Viani_famiglia_poveri

Anche questa mattina il solito risveglio: rane.

 

Rane che gracidano dentro il bidone di latta in cortile.

 

Papà questa notte ha fatto la "spesa". Cibo assicurato anche oggi.

Fa tutto da solo. Gli basta un tronco per fare miracoli.

 

Mamma dice che riuscirebbe a fare le scarpe anche alle mosche. Io lo chiamo scherzosamente Geppetto.

 

Ha tagliato un albero e con il legname ha costruito una barchetta con la quale, quasi ogni notte, naviga i canali qui intorno a caccia di rane. Usa la lampada a carburo per abbagliarle e un retino per catturarle.

 

Per fortuna qui ci sono tanti canali.

 

Oggi, con la solita polenta, non ci sarà il solito baccalà, ma rane...gratis, offerte dalla natura.

 

Tra poco mamma e nonna si accingeranno a pulirle.

 

Non ho voglia di alzarmi presto anche oggi che è domenica e non devo farmi i tre chilometri a piedi per raggiungere la mia scuola,  in paese. Mi piacerebbe dormire ancora un pò o restare qui, nel letto, a pensare....a sognare. Ma so che tra poco la mamma verrà a chiamarmi, devo aiutare anch'io.

 

Le sento già trafficare in cucina.

 

Letto, quale letto? Un pagliericcio che funge da materasso sul quale non devo muovermi troppo o provoco un fastidioso rumore.

 

Mi piace pensare...sognare ad occhi aperti. Immagino cose meravigliose nelle quali posso credere perchè so che un giorno potrò realizzarle, ma solo studiando.

 

Mi piace studiare ma mi vergogno un pò davanti ai miei compagni. Quando il Preside entra nella mia classe con un pacco di quaderni, matite e colori i miei compagni mi indicano: "sono per lei, quella povera". Quella che ha bisogno dell'aiuto della sussistenza scolastica per studiare.

 

Io abbasso gli occhi, divento tutta rossa quando me li consegna, ringrazio educatamente ma ho un nodo in gola.

 

C'è tempo per piangere tornando a casa.

 

Anche quella volta che ho vinto il primo premio regionale per il tema sul risparmio. Che vergogna!

 

Non sapevo di aver vinto, sapevo solo che sarebbero arrivate persone importanti a scuola.

 

E invece mi hanno chiamata. Quando ho sentito il mio nome avrei voluto sprofondare.

 

Io, con gli zoccoli fatti da mio papà, il grembiule liso, anche se pulito, che era stato di mia sorella più grande, davanti a tutta la scuola a ricevere dalle mani del Direttore della Cassa di Risparmio il primo premio: un libretto con ben 2.000 lire di deposito.

 

E poi, dal Preside, una pergamena-diploma a ricordo e testimonianza del valore del mio scritto.

 

Quel giorno non c'erano i miei genitori, erano nei campi a lavorare la terra del padrone.

 

Loro non sapevano niente perchè, se avessero saputo ciò che accadeva a scuola, avrebbero trovato il modo di essere presenti.

 

Ma io non gliel'avevo detto, mi vergognavo della nostra povertà.

 

Oggi mi vergogno di averlo anche solo pensato.

 

Quindi ero sola, sola con il mio imbarazzo, la mia enorme timidezza, e il mio disorientamento per l'inaspetto evento mi faceva battere il cuore a mille.

E l'emozione era da svenimento.

 

E la Prima Comunione e Cresima?

 

Fatte nello stesso giorno, così non si spendevano soldi (che non c'erano).

 

Il mio abito era di terza mano. Usato da mia sorella maggiore e a lei passato dalla cugina "ricca".

 

Eppure mi sentivo una principessa.

 

Poi, a casa, c'era il pane.

 

Non la solita polenta o focaccia fatta da mamma e nonna, ma il pane, fresco, croccante, profumato, da odorare e assaporare in tutta la sua bontà.

 

Ricordi...di un'infanzia povera povera, ma sana e pulita.

 

E' passata una vita eppure mi sembra solo dietro l'angolo.

 

Ancora oggi, che ho qualche possibilità in più, vado a fare la spesa con la calcolatrice in testa. Raramente compro il superfluo.

 

Non ci si stacca da certi schemi.

 

Grazie papà, grazie mamma per avermi permesso di diventare quella che sono.

