreme napoletane

"di Bovio - Buongiovanni, (scelta per  introdurre un bellissimo aneddoto) riassume un po’ la situazione dei nostri emigranti (soprattutto napoletani e meridionali in genere) quando partivano per l’America in cerca di fortuna.

Si tratta di una canzone appassionata che narra di un uomo che ha lasciato la sua casa a Napoli per andare in America in cerca di fortuna e per allontanarsi dalla sua famiglia dopo che la  moglie lo ha tradito.

E’ quindi la triste storia di un emigrante che scrive, in occasione del Natale, una struggente e nostalgica lettera alla madre in cui piange l'enorme distanza che lo separa dalla famiglia e l'onore perduto.

In essa, fra le altre cose,  prega la madre di mettere, in quella sera, in tavola, anche il suo piatto, come se lui fosse presente; le chiede, inoltre  di perdonare  la moglie (ormai allontanata da casa) invitandola  alla cena in modo da soddisfare la continua richiesta  della bimba, loro figlia, che invoca tale presenza. 

Lui, nel frattempo,  continuerà a rimanere in America a lavorare per tutta la famiglia.  

 

 

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Ed ora la parola a Tittati che ci presenta l'aneddoto scritto dal suo papà.

 

Amici di Eldy,

sono Titina da Isernia, desidero condividere con voi il piacere di leggere l'aneddoto di un episodio realmente accaduto circa un secolo fa, raccontato da mio padre; l'ho trovato curiosando fra i suoi scritti, dopo che è venuto a mancare, alcuni mesi fa. Spero vi piaccia, a me è piaciuto tanto, ma io sono di parte!

Grazie ancora a Rosaria e a Nadia, le responsabili di questo blog. 

 

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 "All’amico Gaetanino con l’augurio di una pronta e perfetta guarigione

Nicola Spallone

 

Il fenomeno che si sta verificando in questi ultimi anni in Italia e in molti  Paesi europei, cioè l’emigrazione autorizzata o clandestina, è lo stesso che  si verificò,  dal1880 al 1960 circa dall’Italia verso i Paesi dell’America del nord e del sud.

emigranti8I Paesi maggiormente interessati furono gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, il Brasile, essi riservarono, a molti dei nostri  connazionali, un’accoglienza a dir poco indegna nei riguardi delle persone, basti pensare ai nostri emigranti che sbarcavano negli Stati Uniti e venivano sottoposti a indescrivibili umiliazioni. Una di queste era la “quarantena”: gli emigranti venivano tenuti segregati, per quaranta giorni nell’isolamento più totale su un’isola al largo del porto di New York, una specie di lager, dove uomini donne e bambini venivano sottoposti a visite mediche giornaliere, prima di lasciarli liberi di raggiungere parenti e amici o per cercarsi una  casa e un lavoro, onde evitare che in mezzo a loro ci potesse essere qualche portatore di malattie epidemiche. La cosa più umiliante era la doccia giornaliera: gli emigranti venivano convogliati in uno spiazzo, invitati a togliersi i vestiti e con gli idranti, veniva somministrata loro la presunta pulizia personale. famiglia-italiana-immigrata-a-new-yorkI nostri  emigranti sopportavano tutto, e , una volta lasciati liberi, riuscivano a sistemarsi alla meglio, trovare un lavoro e una casa per la famiglia.

Siamo negli anni trenta del secolo scorso e, nella città di Filadelfia , avevano trovato sistemazione molti Italiani e fra questi molti Carpinonesi che occupavano addirittura un intero quartiere, nel quale erano ammirati e rispettati per la loro serietà, onestà e bontà.

Tra questi emigranti c’era un nostro compaesano che rispondeva al nome di Vito, il papà del mio carissimo amico Gaetanino. Vito era persona seria e onesta, ma anche buontempone, amico di tutti e con capacità organizzative impensate; nel quartiere degli Italiani da tutti ben visto, perché era amico di tutti.

Un giorno gli frullò nella testa un’idea, un’ottima idea: pensò di formare un  club, un circolo per gli Italiani e anche per gli Americani nella città di Filadelfia. L’idea fu accolta con grande entusiasmo da tutti i connazionali, anche perché il club poteva servire per riunirsi, per discutere dei loro problemi, per festeggiare ricorrenze importanti, ma, soprattutto per tenere unito il gruppo degli Italiani. Il nostro Vito, avuto il consenso alla sua proposta, si mise subito al lavoro per creare il club. Trovò un ampio locale e, con l’aiuto di altri connazionali, munì il locale di tutti i confort allora disponibili; un numero imponente di persone aderì, molti diventarono soci del club a cui fu dato il nome, che spiccava nell’insegna, di “Club degli Italiani”.

Arrivò il giorno dell’inaugurazione e per questo avvenimento così importante, l’organizzatore pensò bene di estendere l’invito anche agli Americani del luogo, i quali accettarono con grande entusiasmo. Il giorno dell’inaugurazione c’era un via vai di gente e gli americani non mancarono di far sentire la loro presenza, fu invitata una fanfara, che non manca mai nelle feste che si svolgono in America, ci fu un rinfresco, un pranzo all’italiana; dopo il pranzo iniziarono le danze e si ballò fino a notte inoltrata.

Alla fine della festa, gli Americani ebbero parole di lode e di ringraziamento per gli emigranti italiani,ma soprattutto per il nostro Vituccio.

Al momento del commiato, gli Americani si alzarono, mano sul petto e sull’attenti, intonarono l’inno nazionale americano, in segno di ringraziamento per l’accoglienza ricevuta.