 

Ma cosa darei per risentire ancora quel gracidar di rane..!!

      francesca (3)

19 Commenti a “QUEL GRACIDAR DI RANE……di Franci”

  1. sandra vi ha detto:

    No.ero colla testa in giu nella mangiatoia ,sgambettando e urlando in mezzo al fieno ,mentre la mucca mentre prendeva manciate di fieno mi dava leccate ihihihih……..Franco ,possa assicurare che anch;io ho mangiato le rane fritte e ricordo che erano buonissime ,amzi una festa quando la contadina arrivava col sacco pieno

  2. francesca (franci) ha detto:

    Caro Franco, fortunatamente io sono nata un pò di anni dopo la fine della guerra ma ricordo che mamma ci raccontava di quel periodo. Lei e papà erano fidanzati allora, e lui, che aveva la tessera del Partito Comunista, quindi ricercato dai fascisti in combutta coi nazisti, di notte si nascondeva dentro una buca scavata nei campi e coperta da un rudimentale coperchio fatto di assi, fogliame ed erba con l’aggiunta di un pò di terra, per confondere. Una notte in cui i fascisti, fingendosi tedeschi, avevano intuito qualcosa del genere e si sono attardati a casa di mia nonna dove c’erano solo le donne, mio papà ha rischiato di morire soffocato perchè là sotto non si poteva rimanere per troppo tempo. Mamma ancora oggi me lo racconta, quando vede tutto questo spreco e cattiverie, violenze, brutture. Anche questo conservo nel cassetto dei ricordi più preziosi.
    Un abbraccio, Franco.

  3. franco muzzioli ha detto:

    Cara Francesca …allora …la “mia fortuna”, rispetto ai figli dei contadini, era solo quella di non potermi levare le scarpe …ma facevamo gli stessi giochi , mangiavamo le stesse cose prodotte da una terra ubertosa ,poi la guerra univa tutti in questo microcosmo salvato fortunatamente da lutti e carestie. No! Forse erano più fortunati loro perchè avevano entrambe i genitori , io solo mia madre perchè mio padre era in guerra.
    Piccola digressione sulle rane…..quando ne riuscivamo a prenderne tante la nonne le metteva a “fare l’acqua” in aceto, acqua,il giorno dopo lavate bene le infarinava e le friggeva nello strutto (olio non ne avevamo nella nostra pianuraccia)……vi garantisco che erano buone!!!!

  4. francesca (franci) ha detto:

    Vedo, cara Sandra che anche tu hai “scoperchiato” il cesto della tua memoria. E quante cose belle ne sono uscite? Giochi di bimbi, semplici e incontaminati dalle brutture del susseguirsi degli eventi. E poi mi hai fatto tanto ridere con la storia della mangiatoia. Ahahahah…..immagino te, bimbetta, adagiata come Gesù Bambino a farti scaldare dalle mucche. E l’asinello..??? Ahahah….scherzo ovviamente ma ti abbraccio davvero!

  5. sandra vi ha detto:

    Hai sollevato il velo dei ricordi .Nonna soffriva d’asma non poteva stare a Milano .Gli zii le avevano affittato una villetta nel varesotto ,io andavo con lei .lA padrona una contadina con 5 figli,presapoco della mia eta’ diventammo amicissimi ,coola differenza che loro correvano scalzi per i prati ,i campi,potevano fare il bagno nel ruscello ,io guardavo le mie scarpine furiosa ,tutti i miei tentativi di toglierli venivano scoperti dalla nonna .e andar per fieno ….che passione ,ritornare sul carro ,loro si ,io no ,quanto li invidiavo….pero’ una volta ,riusci eludere la sorveglianza di nonna ,scappai con loro e tornai trionfante in cima al carro sul fieno .Solo che per una maldestra manovra ,mentre davano fieno alle mucche finii anch;io nella mangiatoia,mi sembra di sentire amcora la lingua della mucca sulviso ,Le mie urla e….le risate dei miei amici..Pero’ giurarono ,silenzio con nonna e…appena possibile fuori scarpe e via………..

  6. francesca (franci) ha detto:

    Come hai ragione, Elisabetta. In mezzo a tutto questo traffico di emozioni, pensieri e parole si infilano i ricordi più belli ma anche quelli più dolorosi. Però tutto serve a passare alla fase successiva della vita che sempre nuove sorprese ci riserva.
    Un grande abbraccio.

  7. elisabetta8.mi ha detto:

    Francy,la cultura che abbiamo appreso,alla scuola della vita,credo che nessuna universita’,avrebbe potuto insegnarci,di questo siamo orgogliosi.Far riaffiorare i ricordi dolorosi non è mai facile,ma servono a faci proseguire,nel nostro cammino.Grazie ,un abbraccio,,,,,,,,,

  8. francesca (franci) ha detto:

    Grazie Edis. Quando ho aperto le pagine della mia anima sparpagliandone i “fogli” e intrufolandomi clandestinamente nei miei sentimenti di bimba, non è stato facile, credimi. E’ stata quasi una profanazione, mai avvenuta prima. Ma a volte serve e fa bene.
    Un abbraccio a te, e auguri, cara mamma.

  9. edis.maria ha detto:

    Franci la tua grande passione per la cultura non la devi spiegare a noi di Eldy, che la costatiamo giornalmente nei tuoi scritti , spaziando da un argomento all’altro, sempre preciso, colto ed appropriato. La tua volontà e la tua consapevolezza ti ha aiutato a spronarti sempre. Forse io ho pensato che il tuo scritto fosse più romanzato di quanto tu volessi presentarcelo. Ciaoooooo

  10. francesca (franci) ha detto:

    Ciao Guglielmo. Si, i giorni dell’infanzia non tornano ma non è nostalgia di rane, la mia. Avrai intuito, dal mio scritto, che loro erano un semplice e puro riferimento. Alla povertà. Avrebbero potuto essere qualunque altra cosa, ma io sono nata lì, tra i canali del Veneto e quello era il cibo che papà trovava completamente gratis, insieme alla caccia del nonno. Tutte cose che oggi aborrirei, ma questa è un’altra storia.
    Buona Domenica, Guglielmo.

  11. Guglielmo ha detto:

    I ranocchi fritti o “all’uovo” sono tipici della piana occidentale fiorentina, ricca di laghetti e corsi d’acqua, soprattutto di Brozzi, Lecore, San Donnino, San Piero a Ponti, San Mauro a Signa e Sant’Angelo a Lecore.

    Dopo un periodo di oblio, iniziato nel secondo dopoguerra e dovuto al crescente benessere che ha fatto passare un po’ in secondo piano le ricette povere (oltre alla riduzione dei luoghi di “pesca” delle rane per il boom edilizio ed industriale della zona), sono stati riscoperti dalla ristorazione locale e sono tornati protagonisti di numerose sagre e feste.

    Si ottengono lasciando riposare per un’oretta i ranocchi spellati in un composto di uova sbattute, sale e limone, per poi infarinarli e friggerli in olio bollente.(tratto da Wikipedia)

    Ps.
    Posso dirvi solo che sono una vera squisitezza. Purtroppo come dice l’introduzione questo tipo di cibo va scomparendo, anche perchè si cambia in tutto si cambia anche nella cucina. Mi fanno ritornare indietro nel tempo. C’era nel mio quartiere del “Pignone” un venditore di ranocchi Il Luschi,anziano renaiolo, passana con la bicicletta sgancherata, e urlando….belli vivi. Si riferiva hai ranocchi che li costudiva in una zucca, la gente del quartire li comprava erano giorni che con poco si metteva qualcosa in tavola.
    Giorni infanzia giorni che oramai non tornano…

  12. francesca (franci) ha detto:

    Franco, tu sei stato un bambino molto fortunato. Anche se a quell’età, e senza cognizione di causa, è difficile comprenderlo. Però anch’io ho avuto la mia fortuna, quella che tu, figlio del “padrone” mi invidiavi. Poter correre scalza tra prati, campi. Fare il bagno nei ruscelli, buttarmi giù dai covoni, che per me erano altissimi, giocare col fango, inseguire le lucciole. Ecco, questi sono i più bei ricordi della mia infanzia.

  13. francesca (franci) ha detto:

    Grazie Giulio. Ma il coraggio è stato innanzitutto quello dei miei genitori che, ancora giovanissimi, hanno dato una svolta decisiva alla loro vita. Hanno capito che dovevano farlo non solo per sè stessi ma, e soprattutto, per i loro figli. E poi è stata gran parte di fortuna, la mia. Fortuna di aver potuto studiare (ciò che desideravo), aver incontrato nella mia strada le persone giuste, quelle che mi hanno permesso di inserirmi in un contesto sociale altamente positivo, che mi ha fatto crescere intellettivamente, culturalmente e umanamente. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’esempio, semplice ma indispensabile, dei miei genitori. La loro onestà, la morale, la rettitudine, il senso di responsabilità nei confronti del lavoro, la coscienza e la bontà nel gestire quel poco che avevano, mi hanno insegnato che nulla vale quanto la propria dignità.