 Finito di cantare l’inno, ci furono i rituali applausi da ambo le parti con lo sventolio di bandierine tricolori, quindi gli Americani invitarono i nostri connazionali a cantare l’inno nazionale italiano; ci fu un momento di panico collettivo, l’organizzatore aveva previsto tutto: la musica, il rinfresco, il pranzo, l’addobbo della sala, tutto nei minimi particolari, ma nessuno aveva pensato all’inno.

Al panico seguì lo smarrimento, ci furono momenti di tensione, come cantare l’inno nazionale italiano, se nessuno lo conosceva? Tutti si guardarono, come potersi disbrigare in questa inattesa situazione? Ma, Vituccio, l’organizzatore della festa, non si perse d’animo, subito sfoderò dal suo cervello un’altra idea geniale, che salvò i nostri connazionali da una figuraccia, fece passare fra loro il seguente suggerimento:-Amici, forza, cantiamo “O’ Marenariello”-, uno dei brani più conosciuti della canzone napoletana. Un coro compatto si levò dal gruppo dei nostri, perché la canzone era conosciuta da tutti e fu cantata per intero e con maestria; gli Americani tutti in piedi, mano al petto, ascoltarono in silenzio l’improvvisato “inno nazionale italiano”, alla fine ci furono applausi molto calorosi e lo sventolio di bandierine a stelle e strisce. Le congratulazioni fioccarono da parte degli amici d’America e la festa, con questa manifestazione d’amor proprio, si chiuse fra scroscianti applausi, tutti furono contenti anche perché gli Americani presero per buono l’inno nazionale.

Vituccio, col suo intuito e con la prontezza di riflessi di cui era dotato, salvò da una magra figuraccia i nostri emigranti e poi commentò:- O’ Marenariello, questo bel brano della canzone napoletana, non ha avuto mai tanto onore, applausi e gloria, quanti ne ha ricevuti all’inaugurazione di un ritrovo collettivo di emigranti italiani, nella città di Filadelfia."

E per finire  il video della canzone in questione ('O marenariello di  Ottaviano - Gambardella).

  

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6 Commenti a ““ALL’AMICO GAETANINO” Omaggio di Tittati al suo papà (pubblicato da Rosaria)”

  1. tittati ha detto:

    Grazie Luciano, sei dolcissimo!

  2. luciano3.RM ha detto:

    Tittati, che bello il tuo scritto dimostra quanto grande, è il tuo amore verso il tuo papà, sicuramente dopo che hai pubblicato questa bella storia, lui lassù ti sente e ti vede ancora più vicina.

  3. mario.pe ha detto:

    Un grazie a Titina per averci meglio chiarito e fatto conoscere la situazione dei ns. connazionali emigrati in altri stati.
    Per quanto riguarda il trattamento subito, sarebbe bene stamparlo in un bel cartellone ed appenderlo alle pareti dei centri di accoglienza sparsi in diversi luoghi dell’Italia. Nel contempo adottare però il sistema che chi si ribella o protesta deve essere rispedito al proprio paese e se qualcuno dice di non avere il documento di riconoscimento, allora si accompagna a 500 m dalla sponda del presunto suo paese di origine e lì si lascia.
    Per quanto riguarda l’inno nazionale italiano sarebbe bene, ed una volta per tutte!!, non parlare più di inno di Mameli, ma di inno italiano in modo da evitare che qualcuno sparli a sproposito e lo stesso, dopo 24 ore, dice che i giornalisti hanno capito male. Sarebbe bene che tutti noi italiani, prima di “sputare” certe sentenze, andassimo a Redipuglia ed imparare la provenienza dei tanti cittadini sepolti in quel cimitero.
    Un salutone a tutti.

  4. rosaria3.na ha detto:

    Raga’ insieme a voi, e grazie a voi che mi date lo stimolo a farlo, sto perfezionando le mie conoscenze nell’ambito della CANZONE NAPOLETANA. A titolo di cronaca, proprio ieri sera ho assistito, nell’ambito del programma ESTATE A NAPOLI, ad un concerto del grande cultore della canzone napoletana, Bruno Venturini, definito “Ambasciatore della canzone napoletana nel mondo”, il quale, tra le tante, ha anche cantato “‘O marenariello”. Colgo quindi l’occasione, Tittati, x ringraziare io te x avermi dato ancora una volta l’opportunità di parlare di queste magnifiche canzoni napoletane che hanno girato il mondo e che continuano a farlo ancora dopo tantissimi anni. Inoltre, Tittati, ti ringrazio x averci voluto rendere partecipi di questo bellissimo aneddoto del tuo papà che ci ricorda le tante umiliazioni e i tanti soprusi che hanno dovuto subire i nostri emigranti all’estero. Pare che adesso noi ce ne siamo dimenticati.

  5. tittati ha detto:

    Grazie Lorenzo, come al solito, dimostri di essere una persona squisita e sensibile, ti sono riconoscente per ituoi apprezzamenti; ringrazio infinitamente Rosaria che , con abilità e maestria, ha realizzato il mio desiderio di vedere pubblicato il lavoro di mio padre.

  6. lorenzo.rm ha detto:

    Titina, che belle cose ci hai dato. Grazie a te e Rosaria, la solita regista insuperabile.
    E’ proprio vero, una cosa è chiacchierare e un’altra toccare con mano i problemi. L’emigrazione italiana, ed in particolare quella meridionale, ha presentato, assieme a tanti lati oscuri, tantissimi episodi di grande umanità che ci fanno onore. Popolo di lavoratori quello italiano, dedito al sacrificio, e colmo d’amore verso la propria famiglia e il proprio paese lontano. Grande dignità e serietà.
    Titina, sono certo che ricorderai con grande amore il tuo papà, venuto a mancare da poco. Ma, soprattutto, ricordalo con orgoglio come un grande italiano.
    Un caro abbraccio.

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