  14. francesca (franci) ha detto:

    Edis, quei cibi erano comuni nella terra dove io sono nata. e anche se io, fortunatamente, sono nata molti anni dopo la fine della guerra, i ricordi fanno parte della mia infanzia e non vogliono essere un patetismo su cui pietire, tutt’altro. Io sono certa che molte delle persone che mi leggono possono rendere testimonianza di infanzie tristi e misere. Il mio è solo uno spaccato di vita, un insieme di pensieri estemporanei sul mio trascorso di bimba. Ma ho avuto la fortuna di studiare e ti dirò che da allora non ho mai smesso. La mia “fame” di conoscere e sapere, la mia avidità di imparare, ancora oggi non mi ha abbandonato. Vivo nella frenesia quotidiana della scoperta, dell’appetito, mai sazio, dell’apprendere. E leggo, e studio e, appena posso, vado alla scoperta di mondi nuovi a me sconosciuti, a contatto con popoli che hanno solo da insegnarmi. M’insinuo nelle bellezze della nostra bella Italia e non me ne sazio mai abbastanza. Tutto serve alla mia cultura, al mio entusiasmo, a far crescere in me quella “bimba” che ancora esiste nella mia anima e nel mio spirito.

  15. edis.maria ha detto:

    Racconto che ha risollevato vecchi ricordi, conosciuti da nonni o vicini di casa, abituati a questi pasti per loro ottimi: infatti le rane hanno una carne delicata e ottima! Andavano a caccia di rane , come di lumache o funghi! Non so in quale periodo viene posto il racconto, mi ha ,però, molto addolorato immedesimandomi nella ragazzina così penalizzata! Penso sognasse di frequentare la scuola che , per quei tempi, era un sogno oltre la terza o la quinta elementare! Vincere un premio sul Risparmio di 2000 lire, era addirittura un salto in Paradiso! Brava Franci, hai fatto pensare al passato, quando la miseria era veramente nera, e non non come oggi, quando sento dire “: Non possiamo neanche andare a mangiare una pizza”!!!! mi sento salire una rabbia, pensando a quando , dopo la guerra, si desiderava una fettina di carne o anche di baccalà con polenta!

  16. francesca (franci) ha detto:

    Vedi Alba, a quei tempi (parlo di quando ero molto piccola), non c’erano alternative, o così o così. E se le rane mi avessero disturbato, come a te, restavo senza cena perchè da quelle parti dell’Italia, l’unica gratuità che la natura offriva, erano proprio le rane. Ti posso assicurare che da allora non ne ho più assaggiata una e mai ne mangerò ancora.

  17. alba morsilli ha detto:

    L’inizio del tuo racconto, sono sincera mi ha disturbato lo stomaco, io che di rane non conosco neppure lontanamente il sapore.
    Già sono brutte a vederle, poi metterle in bocca “Mamma le rane ”
    Il mio sicuramente è un pregiudizio di una persona che non ha mai assagiato le rane.
    Allora la povertà era la padrona di casa in qualsiasi regione, io non più voglia di raccontare la mia fanciulezza, che per tanti versi assomiglia alla tua.
    Essa bisogna viverla sulle spalle, anche se la racconti non interessa a nessuno,
    Il mondo è cambiato siamo in un’era tecnologica, priva di dialogo, tu vedi che la gente non parla ma digita.
    I nostri nipoti hanno il superfuo come possono capirci.
    forse ci servirebbe anche per noi la giornata della memoria

  18. Giulio Salvatori ha detto:

    Ecco ! Una palestra di vita, un educazione profonda, uguale ai ragazzi di Milano.C’è poca diferenza, avete visto? Una ragazza aveva un rolex al braccio.Scusate, a me piace divagare , uscire dal tema.Lasciamo perdere. Franci, quello che hai comunicato a tutti noi è semplicemente -CORAGGIO- Il coraggio di raccontare tasselli della tua vita .Spesso dico che non è facile spalancare il proprio passato, si corre il rischio di esere fraintesi, ma va bene così. Se conosci degli inegnanti, lo devi far circolare nelle scuole . Altrettanto facciamo un pò tutti noi di Eldy. E’ bene, è un modo per conoscerci :trasparenti come l’acqua di sorgente.Grazie.

  19. franco muzzioli ha detto:

    Quel gracidar di rane ha accompagnato anche la mia fanciullezza fino agli otto anni nell’ottobre del 45 , ma ero dalla parte dei padroni. Non c’era poi tanta differenza tra me e i figli dei contadini , forse avevo pantaloncini e golfino nuovo , ma non me ne rendevo conto, forse loro erano scalzi ed io, scalognatissimo ,dovevo tenere calze e scarpe, ma si andava quando veniva sera, tra i canali e le canne a prender le rane che si infilzavano in un fil di ferro ricurvo. Si mangiavano fritte col pane bianco e il labrusco che per noi bambini era solo un fondo di bicchiere con tanta acqua. Mille anni fa!

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